America
L’agenda politica di Biden: fra Roosevelt e Johnson
“Nessuno ha eletto Biden per essere FDR” ha tuonato Kevin McCarthy, leader della minoranza alla Camera, mentre cercava di dissuadere l’approvazione del disegno di legge Build Back Better (BBB), la proposta democratica sulle infrastrutture “soffici”. La parlamentare Alexandria Ocasio-Cortez, democratica di New York, ha interrotto il lungo discorso di McCarthy dicendo che lei aveva votato per Biden di agire da FDR (Franklin Delano Roosevelt). Va ricordato che il 32esimo presidente statunitense (1933-1945) è facilmente associato con le leggi trasformative del New Deal per promuovere la ripresa economica, incluso la creazione del Social Security.
Durante l’amministrazione di Roosevelt i repubblicani cercarono con poco successo di mettergli i bastoni fra le ruote e ovviamente i repubblicani di adesso stanno cercando di fare la stessa cosa con Biden. L’avvicinamento fra questi due presidenti però non è casuale anche se l’attuale inquilino della Casa Bianca è stato eletto come centrista ma dopo l’elezione si sta rivelando notevole promotore di leggi importanti che fanno eco a quelle di FDR. L’agenda politica di Biden fa anche eco alle importanti leggi approvate durante l’amministrazione di Lyndon B. Johnson negli anni 60 che includono il Civil Right Act e la creazione del Medicare, il sistema sanitario per gli anziani.
Il BBB è stato approvato alla Camera con voti di soli democratici e adesso andrà al Senato dove con ogni probabilità sarà anche promosso solo dalla maggioranza risicata dei democratici (50 a 50). Si prevedono però delle leggere modifiche richieste da due senatori democratici, Kyrsten Sinema (Arizona) e Joe Manchin (West Virginia). Quando si aggiungono le spese del BBB a quelle dello stimolo anti-Covid e il piano bipartisan sulle infrastrutture tradizionali si arriva a cifre di investimenti che non si vedono dai tempi di Roosevelt. Si tratta di investimenti che daranno frutti in grande misura in futuro anche se secondo alcuni calcoli un terzo avrà effetti quasi immediati. Allo stesso tempo si ridurranno, anche se lievemente, le disuguaglianze economiche createsi negli ultimi decenni fra classi abbienti e quelle meno facoltose.
Il noto giornalista George Will, vincitore del Premio Pulitzer nel 1977, scrivendo nel Washington Post, suggerisce a Biden di temperare i suoi sforzi per imitare Roosevelt. Will sottolinea con ragione la situazione politica degli anni 30 e anche quella degli anni 60 quando i presidenti democratici avevano solide maggioranze alla Camera e al Senato. Nel caso di Biden si tratta di maggioranze risicate nelle due camere legislative. Inoltre Will nota che l’elezione di Biden nel 2020 non consiste nemmeno di una vittoria schiacciante. Fa notare che Biden ha sconfitto Trump per una differenza di 125 mila voti spalmati fra Georgia, Wisconsin, Arizona e Pennsylvania che gli hanno fatto vincere l’Electoral College. Will non vede dunque un mandato per un programma ambizioso, dimenticando però il voto popolare nel quale Biden ha surclassato Trump con un margine di 7 milioni di consensi.
L’ambizione dei programmi di Biden non è innata poiché la sua storia indica un politico centrista. D’altra parte però l’attuale inquilino della Casa Bianca ha capito che bisogna agire e in fretta poiché le elezioni di midterm gli potrebbero fare perdere la maggioranza in una o ambedue le Camere. Quindi è necessario battere quando il ferro è caldo. Sa anche che a 79 anni le sue chance di entrare nella storia come presidente trasformativo sono limitate dal tempo anche se ha dichiarato che intende ricandidarsi nel 2024.
Biden sa anche che dopo i quattro anni disastrosi di Trump con le sue sparate quotidiane su Twitter, il caos alla Casa Bianca con andirivieni di collaboratori, e i dubbi creati dall’ex presidente in politica estera, deve agire con tempestività per dare un assetto raddrizzante al ruolo americano in politica mondiale. Alla sua fretta di agire si devono anche considerare i più recenti sondaggi che gli danno solo il 43 percento di gradimento. Dunque la sua agenda politica consiste anche di un investimento che potrebbe dare frutti elettorali al suo partito tenendo in mente anche il fatto che la maggioranza degli americani la approva.
Alcune luci della sua agenda politica si stanno già vedendo. Più di 5,8 milioni di posti di lavoro sono stati creati nel 2021 e la disoccupazione è scesa al 4,6 percento. Inoltre gli analisti prevedono un boom economico nel 2022 in buona parte a causa degli investimenti delle leggi approvate dai democratici con una disoccupazione che dovrebbe continuare a scendere al 3 percento. Lo spettro dell’inflazione però incombe anche se la conferma di Jerome Powell a direttore della Federal Reserve Board dovrebbe rivelarsi rassicurante.
David Brooks, editorialista conservatore del New York Times, ha recentemente espresso un giudizio positivo sull’agenda politica messa in atto da Biden. Brooks riconosce però che spesso il credito al presidente viene conferito a lungo andare. Un presidente come Biden con un’agenda politica ambiziosa viene spesso ingiustamente “punito” dagli elettori alle elezioni di midterm. Brooks prevede però un giudizio positivo sull’operato di Biden in futuro per avere ridotto le disuguaglianze, ampliato le opportunità per le classi lavoratrici e per avere fatto sforzi verso l’unità nazionale mediante il progresso economico. Si tratta di sforzi inerenti alla filosofia del Partito Democratico, ossia di leggi per il bene del popolo che dopo tanti anni verranno accettate da tutti incluso i repubblicani com’è avvenuto con il Social Security e il Medicare.
=============
Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.
Devi fare login per commentare
Accedi