America
Kaine contro Pence: scontro totale
Botte da orbi. Il dibattito televisivo tra i candidati alla vicepresidenza degli Stati Uniti si è mostrato particolarmente sanguigno e cattivo. Mike Pence (repubblicano) e Tim Kaine (democratico) si sono confrontati serratamente nella cornice della Longwood University (in Virginia), ciascuno difendendo il proprio leader dagli attacchi dell’avversario.
Governatore dell’Indiana e parzialmente sconosciuto al grande pubblico, Mike Pence è vicino agli ambienti del conservatorismo repubblicano: destrorso sui temi etici, è un fautore dei trattati internazionali di libero scambio. Senatore della Virginia, Tim Kaine è un democratico centrista: liberal sulle questioni eticamente sensibili, sostiene i trattati commerciali internazionali e non disdegna prospettive interventiste in politica estera. Si tratta di due profili ideologici non radicalmente opposti. Due figure che stasera tuttavia non se la sono mandata a dire.
Il dibattito è cominciato in sordina, con belle parole da parte di entrambi i rivali e con uno scambio di gentilezze non si sa fino a che punto sincero. Ma l’atmosfera pacifica è durata poco e il vice di Hillary Clinton è partito improvvisamente all’attacco. Dopo aver ricordato l’impegno della propria leader a favore degli altri, Kaine ha affermato che Trump abbia messo invece al primo posto sé stesso e che abbia iniziato la sua campagna elettorale insultando i messicani. Pence non ha perso tempo: ha ribattuto attaccando la politica estera di Obama e Hillary Clinton come fallimentare soprattutto in Siria e Ucraina, suscitando la viva reazione di Kaine che ha ricordato polemicamente le parole di elogio pronunciate in passato dal miliardario newyorchese in favore di Vladimir Putin. “Devo aver toccato un nervo scoperto”, ha controbattuto sornione Pence.
Il dibattito è proseguito con serrati botta e risposta tra i due, intenti a difendere i propri leader dalle accuse di incapacità e inesperienza. Pence ha puntato tutto sul collegare il più possibile Hillary a Obama, in particolare nei temi degli esteri e della politica fiscale, asserendo che – proprio come l’attuale presidente – l’ex first lady vorrebbe aumentare le tasse, affossando l’economia. Kaine ha replicato che – grazie all’azione di Hillary come segretario di Stato – il mondo è oggi un posto più sicuro. Interessante poi il battibecco sull’immigrazione clandestina. Il democratico ha accusato il magnate di voler attuare delle deportazioni di massa, suscitando la reazione di Pence che ha definito la cosa come “insensata”, per quanto non abbia poi specificato quale voglia concretamente essere la strategia repubblicana sugli immigrati irregolari.
Non sono poi mancati gli attacchi personali. Il senatore democratico ha picchiato duro sul magnate newyorchese, ricordando il recente scoop del New York Times, secondo cui, grazie a un escamotage, Trump sarebbe riuscito ad evitare di pagare le tasse federali per diciotto anni. “Sei l’apprendista di Trump”, ha detto sarcastico il senatore democratico all’avversario (citando il programma televisivo “The Apprentice” di cui il magnate è stato protagonista in passato). Pence ha ribattuto tirando in ballo l’opacità dei finanziamenti alla Clinton Foundation, che avrebbe ricevuto donazioni da paesi stranieri proprio nel periodo in cui Hillary serviva come segretario di Stato (dal 2009 al 2013). Pence ha poi sostenuto che Trump non avrebbe mai offeso nessuno, accusando al contrario l’ex first lady di condurre una campagna elettorale all’insegna della denigrazione altrui.
Più in generale, Pence ha cercato di parlare alla pancia profonda dell’elettorato conservatore, puntando molto sulla defiscalizzazione e sulla critica alla riforma sanitaria di Obama, tacciata di essere un esempio di statalismo invasivo. Per tutta risposta, Kaine ha rispolverato tematiche care all’universo democratico più vicino alla sinistra, come la giustizia sociale e la necessità di programmi razionali e sostenibili (a partire dal fisco).
Il dibattito è stato piuttosto agitato, duro. Come avevano previsto diversi analisti, Pence aveva un obiettivo preciso: difendere Trump dai possibili attacchi che gli sarebbero piovuti addosso dal rivale, cercando di ribaltare la situazione a proprio favore, soprattutto dopo il dibattito presidenziale del 26 settembre (quando il miliardario non ha mostrato una performance eccessivamente brillante). In parte Pence è riuscito nel suo intento ma Kaine non ha mollato e ha comunque continuato ad incalzarlo per tutta la durata del confronto, interrompendolo spesso e cercando a più riprese di infilare il dito nella piaga.
In generale, il governatore repubblicano dell’Indiana è apparso più calmo (nonostante talvolta in difficoltà), laddove Kaine ha mostrato qualche segno di nervosismo di troppo. Più che sulle questioni politiche, il confronto si è risolto in uno scontro incrociato tra i due: uno scontro che non è chiaro quanti voti possa effettivamente spostare in vista delle elezioni novembrine. Anche perché, come nota il New York Times, entrambi gli sfidanti sono sconosciuti al grande pubblico e mai come in questa campagna elettorale saranno i candidati principali a determinare gli esiti delle elezioni presidenziali.
Appena terminato il dibattito, il giudizio della testata Politico è abbastanza netto: Pence sarebbe grosso modo riuscito a restare a galla, mentre gli attacchi sferrati da Kaine avrebbero presentato un’efficacia limitata. Il governatore repubblicano sarebbe quindi quantomeno riuscito a limitare i danni. Basterà questo ad aiutare Trump?
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