America
Il Senato ai Repubblicani. La difficile corsa alla Casa Bianca di Kamala Harris
Breve riassunto delle puntate precedenti. Cominciando, dalla corsa per il controllo del Senato.
Inutile sottolineare l’importanza per qualsiasi Presidente di poter contare sul suo controllo.
Da quei 100 Senatori passano tutte le decisioni rilevanti, che caratterizzano un mandato presidenziale: dalle nomine ai trattati internazionali, dagli stanziamenti di bilancio alle leggi indispensabili per attuare il proprio programma.
E, non c’è alcun dubbio, secondo me che il Senato tornerà sotto il controllo Repubblicano.
Al momento la previsione decisamente più attendibile è quella che avevo dettagliato da ultimo qui: DEM 49 – GOP 51, con il GOP che conquisterà sicuramente i due seggi del Montana e della West Virginia.
Guardando i sondaggi delle ultime settimane, in verità, quella appare addirittura essere una previsione che rappresenterebbe per i DEM un risultato finale “desiderabile”.
Ci sono almeno quattro altre sfide senatoriali per le quali la vittoria dei candidati DEM è tutt’altro che sicura. Tre di questi quattro Stati sono anche decisivi per il risultato finale delle elezioni presidenziali: Michigan, Wisconsin e Pennsylvania.
Il quarto seggio “a rischio riconferma” per i DEM è l’Ohio.
Cominciamo da questo.
È lo Stato del candidato vicepresidente GOP J.D. Vance e tutti i sondaggi sulle elezioni presidenziali sono decisamente convergenti nell’assegnare i suoi 17 Grandi Elettori a Donald Trump, con un margine piuttosto confortante stimabile nell’8%, confermando, quindi, la vittoria ottenuta sia nel 2016 che nel 2020.
Il quarto mandato senatoriale per il candidato DEM Sen. Sherrod Brown (2006) è, ancora, tutt’altro che sicuro. I sondaggi di settembre gli assegnano si un vantaggio, ma mediamente solo nell’ordine del 3%. Sfida ancora aperta, quindi.
Il candidato GOP (voluto da Trump contro settori importanti del GOP dello Stato, guidati dall’altro senatore dell’Ohio, Sen. Rob Portman, anche lui un veterano essendo a Capitol Hill dal 2010) Bernie Moreno – originario di Bogotà e imprenditore tanto di successo quanto discusso per le sue politiche nei confronti dei lavoratori – gioca anzitutto la carta dell’outsider, dell’imprenditore contro il politico di professione che sicuramente attrae consensi, soprattutto tra i ceti più popolari. I temi del contrasto all’immigrazione sono sicuramente meno sentiti in Ohio che negli stati del sud, ma altrettanto efficaci, così come le sue posizioni di duro contrasto all’aborto e di sostegno all’estrazione di energie fossili.
Sulle corse senatoriali di Michigan, Wisconsin e Pennsylvania la situazione è ancora più complessa, anche vista la stretta interrelazione degli esiti di queste sfide con gli esiti della campagna presidenziale.
In tutti e tre gli Stati i sondaggi vedono al momento in leggero vantaggio il candidato DEM. Ne parlerò più diffusamente in un prossimo articolo.
Paradossalmente, il margine di vantaggio più confortante (superiore al 3%) è attribuito alla candidata DEM del Michigan Rep. Elissa Stolkin, che si candida per sostituire la Sen. Debbie Stabenow che si è ritirata dopo ben 24 anni in Senato.
Più risicato il vantaggio attribuito dai sondaggi ai due “incumbent” che si ricandidano per un nuovo mandato in Wisconsin (Sen. Tammy Baldwin, al Senato dal 2012) e Pennsylvania (Sen Bob Casey Jr, al Senato dal 2006).
Entrambi i “veterani” guidano i sondaggi con margini attorno al 2%.
La sensazione è che l’esito finale in questi due Stati sarà il medesimo che sarà registrato nell’elezione presidenziale.
Sul fronte GOP, invece, tutto sembra scontato: riconferma di tutti i 12 seggi detenuti e “conquista” di Montana e West Virginia.
L’unica “preoccupazione” per il GOP potrebbe venire dalla Florida.
Le ultime settimane hanno, infatti, fatto segnare un deciso recupero nei sondaggi della candidata DEM Debbie Mucarsel Powel nei confronti dell’incumbent GOP, Sen Rick Scott (2018) che sembrava sicuro fino a poche settimane fa di ottenere il suo secondo mandato.
I sondaggi continuano ad attribuirgli un certo vantaggio (stimabile nel 4%), ma il suo margine è significativamente al di sotto di quello attribuito a Donald Trump (in Florida 8superiore al 6%).
Originaria dell’Ecuador, Debbie Mucarsel Powel è emigrata negli USA a 14 anni con la madre e altre tre sorelle, dopo il divorzio dei suoi genitori. Vita da immigrata povera, in un monolocale, con l’obbligo di lavorare da subito per contribuire alla vita familiare.
Successivamente ha lavorato per organizzazioni no profit e dopo essersi impegnata come volontaria nelle campagne di John Kerry e di Barack Obama, si era già candidata senza successo per il Senato della Florida nel 2016, prima di vincere un seggio alla Camera nel 2018 e venire sconfitta nel 2020.
Contro un conservatore ultrasettantenne come Sen. Rick Scott, Debbie Mucarsel Powel (53 anni) ha proposto una campagna incentrata su poche e precise parole d’ordine che hanno il pregio di risultare estremamente coerenti con la sua storia personale.
Lontana dalle suggestioni “politicamente corrette” della sinistra californiana e newyorkese DEM, Debbie Mucarsel Powel parla di famiglie lavoratrici e giovani che devono lottare per arrivare a fine mese o permettersi l’università, di ridurre i costi delle case, sostenere le famiglie con figli. Se l’alta inflazione è uno dei cavalli di battaglia GOP contro le politiche del 46mo Presidente Joe Biden, lei risponde con una battaglia contro le grandi catene di supermercati che fanno aumentare i prezzi. Vuole promuovere l’acquisto di prodotti americani contro le importazioni cinesi e per farlo vuole sostenere start up, portare in Florida la filiera dei pannelli solari, creare posti di lavoro e nel contempo migliorare la legislazione a sostegno dei sindacati.
Anche la battaglia a favore dell’aborto assume caratteristiche particolari nelle sue proposte: il centro, infatti, più che i “diritti civili” è l’idea di sostenere sempre e comunque il diritto dei cittadini della Florida a vivere la propria vita e decidere senza interferenze governative. Si parli di aborto o di assistenza sanitaria o di benefici pensionistici, il punto che lei rimarca è sempre quello: il governo non ha il diritto di interferire nelle decisioni personali in materia di assistenza e di vita dei cittadini della Florida.
Posizioni molto credibili per i ceti popolari e medi di uno stato con forti diseguaglianze sociali come la Florida e soprattutto per la vastissima comunità di ispanici che lo abitano. Che non fanno fatica a credere che da Senatore Debbie sarà davvero una garanzia a difesa dei diritti in materia di sanità o pensioni proprio perché sanno che sono i diritti che non vuole vedere tolti a sua madre che ha lavorato per conquistarseli e oggi vive ancora con lei.
Non è né Kamala Harris né Alexandra Ocasio Cortes, insomma.
Ma se c’è un seggio senatoriale che i DEM possono ancora provare a conquistare lo debbono solo a lei.
E ora veniamo alla corsa alla Casa Bianca.
Ci eravamo lasciati registrando che New Hampshire e Virginia sembravano due Stati sempre più chiaramente orientati a favore di Kamala Harris.
I sondaggi delle ultime settimane di settembre hanno rafforzato questa tendenza che fissa il conteggio dei Grandi Elettori a Harris 226 – Trump 219.
93 Grandi Elettori da assegnare tra Arizona (11), Georgia (16), Michigan (15), Nevada (6), North Carolina (16), Pennsylvania (19) e Wisconsin (10)
Per arrivare alla Casa Bianca a Kamala Harris ne mancano 44 a Donald Trump 51.
In North Carolina (16) si vota anche per il Governatore dello Stato. Il candidato DEM, l’ex Procuratore Generale dello Stato Josh Stein, è saldamente avanti (+16%) nei sondaggi. Sta conducendo una campagna incentrata sul valore dell’istruzione pubblica, sulla proposta di programmi per lo sviluppo economico e, soprattutto, sui risultati ottenuti come procuratore generale, in materia di sicurezza, scuola, famiglia, lotta alle droghe e libertà personali.
Il punto è che il North Carolina è piuttosto strano nel suo voto: dal 1992 ad oggi, i DEM hanno vinto 7 elezioni per il Governatore e il GOP 7 elezioni presidenziali.
Nei ben 14 sondaggi realizzati da istituti diversi dal 20 settembre in poi Kamala Harris è data in vantaggio di stretta misura solo in 2. Trump è ancora favorito nella vittoria per il Collegio Elettorale e a rafforzare ulteriormente l’alta probabilità di questa conclusione è la netta distanza tra i risultati attesi per Kamala Harris e quelli del candidato Governatore DEM Josh Stein, soprattutto se si tiene conto del fatto che – sia nel 2016 che nel 2020 – tutti i sondaggi hanno sempre sottostimato gli effettivi risultati elettorali di Donald Trump.
Una situazione abbastanza simile la si riscontra in Arizona (11).
Qui il candidato DEM al seggio senatoriale (che fu di Sen. Krysteen Sinema, DEM e poi indipendente e non ricandidata) Ruben Gallego è dato in netto vantaggio (almeno 8%) nei confronti dell’estemporanea candidata GOP, la “bizzarra” e poco credibile ex conduttrice televisiva Karl Lake.
Le sue accuse ai DEM di essere un partito “socialista e corrotto” non funzionano contro un veterano dei marines che parla soprattutto di scuola, borse di studio e della necessità di restituire al Paese con il proprio servizio tutte le opportunità ricevute dal Paese.
Ma qui il tema centrale è quello dei “confini sicuri”, della battaglia contro l’immigrazione clandestina, della costruzione del muro ai confini dello Stato.
E così negli 11 sondaggi realizzati da istituti diversi dal 20 settembre in poi Kamala Harris è data in vantaggio di stretta misura solo in 2 mentre Donald Trump è dato favorito nella vittoria per il Collegio in tutti gli altri con una media tra l’1% e il 2% di vantaggio (e punte del 5%).
Il terzo stato del Sud in cui l’esito del voto è ancora incerto è la Georgia (16).
Qui non si vota ne per il Senato ne per il Governatore.
La situazione dei sondaggi è la medesima: nei 12 sondaggi realizzati da istituti diversi dal 20 settembre in poi Kamala Harris è data in vantaggio di stretta misura solo in 1 mentre Donald Trump è dato favorito nella vittoria per il Collegio in tutti gli altri con una media tra l’1% e il 2% di vantaggio (e punte del 4%).
Nel 2020, il 46mo Presidente Joe Biden si assicurò il Collegio Elettorale di soli 12mila voti (su quasi 5 milioni espressi).
Assicurarsi la vittoria in questi tre Stati rappresenterebbe per Donald Trump una grossa ipoteca sulla Casa Bianca: con gli esiti che i sondaggi illustrati sembrerebbero annunciare, infatti, il conteggio del Collegio Elettorale sarebbe, Harris 226 – Trump 262.
A Donald Trump basterebbe cioè vincere anche solo uno Stato tra Michigan (15), Pennsylvania (19) e Wisconsin (10), anche lasciando il Nevada (6) alla candidata DEM.
In effetti in quest’ultimo Stato Kamala Harris è data avanti anche se di un margine decisamente inferiore rispetto a quello, piuttosto netto (stimato nell’8%), con cui la Sen Jacky Rosen si avvia a conquistare il secondo mandato presidenziale.
Quali conclusioni da questo aggiornamento nelle analisi e nelle previsioni elettorali?
La prima l’ho anticipata in apertura: il Senato sarà a controllo GOP. 51-49? Una maggioranza ancora superiore? Lo vedremo nelle prossime settimane, ma niente che possa far cambiare l’esito annunciato tranne le speranze per la bella campagna di Debbie Mucarsel Powel inn Florida.
La seconda è numerica: Kamala Harris deve ribaltare gli esiti annunciati in almeno uno dei due Stati del Sud in cui al momento è in ritardo oppure in North Carolina. Per farlo deve cominciare a scegliere su quale dei due obiettivi puntare. I temi e le proposte che funzionano per gli elettorati dei due Stati del Sud non sono gli stessi che possono aiutarla a recuperare voti in North Carolina. In un caso serve soprattutto mostrarsi fortemente credibile sui temi della lotta all’immigrazione, nell’altro in materia di economia e lotta all’inflazione.
Una costante: per riuscire in entrambe le cose è indispensabile prendere le distanze dalle politiche del 46mo Presidente Joe Biden e cioè da se stessa.
La terza è politica: la strada verso la Casa Bianca per Kamala Harris richiede un netto e deciso cambio del suo orientamento politico rispetto al passato. Non può vincere simultaneamente in Michigan (15), Pennsylvania (19) e Wisconsin (10) senza abbandonare le sue posizioni in materia di transizione ecologica: sostenere il passaggio alle auto elettriche e contrastare l’estrazione di energie fossili (prima di tutto il fracking) non le farà acquisire i voti che le servono e porterà i ceti popolari, soprattutto bianchi, sempre di più verso Donald Trump. Lo stesso vale se vuole risultare credibile nei confronti di quelle minoranze (soprattutto gli ispanici) che ancora non gradiscono il suo impegno passato nel “Black Lives Matters”.
Avere una montagna di dollari da spendere in pubblicità e iniziative elettorali non è detto che sia sufficiente.
Devi fare login per commentare
Accedi