America

Il pantano venezuelano, dove i torti son di tutti e le ragioni spariscono

15 Maggio 2019

Seguendo le vicende venezuelane a fondo da prima dei tempi di Chávez e familiarizzato con la poca attenzione che si riserva di solito alle vicende latinoamericane, impressiona che questo caso porti la nostra opinione pubblica a dilaniarsi su di esse come se non ci fosse un domani: certezze d’un tipo si scontrano con certezze opposte, senza che appaia una sintesi e tantomeno un’ipotesi di soluzione. Cerchiamo di capire perchè.

Come premessa, ma vale anche per altre parti del mondo, va sempre ricordato che l’America latina non è l’Europa e le sue società non funzionano come le nostre: inutile sovrapporre criteri ad essa estranei o letture rigidamente ideologiche. Se si rispetta la sua realtà, ci si può capire qualcosa. A coloro che hanno certezze univoche in tasca questa lettura non può servire, perché il loro Venezuela se lo sono già creato. Ma mi dirigo a chi sente un senso di confusione al riguardo.

Il Venezuela pre-Chávez era un paese con ricchezza superiore a quella media latinoamericana, ma tremendamente squilibrato. La “Venezuela saudita” vedeva convivere ricchissimi e poverissimi, con distribuzione minima: un fenomeno latinoamericano, ma più acuto grazie al petrolio e ai suoi effetti in presenza di Stati poco organizzati. L’insufficienza del sistema politico e redistributivo e la delusione generata negli anni di corsi bassi portò all’implosione del sistema di partiti tradizionali e alla rivolta chavista, poi divenuta forza elettorale. Dal 1999, il chavismo ha tenuto il potere e portato avanti un’ideologizzazione progressiva non tanto comunista, ma bolivariano – castrista, impostata su un confronto serrato tra classi e fondato sul consenso degli esclusi dal regime tradizionale. Le classi medio – alte da subito negarono subito legittimità al consenso chavista, nonostante le indubbie vittorie elettorali: è un fenomeno molto latino, dove si considera che i “poveri” debbano contare meno dei ricchi e istruiti, e che ha le sue basi nel sistema coloniale, divenuto neo-coloniale con le indipendenze.

In vent’anni, Chávez ha vinto sempre legittimamente le sue elezioni, nonostante le accuse di frodi e il tentativo di golpe del 2002, perché ha sempre potuto contare sulla maggioranza dei votanti, ma in uno schema di rigido confronto tra classi. In questo, Chávez è stato sempre appoggiato dai militari, che hanno in mano un’economia sempre più statalizzata. L’abbandono del paese da parte delle classi medie e degli imprenditori ha creato un vuoto che si è tradotto in totale fallimento dell’economia, incapace di diversificare al di là del petrolio. Chávez poi usò gran parte del bonus petrolifero non per sviluppare il paese ma in una frenetica diplomazia petrolifera che aveva per scopo sostituire Cuba come pilota del socialismo latinoamericano del XXI secolo. La morte di Chávez e il deterioramento economico sempre più accentuato hanno moltiplicato l’esodo (quattro milioni di venezuelani hanno lasciato il paese negli ultimi anni) e l’elezione di Maduro ha sostituito un leader carismatico come Chávez con uno molto meno capace e molto più indottrinato.

Maduro ha accentuato i tratti “rivoluzionari”, esasperando il confronto e, pur avendo ancora vinto le elezioni a causa delle eterne divisioni nell’opposizione, il consenso del chavismo senza Chávez è sceso sempre più in basso. Nel 2015, le opposizioni hanno per la prima volta vinto delle elezioni (legislative) e come era già successo in occasione dell’unica altra vittoria elettorale dell’opposizione in vent’anni (municipali in vita di Chávez), il chavismo ha svuotato d’ogni competenza il Parlamento in mano all’opposizione come aveva fatto coi sindaci in occasione delle municipali.

Nel 2017, si forzò l’elezione di un’Assemblea Costituente, boicottata dall’opposizione, che anziché redigere una nuova Costituzione ha decretato come primo provvedimento la sostituzione dell’Assemblea Legislativa controllata dalle opposizioni e presieduta da Guaidó.

Questo spiega che esistano oggi in Venezuela due parlamenti, due Presidenti e due Corti Supreme, una in esilio (composta da magistrati espulsi dal chavismo, che non rispetta, in obbedienza alla sua matrice ideologica, la separazione tra poteri). Questa bicefalia, che rispecchia la rigida divisione del paese in due, è il fattore che spiega come i “tifosi” delle due parrocchie possano attaccarsi ognuno alla versione / visione che più garba loro, in una contrapposizione che il Venezuela ha esportato alle nostre case.

Perché Guaidó si proclama presidente? Perché le presidenziali del 2018 furono boicottate dall’opposizione e non riconosciute da essa e da cinquanta paesi, tra cui Usa, europei e molti latinoamericani (gruppo di Lima). Il 10 gennaio 2019 è iniziato il nuovo mandato di Maduro, quello considerato illegittimo, e la Costituzione prevede che in caso di “vacanza” della Presidenza subentri il Presidente del Parlamento (Guaidó), anche se Maduro ha giurato presso l’Assemblea Costituente. Guaidó viene riconosciuto da cinquanta paesi sulla base di questa lettura, ma il potere nel paese e il controllo del territorio è integralmente nelle mani di Maduro. La chiave è l’appoggio dell’esercito, schierato sinora dalla parte di Maduro perché controlla le leve dell’economia e perderebbe tutto in caso di ritorno al potere delle opposizioni. E poi chi è rimasto in patria tende a essere chavista, chi è partito no, per cui non ci sono candidati in Venezuela per quella rivolta popolare che Usa e Guaidó incitano.

Una parola su “boicottaggi” e disastro economico venezuelano. Il petrolio venezuelano è di qualità eccelsa e viene venduto in primis agli Usa; fino a gennaio 2019 mai ci sono stati problemi da quel punto di vista. Il licenziamento di tutti i dipendenti di PDVSA non iscritti al partito unico di governo PSUV ha portato a un logorio tecnico dei giacimenti e pozzi che impedisce al Venezuela di onorare i propri contratti ormai da diversi anni. In aggiunta a ciò, i prezzi basi del petrolio si sono tradotti in una riduzione delle entrate in divisa del Venezuela a un quarto nel 2018, aggravando una crisi già fuori controllo (4.000.000 % d’inflazione nel 2018). Se parliamo di boicottaggio nel senso d’impedire il commercio esiste da sessant’anni con Cuba con il Venezuela no: fino a gennaio 2019 esistevano solo sanzioni su persone del regime. Oltre a ciò, vari gruppi internazionali hanno deciso di sospendere o non concludere accordi commerciali con il Venezuela come forma di pressione, non come conseguenza di sanzioni. Il Venezuela e l’ALBA (alleanza di paesi affini) non sono riusciti a creare sistemi di forniture alternativi, e in Venezuela non si è mai sviluppata un’industria sufficiente, per cui in Venezuela non ci sono beni in circolazione. La vita è divenuta invivibile.

Da gennaio 2019 gli Usa hanno introdotto sanzioni sul petrolio venezuelano, che adesso esistono davvero. Gli Usa hanno pensato di poter accelerare la caduta di Maduro mediante l’appoggio a Guaidó e successive rivolte popolari che avrebbero travolto il regime, ma non è successo per le ragioni sopra esposte, né succederà. Che soluzioni? Tentativi di dialogo (Rep. Dominicana) sono falliti, e nuovi formati (Gruppo di Contatto, promosso da UE, Messico e Uruguay) sono stati creati, ma devono scontare la nulla capacità di dialogo tra le parti venezuelane.

L’unica soluzione è quanto propone l’UE: nuove elezioni a termine su regole accettate per consenso, e fine della bicefalia istituzionale che ha paralizzato il paese, essendo a un tempo causa ed effetto di un fenomeno molto venezuelano: un paese diviso rigidamente in due. Possibilità di successo? Poche alla vista, ma la caduta violenta del governo di Maduro non è un’opzione verosimile. Chi sono i buoni e chi i cattivi? La situazione è molto più diversificata e con radici profonde che non permettono vie d’uscita miracolose o soluzioni troppo favorevoli ad una parte.

La “democrazia bolivariana” garantisce solo una parte del paese, quella “statunitense” porterebbe probabilmente, dopo vent’anni, a una “rivincita” conservatrice dai contorni inquietanti, sulla falsariga di quanto sta succedendo in Brasile e sta sviluppandosi altrove in America Latina. Le vittime sono la democrazia, che funziona male in contesti squilibratissimi, e il popolo venezuelano, che vive sempre peggio ed è ostaggio di lotte di potere che non ne tengono in conto le esigenze vitali.

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