America

Donald II – la vendetta

11 Novembre 2024

Tutti, ma proprio tutti, s’interrogano su cosa significherà la nuova ascesa di Donald Trump al trono degli Stati Uniti. Nessuno immaginava un tale supporto dal popolo per un pregiudicato, uno stupratore stile Weinstein, e forse anche meno raffinato, che è quanto dire, un bugiardo, un sobillatore, un cinico di tali dimensioni.

Ma così è e bisognerà rendersene conto.

Di certo isolerà sempre più il proprio Paese, perché la sua visione è limitata al suo emisfero e il pericolo che lui vede più che in Ucraina o in Palestina sta nei confini meridionali, da cui affluiscono i parassiti della sua società dorata. L’Europa è certamente importante ma non così tanto, se la vedano loro coi loro confini, io penso ai miei. La NATO è ormai un orpello inutile, chi se ne frega, costa al Paese troppo per ciò che deve fare, i cani da guardia sul Mar Nero o sul Baltico lo devono fare gli europei. Putin, alla fine, è assai simile a Trump, sono due sovrani assoluti, vedono la democrazia come un intralcio e tra tiranni, sebbene in opposizione, si parla la stessa lingua.

Se Trump avesse potuto eliminare i giornalisti e i giudici che remavano contro il suo sogno di un’America di nuovo grande, avrebbe fatto come Putin coi suoi oppositori. Forse non col veleno ma con altri mezzi. Abbiamo visto come quattro anni fa ha guidato i rivoltosi al Campidoglio e come il popolo americano, uno dei più disinformati del mondo, lo abbia scordato, così come si archiviano i pensieri non importanti. Nonostante le indagini e il processo. Ma adesso, per l’immunità di cui gode il presidente, è tutto azzerato. Diciamo meglio, l’impunità.

Certamente Elon Musk, che sa benissimo come suscitare simpatie, ossia coi soldi e con sogni bislacchi ma attraenti per gli inconsapevoli, coi suoi mezzi di comunicazione avanguardistici, ha giocato il ruolo del burattinaio. Anche Trump è diventato un suo burattino, e insieme a Musk tutta una schiera di squali imprenditori usoniani che adesso sono pienamente entrati nei palazzi del potere e potranno reggere i fili di molti più burattini di prima.

Questa è la novità. Questa è la prima volta che personaggi come Elon Musk entrano direttamente nella vita politica usoniana senza essere stati eletti, ossia attraverso il mezzo più importante che la democrazia ha per scegliere il potere: il voto.

Musk è un clandestino, un intruso, ma passeggia nei corridoi dei palazzi perché ha la forza dei quattrini, essendo lo zio Paperone del momento. Lui fa quello che vuole, usa la maternità surrogata (ma la biondina di casa nostra chiude tutti e due gli occhi su questo argomento, pur avendo, la scioccherella, dichiarato la maternità surrogata come un reato “universale”) a suo uso e consumo, indice lotterie pro Trump prima delle elezioni, usa i suoi social network per entrare nella vita intima delle persone e indirizzarle verso il vero futuro. Sarà più Musk che Trump il vero presidente degli Stati Uniti, questo è certo, e il bello è che ha l’appoggio popolare, perché lui, come Trump, rappresenta ciò che l’americano medio vuole essere. Quello medio, eh, probabilmente, anzi, sicuramente ci sono molti altri americani che vorrebbero qualcosa di meglio. E chi lo odia. Non lo odia perché è ricco, come vorrebbe sostenere facilmente lui, ma per il pericolo che rappresenta come sovvertitore di morale: io sono ricco e valgo di più di te che non hai un cazzo, un po’ un Marchese del Grillo d’oltremare ma senza l’ironia. Perché poi Musk è di una tristezza che metà basta. Un autistico che ha in testa l’idea fissa della colonizzazione marziana.

Poco importa che i progetti di Musk siano irrealizzabili, l’importante è che qualcuno ci creda in modo da rinforzare il suo sciame di satelliti artificiali con cui controlla l’etere e che adesso saranno a disposizione del presidente usoniano. Dietro lauta parcella pagata dai cittadini, figurati se persone come Musk o come Trump pagano di tasca loro. Ma l’americano medio lo comprenderà? Ne dubito.

L’esultazione di personaggi di spessore minimo come Salvini, che gongolava per l’elezione del miliardario, siamo curiosi di sapere su cosa si basi. Perché, col protezionismo che Trump adotterà appena poggerà il sacro culo sull’ambita poltrona nello Studio Ovale, hai voglia di vedere come saranno tassate le esportazioni dei prodotti italiani negli Stati Uniti. Forse il nostro adolescente vicepresidente del Consiglio riderà di meno.

Ma per lui Trump rappresenta l’assoluta anarchia dell’oligarca, i pieni poteri che lui agognava, la sua defecazione sulla democrazia e i relativi princìpi. La deriva sempre più psicofascista di Salvini è l’unico spazio in cui lui può rifugiarsi ancora, dopo aver a ripetizione fallito praticamente tutto, da quando la sua Bestia si è ritirata. D’altro canto la Bestia il cervello ce l’aveva, venduto alla mediocrità e al razzismo ma c’era.

Meloni cammina sulle uova, ma sa che sarà meglio dire di sì al nuovo sovrano, non le sarà difficile, però, anche per lei lo spettro dei dazi d’importazione non farà felici i propri elettori, a cui aveva promesso prosperità come se tutto intorno fosse la famiglia del Mulino Bianco. E chissà cosa succederà, dopo gli ormai obsoleti abbracci con Zelensky, se continuerà a supportarlo oppure farà quello che deciderà Trump (e Musk), ma questo riguarda il nostro paesino provinciale, usato come luna park da tutto il mondo, tanto bello, tanto antico, dove si mangia bene, ma tanto superfluo.

Non sarà un gran periodo per il pianeta, anche perché il palazzinaro selvaggio che c’è in Trump vede il mondo come un luogo da riempire di spazzatura edilizia per sfruttarne ogni centimetro quadrato, senza criteri, perché i criteri sono i nemici della ricchezza.

Un territorio sempre più impoverito non potrà che produrre problemi su problemi, ma i quattro anni di permanenza alla Casa Bianca, per una fazione o per l’altra, sono sempre troppo pochi per potere realizzare progetti a lunga scadenza. Si preferisce sfruttare ed estrarre, desertificare in nome del “benessere”.

Altro che America di nuovo grande, un salto all’indietro economico e sociale. Ma nella testa di persone come Trump o come Musk ciò che importa sono i soldi, cifre che scorrono sui monitor e che si moltiplicano per oscure manovre in borsa. Di certo loro maneggiano quelle cifre, senza avere idea di quanti biglietti da cento dollari ci vogliono per formarle, l’uomo non immagina quanti dollari fisici possano starci in un miliardo. Sono cifre talmente grandi che si lasciano all’immaginazione. Basta un acquisto di Musk in borsa e già si parla di 10 miliardi di guadagno immediato su ciò che già possiede.

Fa bene? Non lo so. Di certo vedere buttar via miliardi in progetti come quello di portare l’uomo su Marte per creare delle colonie è disperante, perché quello che si potrebbe fare sulla Terra con cifre così sarebbe inestimabile, tra miglioramento delle condizioni di vita di paesi disagiati e anche meno disagiati. Ma, se provaste a spiegarlo sia a Trump sia a Musk non credo che lo capirebbero, sono troppo accecati dall’ego.

Talmente accecati che hanno dimenticato che non sono persone libere. Come scriveva Hegel duecento anni fa, nella sua Fenomenologia dello spirito, il rapporto servo-padrone è al centro di una dialettica che si ripresenta tale e quale scambiando i ruoli. Con una differenza, però. Il padrone, che usa la forza per assoggettare il servo – il quale rinuncia alla sua libertà e alla sua vita per servire il padrone – in realtà ha bisogno del servo, senza cui non potrebbe godere del benessere che i servizi di quest’ultimo gli garantiscono. Se il servo si ribellasse o andasse via, il padrone resterebbe con un palmo di naso perché non potrebbe più, per esempio, costruire gli utensili che il servo gli crea. E questo, nel servo, genera autocoscienza, ossia consapevolezza di saper fare delle cose indispensabili (per il padrone), cosa che il padrone non ha. Ma se il servo diventasse padrone e il padrone servo, il servo non vorrebbe più servire ma il padrone non avrebbe il know-how per servire, se non per le cose per le quali non è richiesta una conoscenza approfondita. E comunque è il servo che produce qualcosa di concreto mentre il padrone si limita a consumare e basta. L’autoscoscienza del servo si riconosce solo in un’altra autocoscienza, avverte Hegel, cioè solo due persone libere possono riconoscersi. Andate a rileggervelo, è molto interessante letto cogli occhi di oggi.

Un citrolone come Trump che di sicuro non sa neanche fare un uovo sodo, sebbene si sia esibito in un barbecue, pratica prevalentemente maschile le domeniche in giardino, si troverebbe nel più totale disorientamento qualora la sua servitù lo abbandonasse. Dubito che Melania gli laverebbe le mutande e i calzini o gli cucinasse gli spaghetti all’amatriciana. Una pernacchia e sparirebbe pure lei.

Così pure Elon Musk, se non avesse i suoi dipendenti sarebbe una nullità, il re Mida, che tutto ciò che tocca diventa oro, senza dei servi sarebbe costretto a guidarsi l’auto, fare la coda al supermercato, dal benzinaio, alla posta, non potrebbe più fare i balletti sul palco e dovrebbe lavarsi i piatti e, non riuscendo nemmeno a fare la spesa, sarebbe costretto a mangiarsi i bigliettoni colla faccia di Franklin, sconditi. La figlia trans di Musk glielo augurerà ogni minuto che passa.

La debolezza dei padroni sta proprio in questo e, infatti, Marx riprese la dialettica hegeliana signoria-servitù reinterpretandola e sviluppandola.

Il ricatto che i padroni Trump e Musk fanno continuamente sarebbe sventato se i servitori si svegliassero dalla loro ipnosi e li mandassero a quel paese. Ma è stata fatta, appunto, un’operazione ipnotica da parte dei padroni, basandosi sulla schiavitù culturale del consumo che impedisce la presa di coscienza. Il modello che i miliardari espongono viene preso pari pari dai servi inconsapevoli, che ambirebbero a diventare come i padroni, perché, se ci sono riusciti quei due, possono riuscirci tutti. A qualsiasi costo, il fine giustifica i mezzi.

L’intoppo sta sempre lì, una vita dorata mostrata come unico modello da raggiungere, una vita fatta di consumi, di lussi, di potere, perfetta immagine del capitalismo (e del sogno) americano. Lussi e potere che nessuno dei servi raggiungerà mai continuando a fare i servi di quei padroni ma a quegli sventurati piace tanto immaginarlo perché nella Dichiarazione d’indipendenza Americana del 4 luglio 1776, c’è la fatidica frase: «… che tutti gli uomini sono stati creati eguali, che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità.» Lapidario. Il perseguimento della felicità. Niente di più vago e di più aleatorio, la felicità, che dura un momento e poi tutto il resto è noia. La felicità, spesso scambiata per l’esigenza di avere per essere. E la Libertà, appunto, barattata col benessere del padrone che non ti uccide ma ti fa “lavorare” per lui.

L’ego viene esaltato, coltivato, proiettato e mostrato come unica soluzione possibile. Ed è questo il futuro che ci attende, anche perché dalle opposizioni non viene fuori nessun progetto concreto che possa rinnovare in maniera credibile questo cortocircuito hegeliano. La democrazia si è trasformata in questo, oggi, quasi dappertutto: il potere ha distrutto quella scala di valori che darebbe serenità alla gente comune, e lo ha fatto nel nome del consumo. Peggio mi sento nei regimi autoritari, dove non c’è serenità ma c’è comunque una corsa al consumo che peggiora le cose.

Ecco, sì, il futuro sarà un’esaltazione culturale dell’ego, sempre più invadente, corredata da nazionalismi sempre più forti e da inconsapevolezze generalizzate. Perché l’unica cosa che può dare consapevolezza alle masse è la conoscenza.

Le masse hanno dimenticato quanto il padrone abbia bisogno di loro e i sindacati, anno dopo anno, hanno accondisceso alle “necessità” moderne, andando spesso contro gli interessi dei lavoratori, per poi ritrovarsi in scatole cinesi come l’ex-Fiat, dove tutti sono stati buttati via come rifiuti, mentre Renzi, che avrebbe dovuto essere il segretario del Partito Democratico e quindi rappresentare le forze di “sinistra”, col Jobs Act ha di fatto abolito l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.

Cioè, per chi non lo sapesse, un lavoratore può essere licenziato senza se e senza ma. Una grande “conquista” di Renzi che, se fosse successa negli anni Settanta, lo avrebbero cercato e inseguito armati di randelli. Una thatcherizzazione forzata di un furbastro che crede nel Rinascimento dell’Arabia Saudita. Una nuova forza democratica italiana dovrà isolare e non consentire mai a un elemento come Renzi di entrare nella coalizione, perché qualsiasi cosa lui tocchi la rompe. Bisogna ricordare, per amor di patria, che il colpo di grazia all’articolo 18 lo ha dato la riforma Fornero, che lo seppellisce definitivamente, in quanto la crisi dell’azienda e quindi le difficoltà economiche della stessa diventano la “giusta causa” per cui si può liberamente licenziare. Il lavoratore, cornuto e mazziato, ha pure l’onere di dimostrare l’illegittimità del licenziamento e, solo se il giudice avrà comprovato che è così, verrà reintegrato o indennizzato. Il servo, in questo modo, ritorna servo della gleba.

Naturalmente di tutte le promesse fatte da questi pagliacci a Montecitorio c’era anche la revisione della riforma Fornero. Infatti, si è visto. Se si può al lavoratore gli si dà addosso, e coll’esempio americano, possiamo star sicuri che andrà assai peggio.

E le opposizioni che fanno? Litigano, si riformano, sempre colle stesse persone, e non hanno intellettuali che possano guidarle con dei pensieri veri e non dei pensierini nello stile del quadernetto di appunti di Giorgia. Chissà che appunti avrà preso la sera in cui Giorgia ha ricevuto il premio dell’Atlantic Council dalle mani di Elon.

Non vi viene da vomitare? No? Ma siete sicuri di reggere la nausea?

Forse solo se l’Europa riuscirà a tenere a freno le prepotenze sovraniste per prima cosa ed elaborare un pensiero alternativo adeguato potrà esserci un vero cambiamento, almeno per noi. Gli USA sono ormai perduti e sono incapaci di qualcosa di nuovo che non sia pernicioso.

 

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