America
Il sacco di Washington – dopo i visigoti di Alarico, arrivano i barbari di Trump
Ancora è troppo presto per dire chi e cosa c’è dietro la gravissima irruzione degli estremisti di destra trumpiani al Campidoglio. La domanda che tutti si pongono, naturalmente, è il grado di coinvolgimento dell’ex presidente Trump: è soltanto il mandante morale di questo patetico colpo di stato per ora abortito (a parlare di tentativo di golpe è stato pure Adam Kinzinger, deputato repubblicano dell’Illinois), o personaggi collegati al suo inner circle hanno preso parte alla congiura, un vero e proprio “attacco alla democrazia” come è stato correttamente definito?
Chi semina vento raccoglie tempesta. In questi anni il populista Trump, con la sua retorica manipolatrice e tossica, e soprattutto con le sue azioni, ha seminato tempesta, e ora gli Stati Uniti stanno ahimè raccogliendo uragano. La furia del populismo di estrema destra, sbraitante e armato, nutrito dalle fake news e dalla controinformazione di certi media, si abbatte su una democrazia indebolita, che ha visto il suo processo elettorale chiave delegittimato (agli occhi di milioni di elettori ingenui e ignoranti) proprio da colui che ne sarebbe dovuto essere il supremo custode.
Dopo la sua sonora sconfitta alle presidenziali di novembre (che la recentissima vittoria dei democratici in Georgia ha reso bruciante per tutto il GOP, compresi politici accecati dal trumpismo come il controverso Ted Cruz) Trump ha continuato a fomentare l’estrema destra, a incitare all’eversione. E alla fine il desiderio di questo demagogo egocentrico di ribaltare il tavolo, e stroncare sul nascere una presidenza democratica corroborata da un Congresso blu, è stato esaudito, da una masnada di invasati armati e ululanti, un gruppo di energumeni che da lontano possono ricordare solo degli hooligans ubriachi, ma che in realtà sono dei barbari. Barbari che infliggono alla capitale politica – non culturale, o spirituale – dell’Occidente una ferita profonda e gravissima.
Perché questo sono, quegli uomini. Barbari. E il gesto che hanno compiuto, di per sé, ha una terribile, immensa valenza simbolica. Come i visigoti di re Alarico, nel 410, saccheggiarono Roma, turbando contemporanei di genio come Sant’Agostino e sconvolgendo molti comuni mortali, così i barbari di estrema destra che entrano con la forza al Campidoglio, lo profanano con il sangue e la violenza, e si danno al saccheggio (terrificante l’immagine dell’energumeno che si porta via il leggio con l’aquila calva e saluta con ghigno da idiota) traumatizzano centinaia di milioni di donne e uomini che in tutto il mondo – nelle Americhe, in Europa, in Africa, in Asia – credono che la democrazia e i suoi riti siano uno dei supremi pilastri della civile convivenza.
E così come il sacco di Roma fu un invito a nozze per altri barbari (nel 455 Roma veniva di nuovo saccheggiata, dai vandali; e nel 476, come è noto, veniva deposto Romolo Augustolo da Odoacre re di una congerie di eruli, gepidi eccetera, e finiva il cosiddetto “Impero romano d’Occidente”), così il sacco di Washington fa esultare coloro che, in molti paesi emergenti, sognano un Occidente in rovina, schiacciato dalla sua arroganza e dal fardello di gravissime colpe accumulate nei secoli.
Soprattutto, il sacco di Washington fa gioire i leader delle grandi potenze autoritarie che non aspettano altro per infliggere ai loro oppositori democratici il colpo più micidiale: il definitivo screditamento di quella stessa democrazia, di quegli stessi processi elettorali per cui centinaia di migliaia di donne e uomini si battono ogni giorno, a rischio della vita, dal Golfo del Messico al Golfo Persico, dal Mar Nero al Mar Cinese Meridionale. Diranno: Vedete? La democrazia occidentale è un imbroglio, anche il popolo insorge! Vedete? In Occidente i luoghi del potere sono indifesi e vulnerabili.
Una volta ho avuto l’onore di intervistare Shirin Ebadi, Nobel per la pace iraniana, per una testata svizzera; Ebadi mi disse che noi occidentali eravamo fortunati, che avevamo le cose più preziose: democrazia, pace e libertà. In ampie aree del mondo, dalla Cina alla Russia al Venezuela e all’Arabia Saudita, la democrazia occidentale gode di una fama sempre peggiore: è corrotta, funziona male, non regge alla pandemia. Il sacco di Washington rischia di essere la pietra tombale per quello che rimane, nonostante i suoi innumerevoli difetti, il miglior sistema politico oggi su piazza.
Si dirà: da molto tempo l’America non è una democrazia. Chi conosce la storia sa bene che l’America non è mai stata la città sulla collina, la Gerusalemme delle libertà che la propaganda e la retorica hanno raccontato. La storia dell’America è la storia di una superpotenza, e come tale è lastricata di dolore, sofferenza, sfruttamento: dai nativi americani spazzati via, ai civili in Medio Oriente uccisi per errore dai droni. Tuttavia l’America è comunque una democrazia, una democrazia molto difettosa, disfunzionale, contradditoria e problematica come lo sono gran parte delle democrazie di questo mondo. Ma chi spera che Washington rovini nella polvere, e che il Campidoglio e i suoi politicanti affoghino nel Potomac, non ha idea di cosa succederebbe dopo. Solo pianto e stridor di denti.
Un pagliaccio rischia di trascinarci alla rovina. È già successo in passato, e lo aveva vaticinato un film come “Il cavaliere oscuro”, dove un demagogo buffonesco e manipolatorio come il Joker cerca di trascinare nel caos l’intera città di Gotham City. Gli esseri umani incontrano spesso molte difficoltà a leggere i segni dei tempi: se l’11 settembre 2001 poteva essere visto come il 31 dicembre 406, quando vandali, svevi, alani e unni attraversarono il Reno forse gelato, dimostrando che davvero l’Impero era debole e sguarnito, il 6 gennaio 2021 rischia di essere la campana a morto di un esperimento politico che ha le sue radici nella Magna Charta del 1215, e ancora prima nel diritto romano, che proclama la supremazia della legge e della procedura.
L’imbrunire della democrazia americana è appena iniziato, e non sappiamo se non accadranno altri fatti, altri colpi di mano, tali da portare in piazza gli elettori democratici (giustamente indignati e infuriati), scatenare le orde trumpiane, e magari far accadere nuove violenze, nuovo sangue, e magari giustificare chissà quali azioni da parte di Trump.
Un giorno – presto, si spera – capiremo il perché e il come del 6 gennaio 2021, e perché dei balordi ringhiati siano potuti entrare, armati, al Campidoglio, e se sia in corso un atto di clamorosa sedizione, una cospirazione tale da far sembrare Aaron Burr un povero dilettante. Per ora dobbiamo solo sperare, e chi ha fede pregare.
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