America

Così la California si prepara a difendere i diritti civili dagli attacchi di Trump

Gavin Newsom reagisce all’elezione di Donald Trump con azioni concrete, dalla tutela dei diritti civili alla protezione degli immigrati. Il Golden State si posiziona come baluardo progressista contro le politiche federali

19 Novembre 2024

Se Trump attacca i vostri diritti, io sarò pronto a difendervi”. Così Bob Bonta, il procuratore generale della California, reagendo all’elezione di Donald Trump. Anche il governatore del Golden State, Gavin Newsom, ha espresso simili parole, reagendo anche con fatti. All’indomani della vittoria di Trump, Newsom ha annunciato la convocazione di una sessione speciale della legislatura del suo Stato per il 2 dicembre con il proposito di arginare le politiche anti-progressiste del presidente eletto. Newsom è particolarmente preoccupato per le questioni fondamentali: il diritto all’aborto, i diritti della comunità LBJTQ+, gli immigrati e le questioni ambientali. Si prevedono sfide legali che Newsom intraprenderà per contrastare azioni del governo federale. Il procuratore generale Bonta ha già preparato delle bozze legali che sfiderebbero inevitabili azioni dell’amministrazione Trump che inizierà il 20 gennaio dopo l’insediamento del presidente eletto. Queste preparazioni sono basate in buona parte da contenuti del manuale Progetto 2025 che cercherebbe di riportare gli Stati Uniti verso il passato ma allo stesso tempo avvicinerebbe Trump a mettere in atto le sue aspirazioni autoritarie.

La California, i.e. The Golden State, con quasi 39 milioni di abitanti, è lo Stato più ricco dell’Unione. Se fosse una nazione indipendente il suo Pil (Prodotto Interno Lordo) la piazzerebbe tra i primi 6 Paesi più ricchi al mondo.

La California si trova in una buona posizione per contrastare Trump. Con una popolazione di quasi 39 milioni di abitanti, equivalente a quelle di 22 piccoli stati dell’Unione, il Golden State ha anche un’economia invidiabile. Se la California fosse una nazione indipendente avrebbe un Pil (Prodotto Interno Lordo) tra i primi 6 Paesi più ricchi al mondo. Il suo governo è uno dei più progressisti negli Usa con governatore e ambedue Camere legislative del Partito Democratico.

Durante la campagna elettorale per la presidenza Trump ha attaccato ferocemente la California e ovviamente anche Newsom a livello personale. Il neo eletto presidente aveva giocato con il cognome del governatore democratico etichettandolo offensivamente “NewScum” (scum=feccia), come ha fatto con i suoi avversari politici. Trump aveva accusato Newsom di voler distruggere “il bellissimo Stato della California”.

Trump e Newsom si sono già scontrati durante il primo mandato del neo eletto presidente tra il 2017 e il 2021. Agenzie del Golden State, incluse le pattuglie della polizia stradale, si erano rifiutate di cooperare con l’agenzia federale sull’immigrazione, ICE, nelle retate di migranti. Inoltre parecchie zone dello Stato si erano dichiarate “sanctuaries” (santuari) per proteggere i migranti dalle grinfie di ICE. Questa resistenza non si manifestò dappertutto poiché nelle contee conservatrici fuori dalla costa alcuni sceriffi cooperarono con le retate. Anche questa volta la protezione dei migranti da azioni abusive da parte del governo federale è preoccupante specialmente data la nomina di Tom Homan a zar della frontiera. Homan in un’intervista al programma 60 Minutes della Cbs ha indicato che si possono deportare famiglie intere anche se alcuni di loro potrebbero avere il diritto legale di essere nel Paese. Da ricordare anche che in campagna elettorale Trump ha minacciato deportazioni di massa dei migranti. Il suo vice, JD Vance, ha anche detto che gli stimati undici milioni di immigrati senza diritto di residenza legale dovrebbero prepararsi ad abbandonare il Paese. Le deportazioni dei migranti sarebbero una grande macchia morale considerando il fatto che gli Usa sono un Paese di immigrati. Si tratterebbe anche di un grosso colpo all’economia della California specialmente nel settore agricolo. Il Golden State produce frutta e verdura che viene esportata a tutti gli altri Stati. Ci sarebbe poi il costo di deportare tutti questi individui. Si stima che costerebbe più di 300 miliardi di dollari.

Donald Trump ha nominato Tom Homan a zar della frontiera. In un’intervista al programma 60 Minutes della Cbs Homan ha dichiarato che non esiterebbe a deportare intere famiglie di migranti anche se alcuni membri avessero diritto di residenza legale.

Nel primo mandato Trump si circondò di individui conservatori ma molti di loro facevano parte dell’establishment che ha imposto paletti ai suoi impulsi più estremisti. Questa volta il neo eletto presidente ha dato segnali che le sue nomine sono individui la cui più grande qualità è la fedeltà al capo. Alcuni di loro come Matt Gaetz, parlamentare della Florida nominato da Trump a procuratore generale, hanno fatto scalpore. Gaetz è stato indagato per possibili rapporti sessuali con giovani minorili. Pete Hegseth, nominato da Trump a segretario della Difesa, ha anche lui pagato una donna che lo aveva accusato di abusi sessuali. C’è poi il caso di Elon Musk, l’uomo più ricco al mondo, nominato da Trump a ministro dell’efficienza al governo. Musk sarebbe propenso a licenziamenti di massa simili a quelli apportati a X (già Twitter). Le ultimissime notizie, però, suggeriscono l’emergenza di dissapori tra Musk e Trump. Il neo eletto presidente, però, sembra dunque non avere nessuna intenzione di seguire le regole. Si vedrà se questi ed altri individui estremisti verranno confermati dal Senato dove i repubblicani hanno già iniziato a suggerire che alcuni di loro non gli consentirebbero di formare la squadra che lui vuole.

Trump starà cercando di fare in fretta perché in uno strano senso è già “anatra zoppa” poiché questo è il secondo e ultimo mandato, come richiede la costituzione americana. Difatti, per i primi due anni il suo partito controllerà ambedue le Camere legislative ma le maggioranze non sono schiaccianti. Alla Camera dei rappresentanti i repubblicani avrebbero una maggioranza risicata e al Senato potrebbero vincere 53 seggi su 100. Ci vorrebbe solo una manciata di legislatori repubblicani a prendere le distanze da Trump e mettergli i bastoni tra le ruote.

Newsom però sa benissimo che per difendere i suoi cittadini da un presidente spaccatutto dovrà darsi da fare. Le sfide legislative saranno un’arma a disposizione come spesso avviene in un sistema federale dove gli Stati hanno una forte autonomia. Newsom, da cavaliere dei diritti californiani, in un certo senso si sta preparando per le presidenziali del 2028.

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