America
Il falò del gentismo
I dati statunitensi mostrano una situazione sanitaria fuori controllo, mentre le stime del Fondo Monetario Internazionale prevedono una contrazione economica del 34%. Cifra mostruosa, degna di una fase di guerra e non di un’emergenza che nazioni più deboli hanno affrontato in maniera meno drammatica. Donald Trump ha creduto che la limitazione delle libertà avrebbe causato maggiori danni economici rispetto alla pandemia. Così, è riuscito a ottenere entrambi i disastri. Sintomo dell’impossibilità di conciliare le politiche a favore di alcune élite economiche con le esigenze di un popolo che si dice di rappresentare.
Il coronavirus sembra spazzare via il gentismo, fenomeno diverso dal sovranismo e populismo, i quali possono godere di una certa razionalità. Vladimir Putin, ispiratore di tanti epigoni occidentali, ha saputo interpretare un populismo duro ma razionale. Pur senza selfie e tweet, ha sradicato il potere degli oligarchi. Nei rapporti con l’occidente, ha sempre saputo attaccare al momento giusto, fermandosi un paio di passi prima dal baratro. Nella crisi del coronavirus, la Russia sembra aver evitato il peggio grazie a un mix di propaganda, scarsa trasparenza e una sanità pubblica efficace per quanto arretrata.
Al contrario, sono finiti nel baratro quei leader che, parlando il linguaggio del popolo, compiono altri interessi. Chi nega il cambiamento climatico con la scusa di preservare i posti di lavoro per gli operai, chi nega la scienza con la scusa di non intaccare la libertà dei cittadini, chi vuole rompere l’assetto comunitario con la scusa dei lacciuoli burocratici. Tali leader hanno inondato il web di frasi e messaggi confezionati apposta per il popolo, ma condotto politiche che avvantaggiano la propria élite di riferimento.
Un’élite conservatrice che si contrappone a una classe politica che ha plasmato un capitalismo che si presenta come ambientalista e internazionalista, ma che ha aumentato le disuguaglianze sociali. Il coronavirus ha mostrato come i conservatori non siano interessati tanto ai posti di lavoro quanto ai profitti da effettuarsi sulle macerie dell’ambiente, oltre che al concretizzarsi di una nuova forma di imperialismo. Tale imperialismo prevede la distruzione delle forme di cooperazione internazionale per privilegiare negoziati tra singoli stati nazionali. Si sottintende che se uno degli stati è la più grande potenza militare del mondo, i benefici saranno elargiti a senso unico.
L’attuale classe politica dominante, rea di vivere in un mondo parallelo composto da regole avulse dalla popolazione, ha avuto il merito di comprendere la gravità della situazione sanitaria e reagire prontamente sotto il consiglio degli scienziati. Al tempo stesso, si è auto-compiaciuta per minuti progressi come il recovery fund. Rappresenta una classe dirigente che deve cambiare radicalmente, senza perdere di vista le condizioni in cui versano le maggiori forze di opposizione, spesso schierate con la presidenza americana.
Gli Stati Uniti avevano i mezzi per elargire sussidi alla popolazione e alle piccole imprese in modo da fermare per un paio di mesi l’attività economica. La forza del dollaro permette di iniettare nell’economia una liquidità pressoché illimitata. Ma la tutela delle persone è stata sacrificata in nome del profitto. I conflitti sociali sono aumentati, diventando ingestibili. La situazione si è avvitata e ha depotenziato il ruolo della Federal Reserve. Nello scenario attuale, la liquidità immessa nel sistema economico non può che essere drenata dai cittadini che si attendono il peggio, contraendo gli investimenti. Prima lezione di quel John Maynard Keynes che dovrebbe essere ristudiato dai leader mondiali.
Le dinamiche mondiali si ripercuotono sul gentismo nostrano. Il Movimento 5 Stelle avrebbe voluto rappresentare il popolo senza distaccarsi dal potere tradizionale. Quando i nodi sono venuti al pettine, ha scelto quest’ultimo, tanto che un primo ministro popolare e prudente non basta a frenarne la dissoluzione verso forze opposte, di destra e di sinistra. Testimonianza di un mero agglomerato elettorale privo di spirito.
La Lega Nord appare in ostaggio di un leader volubile che vorrebbe governare un calderone di consenso. Costituito dagli imprenditori del nord-est e dai NEET meridionali, dai negazionisti della pandemia e dai governatori sceriffi. Progetto popolare ma troppo ambizioso e destinato a sfaldarsi una volta chiamato a governare in prima persona.
I progressisti non possono che essere soddisfatti dal precoce dissolvimento del gentismo, moribondo perché incapace a governare fenomeni complessi in cui emergono tutte le sue contraddizioni. Devono però essere consapevoli che dalle ceneri del gentismo può rinascere un populismo altrettanto pericoloso anche se coerente e razionale. Inoltre, tale populismo avrà sicuro successo se i progressisti si adageranno sulle buone parole, senza rivendicare la distribuzione dei redditi e gli ammortizzatori sociali. Se non comprenderanno che la recessione sarà durissima e che le misure straordinarie dovranno essere implementate per lunghi anni.
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