America

Io, mio zio e una vita d’artista sprecata

11 Agosto 2021

Un cavaliere traballante ed allampanato cavalca verso il Messico. Deve scappare dal Texas, dove ha ammazzato due cowboys ed è stato ferito mortalmente suo zio. Ora ha i soldi, ma la sua vita è bruciata: la malinconica ballata metaforica con cui uno dei grandi del country-rock americano si è congedato dal mondo.

Il mondo di John Phillips è sempre stato a cavallo tra delinquenza e vita normale. Suo padre, militare in Francia durante la Seconda Guerra Mondiale, aveva vinto un’osteria a carte con un commilitone, per cui la famiglia, quando John aveva 10 anni, si era trasferita in Oklahoma – terra di contadini e di lunghe distese senza città. Il padre beveva troppo, e ne ha combinate di tutti i colori, per poi morire di cirrosi, non senza aver rivelato a John che mamma Edna, quell’allegrona, lo aveva avuto da un ebreo nel 1935, mentre la famiglia Philips era nata soltanto in procinto di trasferirsi in Oklahoma.

Da sinistra: John Phillips, Michelle Phillips, Mama Cass Elliott e Donny Doherty: The Mamas & The Papas

John ha sempre detto di non ricordare nulla del vero padre – un insegnante ebreo da cui lui, secondo mamma Edna, aveva preso il gusto di suonare chitarra, banjo e mandolino. Nato nel 1935, appartiene alla generazione di Elvis e, quando sbarca con le sue canzoni a Los Angeles, è il più vecchio di tutti, ed ha sulle spalle già molta esperienza come musicista di spalla e persino come jazzista, dato che ha servito tre anni nell’esercito e lì i suoi compagni di bevuta suonavano quella musica là.

Nel 1963 incontra tutti i ragazzini adolescenti che poi saranno le grandi stelle degli anni a venire, e suona con Judy Collins, Stephen Stills e Scott McKenzie, con un minimo di successo regionale. È già un padre di famiglia, avendo sposato una donna ricchissima nel 1957, con cui ha avuto due figli e poi è scappato, portando con sé la piccola Laura McKenzie Phillips. Il motivo si saprà dopo la morte di John: attaccato morbosamente alla figlia, nella pubertà l’aveva introdotta alla cocaina. I due si facevano insieme, ed a volte finivano anche a letto insieme, tanto che McKenzie, in quel momento giovine sposa incinta, abortì non sapendo chi dei due fosse il padre.

McKenzie e John Phillips, ai tempi dell’incesto

John nel frattempo era già altrimenti occupato. Autore di ottime canzoni, non ha voglia che vengano cantate da altri, e quindi mette insieme un quartetto, i Mama & Papas, scegliendo una cantante straordinaria, Mama Cass Elliott, ed una ragazza che lo faceva impazzire e nemmeno sapeva cantare, Michelle, che poi lo pianterà per il quarto componente del gruppo, il musicista ed attore canadese Donny Doherty – cosa che ha portato John alla pazzia.

Da allora in poi sono anni di successo, di galera (per droga, per furto, per molestie), di tossicodipendenza, e di canzoni che non arrivano più al pubblico. Quella da lui più amata si chiama “Me and my uncle”, e racconta della cavalcata di John e di suo zio attraverso l’America, dal Colorado al Texas, trascorsa bevendo e barando alle carte, finché si ritrovano a santa Fe e li beccano sul fatto. John canta: “Lo accusavano di barare, e no, questo non era possibile. Conosco bene mio zio, è onesto almeno quanto me, ed io sono onesto quanto lo può essere un uomo per bene di Denver”. Dopo una sparatoria, lo zio acciuffa i soldi sul tavolo ed i due scappano verso il Messico, ma lo zio muore, e John abbandona “il suo vecchio culo al lato della strada”.

Grateful Dead all’inizio degli anni 60

Un brano sarcastico sulla cosiddetta cultura degli Stati centrali dell’America, quelli in cui i cowboys sono ancora tali, e che John non ha mai portato al successo. L’hanno fatto altri: Judy Collins, Joni Mitchell, ma soprattutto Jerry Garcia, lo straordinario chitarrista con l’indice mozzo che guidava la più grande ed indimenticabile band di country-rock della storia: i Grateful Dead. Una band che ha passato quasi 25 anni in tour, senza fermarsi quasi mai, se non per registrare le canzoni nuove, e che organizzava torpedoni per i fan, che compravano il biglietto non per un concerto, ma per un intero giro d’America, e tutte le sere, al bivacco, strafatti di mescalina, insieme alla band cercavano quello che chiamavano l’X Factor – ovvero l’attimo di perfezione tra musica e anima. Un concetto purtroppo trasformato, oggi, in un deprimente talent show internazionale.

Ma allora, tra il 1969 e la metà degli anni 80, “Me and my uncle” era l’inno selvaggio di una band di hippie scapestrati e senza patria, che cavalcavano barando al poker con la vita, di sera in sera, e ricordavano così quel John Phillips che poi, alla fine, muore da solo di droga e di cirrosi, a 66 anni, vituperato dalla figlia e da tutti coloro che lo conoscevano personalmente.

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