America
Harris vs. Trump. Gli Stati che decideranno l’inquilino della Casa Bianca
Dopo il 21 luglio, l’annuncio di ritiro dalla candidatura del 46mo Presidente Joe Biden e il lancio della candidatura della Vicepresidente Kamala Harris i media ci hanno inondato di informazioni circa il cambiamento nei sondaggi sugli esiti delle prossime elezioni presidenziali.
È indubbio che il clima sia cambiato.
Quella che sembrava una sconfitta annunciata per i DEM è diventata una “sfida aperta”.
I media ci raccontano del “sorpasso” nei sondaggi e del grande entusiasmo che circonda la candidatura di Kamala Harris.
Si dimenticano di ricordare che la quantità di voti espressi non conta nulla rispetto all’esito della competizione elettorale per la Casa Bianca.
Basterebbe chiederlo ad Al Gore che nel 2000 vinse il conteggio del voto popolare con 500.000 voti di margine o, più ancora, a Hillary Clinton che, nel 2016, ottenne quasi 3.000.000 di voti in più. In entrambi i casi non servì a nulla: George W. Bush e Donald Trump divennero, rispettivamente il 43mo e il 45mo Presidente degli Stati Uniti.
Tutti coloro che scrivono di elezioni presidenziali americane sembrano dimenticarsi (qualcuno forse non lo sa nemmeno) che gli americani non eleggono il Presidente ma il Collegio Elettorale che sarà chiamato ad eleggere – come prevede da oltre 200 anni la loro Costituzione – il Presidente e il Vicepresidente degli Stati Uniti. E che questo cambia tutto.
Il Collegio Elettorale è eletto su base statale e non su base federale.
In ogni Stato viene eletto un numero di Grandi Elettori pari al:
– numero dei rappresentanti alla Camera, assegnati proporzionalmente al numero degli abitanti dello Stato (435 in totale);
– numero dei Senatori, 2 per ogni Stato indipendentemente dalle sue dimensioni (100 in totale).
A completare il Collegio Elettorale sono i 3 rappresentanti del Distretto di Columbia, in cui si trova la capitale Washington (secondo il XXIII emendamento della Costituzione il loro numero è uguale a quello che spetterebbe se fosse uno Stato e non può essere superiore a quello degli elettori designati dallo Stato meno popoloso). Il Distretto di Columbia, infatti, non è parte di nessuno Stato: con la saggezza di cui erano portatori i costituenti americani vollero evitare che uno Stato federato (erano solo 13 allora) potesse avvantaggiarsi sugli altri per il fatto di avere sul proprio territorio la capitale federale (per questo motivo i residenti di questo territorio non eleggono alcun rappresentante al Senato e alla Camera dei rappresentanti).
Per diventare Presidente occorre ottenere la maggioranza assoluta (270) dei 538 componenti il Collegio Elettorale.
Ottenere più voti rispetto al proprio rivale non garantisce, quindi, l’accesso alla Casa Bianca, in quanto la composizione del Collegio Elettorale è influenzata:
– dalla sovra rappresentazione degli elettori degli Stati meno popolosi;
– dal fatto che in tutti gli Stati (tranne Maine e Nebraska) i Grandi Elettori vengono assegnati in blocco al partito che ottiene più consensi in quello Stato, senza criteri di proporzionalità.
Quello che i giornali non raccontano è la situazione della corsa a conquistare la maggioranza del Collegio Elettorale. Farlo richiede disinteressarsi completamente delle dinamiche generali dei consensi dei due candidati per guardare all’andamento delle competizioni nei singoli Stati. Ecco perché non servono sostanzialmente a nulla le previsioni che circolano sul voto del prossimo novembre e, ancor meno, le analisi che da queste previsioni discendono.
Ma come stanno le cose per davvero?
Il primo punto da considerare è che – come abbiamo già visto a proposito delle elezioni per il Senato – nella stragrande maggioranza degli Stati l’esito è già oggi assolutamente scontato.
Se guardiamo, infatti, alle sei elezioni presidenziali tenutesi dal 2000 al 2020 (3 con vittoria del candidato DEM e 3 del candidato GOP) nella maggioranza degli Stati ha sempre vinto il candidato dello stesso partito. Non c’è nessuna ragione (e nessun candidato) che può cambiare gli esiti delle elezioni in questi Stati.
Quali sono è quanti Grandi elettori esprimono?
– Stati sicuramente DEM: California, Connecticut, Delaware, District of Columbia, Hawaii, Illinois, Maryland, Massachusets, Minnesota, New Jersey, New York, Oregon, Rhode Island, Vermont, Washington
– Stati sicuramente GOP: Alabama, Alaska, Arkansas, Idaho, Indiana, Iowa, Kansas, Kentucky, Louisiana, Mississippi, Missouri, Montana, North Dakota, Oklahoma, South Carolina, South Dakota, Tennessee, Texas, Utah, West Virginia, Wyoming
– Maine: la vittoria DEM è scontata ma il particolare meccanismo previsto dalla legislazione statale comporterà che la distribuzione dei Grandi Elettori sarà di 3 per i DEM e di 1 per il GOP
– Nebraska: la stessa cosa a parti rovesciate con 4 Grandi elettori GOP e 1 attribuito ai DEM.
Si tratta di ben 38 Stati sui 51 totali nei quali “non c’è partita”.
Il conteggio dei Grandi Elettori certi per i due candidati sin da ora è quindi di
DEM 194 – GOP 172
Apro una parentesi prima di proseguire.
Periodicamente, sulla base dell’evoluzione del numero degli abitanti dei vari Stati, viene aggiornato il numero dei rappresentanti di ciascuno Stato alla Camera e, quindi, il numero di Grandi Elettori.
Nel 2024 la nuova attribuzione (che sarà in vigore anche nel 2028) prevede rispetto a quella del periodo 2012-2020:
– 2 rappresentanti in più per il Texas;
– 1 rappresentante in più per Colorado, Florida, Montana, North Carolina, Oregon;
– 1 rappresentante in meno per California, Illinois, Michigan, New York, Ohio, Pennsylvania, West Virginia.
Sondaggi e previsioni, quindi, dovrebbero essere fatti solo per capire cosa accadrà negli altri 13 Stati.
In realtà in altri 4 Stati la partita è sostanzialmente già decisa.
Vediamoli in dettaglio (tra parentesi il numero di grandi elettori):
– Colorado (10) sicuramente DEM: l’ultimo candidato GOP a vincere nello stato delle Rocky Mountains è stato il 43mo Presidente George W. Bush nel 2000 e nel 2004, ma da allora l’elettorato si è spostato molto in direzione dei DEM (non a caso controllano entrambi i seggi senatoriali) e le previsioni danno Kamala Harris avanti di oltre 7 punti percentuali ;
– Florida (30) sicuramente GOP: l’unico DEM capace di vincere elezioni generali (per presidenza o il Senato) in Florida dopo il 2000 è stato il 44mo Presidente Barack Obama (che ha vinto sia nel 2008 che nel 2012); da allora il voto è sempre andato ai candidati GOP e sarà così anche questa volta;
– New Mexico (5) sicuramente DEM: l’ultimo candidato GOP a vincere nello Stato è stato il 43mo Presidente George W. Bush nel 2004 e da allora si è imposta la stessa tendenza registrata per il Colorado confermata anche nelle previsioni di voto che attribuiscono un solido vantaggio a Kamala Harris;
– Ohio (17) sicuramente GOP: lo “story telling” dell’Ohio come lo “swing state” per eccellenza da tempo non corrisponde più al vero; l’orientamento verso il GOP dell’elettorato è consolidato e, come se non bastasse, è lo Stato del vicepresidente Sen. J.D. Vance (che nel 2022 ha nettamente vinto le elezioni per il seggio al Senato) e infatti il vantaggio GOP è stimato nei sondaggi sopra gli 11 punti
Il conteggio dei Grandi Elettori è quindi ad oggi il seguente:
GOP 219 – DEM 209.
Gli Stati dove si deciderà la corsa alla Casa Bianca sono quindi solo i seguenti:
– Arizona (11)
– Georgia (16)
– Michigan (15)
– Nevada (6)
– New Hampshire (4)
– North Carolina (16)
– Pennsylvania (19)
– Virginia (13)
– Wisconsin (10)
Nel 2016 il 46mo Presidente Joe Biden vinse tutte queste competizioni ad eccezione del North Carolina in alcuni casi (Arizona, Georgia, Pennsylvania, Wisconsin) di strettissima misura (meno dell’1%).
Cosa ci dicono le previsioni ad oggI?
Kamala Harris è data avanti in Michigan, New Hampshire, Virginia che complessivamente valgono 32 Grandi Elettori che porterebbero il conteggio totale a 241, mentre il 45mo Presidente è dato avanti in Nevada, North Carolina, Pennsylvania che con 45 Grandi Elettori complessivi lo farebbero salire sino a 260 totali.
Arizona, Georgia e Wisconsin sono giudicate “too close to call”.
Nessuna previsione, quindi, su come potranno essere assegnati i loro 37 Grandi Elettori complessivi.
Ma la situazione ad oggi ci dice che per avere le chiavi della Casa Bianca Kamala Harris deve riuscire a vincere in tutti e 3 questi Stati (mentre al 45mo Presidente Donald Trump basterebbe il solo Wisconsin).
Quello che è certo è che la sfida si giocherà (e si deciderà) in questi Stati.
Nelle prossime settimane terremo d’occhio come si evolvono le previsioni e le mosse dei due candidati per acquisire i consensi degli elettori: gli unici che contano per davvero!
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