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EBOLA. QUANDO IL VIRUS INFETTA LA POLITICA
Secondo l’OMS l’epidemia di ebola ad oggi ha fatto circa 5.000 morti su circa 10.000 contagi nel mondo. Solo negli ultimi 7 giorni in tutto il mondo si contano oltre 5 milioni e mezzo di citazioni sul Web con una stima di oltre 13 milioni di persone coinvolte in una discussione sul virus. Con questi numeri verrebbe da dire che il contagio è più mediatico che virtuale, e, in fondo c’era da aspettarselo visto che la malattia è entrata a pieno titolo nel dibattito politico.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità in un paper dedicato alle linee guida di comunicazione in casi di epidemia spiega che gli esperti di comunicazione sono essenziali nel controllo delle epidemie tanto quanto gli infettivologi e le analisi di laboratorio. E proprio a seguito dell’allarmismo globale a seguito del virus influenzale N1H1 è stato creato da un gruppo di enti di ricerca (tra cui due italiani) il Tellme Project che, finanziato dall’Unione Europea, ha l’obiettivo di costruire una nuova e condivisa strategia di comunicazione da utilizzare in caso di epidemie.
Ma come sta funzionando la comunicazione sull’ebola? Basta mettere in fila un po’ di dati e leggere la rassegna stampa di queste settimane per capire che il virus ha infettato il dibattito pubblico. E con buona pace di chi vorrebbe contenere l’allarmismo, l’epidemia di Ebola è diventata oggetto di comunicazione politica in Italia come negli Stati Uniti.
Negli ultimi giorni il Presidente Obama alle prese con le elezioni di midterm, ha fatto dell’ebola il perno della sua strategia di consenso. In attacco per affermare il suo ruolo di comandante in capo dichiarando guerra al virus e nominando lo Zar anti ebola Ron Klain, già noto alle cronache per essere stato l’avvocato che ha affiancato Al Gore nel famoso riconteggio dei dati della Florida e così tanto a digiuno di esperienze in campo sanitario da suscitare la satira di Saturday Night Live. E in difesa, cercando di rassicurare gli americani con un abbraccio in mondovisione alla paziente numero zero guarita grazie all’impegno della sanità pubblica. Tuttavia allo stesso tempo i cittadini statunitensi si possono fare un’idea grazie a un fervente dibattito pubblico alimentato dalle principali testate di informazione, dal CDC (centro di controllo per le malattie infettive) e da una serie di organismi indipendenti come ad esempio il sito web followebola.
In Italia sono Salvini e la Lega a tenere in mano il pallino della comunicazione sulla malattia per il vero lasciata deserta da tutte le istituzioni, se si eccettua la sporadica sortita del Ministro Lorenzin in occasione della conferenza Europea sul virus. Se negli Usa il Governo il governo ha scelto di fare diventare la lotta contro l’epidemia uno dei messaggi della campagna elettorale, in Italia la Lega ha utilizzato lo stigma del contagio per sostenere la sua politica anti migranti dal sapore vagamente razzista. E basta guardare il Web, dove i post di Matteo Salvini e gli articoli che collegano immigrazione e immigrati all’ebola sono i più condivisi, per capire che piega ha preso il fenomeno.
Le istituzioni italiane parlano dell’ ebola poco e solo sui media tradizionali – Il Ministero della Sanità non ha account sui social network salvo un profilo stampa praticamente inutilizzato – con buona pace dei consigli delle organizzazioni mondiali ed europee e delle eccellenze italiane in materia come il Cnesps (centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute). E mentre in Europa e negli Usa accanto ad un uso politico della comunicazione sul virus c’è un dibattito pubblico informato, in Italia ci ritroviamo nel deserto della comunicazione sanitaria a fare i conti con gli “immigrati che portano l’ebola”.
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