America
Il pragmatico Biden vs il rivoluzionario Sanders. L’ultimo dibattito
A Washington D.C. è andato in onda l’ultimo dibattito tra i candidati democratici alla presidenza degli Stati Uniti. Un dibattito reso surreale dalla pandemia in corso, per cui si è svolto senza pubblico, ma importantissimo perché per la prima volta i due candidati hanno discusso in merito alle proprie visioni del mondo, spesso agli antipodi.
Le differenze si sono notate sin dalla prima domanda, legata al Coronavirus. Joe Biden ha risposto con la scioltezza di chi ha la soluzione pronta, ritenendo di essere in guerra contro un nemico invisibile. Nella sua ottica, è necessario utilizzare l’esercito per garantire la salvaguardia di tutti, massimizzando i tamponi e coinvolgendo gli organismi internazionali. Al contrario, Bernie Sanders si è soffermato sull’importanza di garantire a tutta la popolazione l’assistenza sanitaria grazie ad un sistema universale di stampo europeo. Inoltre, dal punto di vista economico, ha chiarito che non devono essere i lavoratori a pagare questa crisi.
Sanders ha spesso attaccato Biden per aver supportato leggi e teorie sbagliate, dai tagli al welfare alla guerra in Iraq, fino agli accordi commerciali. Il senatore del Vermont intende presentarsi come l’unico candidato credibile, visto che il suo avversario ha difeso in passato posizioni non compatibili con l’attuale sentire comune dei democratici. Ma, da una parte è lecito adattare i propri ideali allo spirito del tempo, dall’altra Biden può affermare di esser dovuto scendere a compromessi con la destra per limitarne i danni.
Si sono scontrati il pragmatismo di un soggetto politicamente moderato e il radicalismo di un socialista che vuole stravolgere il sistema, tanto che l’ex Vicepresidente ha affermato che i cittadini necessitano di risultati ora e non di lente rivoluzioni. Ma, osservando il dibattito, Sanders pare radicale nell’approccio ideologico, non nelle politiche. Quest’ultime sono semplicemente di buon senso se viste con occhi europei, mentre appaiono lontanissime agli occhi americani.
Alla fine degli anni ‘70 le proposte di Sanders non sarebbero state considerate rivoluzionarie. Al contrario, le idee repubblicane segnavano un radicale spostamento verso destra. I compromessi incarnati da politici come Biden hanno probabilmente avuto l’onore di mitigare gli effetti del neoliberismo, ma, nel lungo periodo, ne hanno legittimato il sistema di valori, contribuendo a far scivolare l’asse politico ancora più a destra.
Nell’elettorato si sono così formate le necessità interpretate dai due politici. Da una parte, i divari sociali e il welfare ridotto ai minimi termini fanno sperare in un cambio di paradigma. Al tempo stesso, si formano continuamente emergenze, da tamponare immediatamente con compromessi di ogni genere.
La scelta tra risultati e rivoluzione non sembra essere stata colta dai due contendenti. La storia politica di Biden è nota al suo elettorato, che non lo punirà per le incoerenze puntualizzate da Sanders. L’ex vicepresidente ha invece affermato che il vero avversario è Donald Trump e le politiche dei rivali democratici differiscono solo nei dettagli. Sanders è apparso stranito e ha ricordato che non sono solo dettagli a separarli.
Se la loro visione del mondo è completamente diversa, entrambi sono d’accordo che la priorità è evitare uno scivolamento ancora più a destra dell’asse politico. Joe Biden vincerà le primarie ma Bernie Sanders ha compiuto un piccolo capolavoro spostando il dibattito a sinistra. Lo stesso Biden è apparso particolarmente agguerrito contro l’attuale inquilino della Casa Bianca e vicino alla base democratica. L’ex senatore del Delaware è qualificato ulteriormente dall’immagine di attenzione verso le minoranze, le donne e gli immigrati, che ha acquisito durante l’intera campagna elettorale.
Da domenica sera gli elettorati dei due contendenti sono forse meno distanti di prima. Le idee di Sanders e l’abilità moderatrice di Biden potrebbero dare ai democratici qualche chance di riconquistare la Casa Bianca.
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