America
Il colpo di reni del Venezuela
Tutti sanno che una cosa è impossibile da realizzare finché non arriva uno sprovveduto che non lo sa e la inventa.
Guaidó non è esattamente quel che si può definire uno sprovveduto, ma di certo nessuno, arrivati a questo punto, si aspettava che toccasse ad un ingegnere trentacinquenne, con una giovanissima carriera politica alle spalle e un ruolo in seconda nel partito di Lopez – in arresto ai domiciliari come gran parte dei rappresentanti più influenti dell’opposizione maduriana – scendere in piazza e gridare a gran voce “se puede” proclamandosi Presidente del Venezuela ad interim sino a nuove (legittime) elezioni.
Probabilmente non se l’aspettava neanche Maduro, la cui esperienza, malizia e spietatezza non appartengono certamente ad uno sprovveduto “alle prime armi”; quel che invece ci si poteva aspettare era l’appoggio politico degli Stati Uniti, cui non sarà una sorpresa l’effetto domino nella maggior parte dei governi europei.
Va detto, a onor di cronaca, che non è corretto parlare di Golpe: il giuramento di Guaidó, attualmente Presidente della Camera del Consiglio (Assemblea Nazionale, in Venezuela), è una conseguenza giuridicamente corretta delle elezioni del 10 gennaio scorso dichiarate ufficialmente irregolari, che hanno portato ad un vuoto nel potere esecutivo; sarebbe quindi più corretto affermare che Maduro si è autoproclamato Presidente del Venezuela illo tempore senza avere titoli per farlo, e che per tale ragione, in mancanza di un Presidente eletto con procedura legalmente valida, la carica temporanea spetta proprio al Presidente della Camera del Consiglio.
Abituati da anni a vedere un Venezuela sempre più povero e lontano, con scene da apocalisse e pile di denaro inflazionato impossibili da immaginare accanto all’acquisto di prodotti di prima necessità normalmente concepiti in pochi centesimi, questo colpo di reni popolare, che nulla ha a che fare col populismo ma che facilmente verrà strumentalizzato da questo, è una boccata d’aria, un risveglio felice, una speranza che prende forma: che sia giunto quel momento in cui l’oppressione non sia più così tollerabile e non metta più così paura da paralizzare, o peggio ancora, condannare ad uno stato di rassegnazione, un paese che ha conosciuto tempi felici e che è stato per anni meta di rinascita per molti italiani prima dell’avvento di Chavez, dove costituivano la comunità straniera più numerosa del paese superando spagnoli e portoghesi.
Intanto la repressione ha avuto inizio: ai diplomatici dei paesi in appoggio a Guaidó sono state date poche ore per lasciare il paese, la conta dei morti è destinata ad aumentare nelle prossime ore, e l’esercito sta accarezzando la proposta di unirsi all’opposizione per ristabilire l’ordine costituzionale, segno più che evidente del deterioramento della credibilità di Maduro.
Comunque vada, il 2019 per il Venezuela inizia all’insegna di uno dei suoi detti più belli: quando el río suena, agua lleva.
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