America
COP21, i repubblicani attaccano Obama sul clima
L’imminente conferenza sul clima che si terrà tra pochi giorni in una Parigi blindata si presenta già come pomo della discordia in seno all’agone politico statunitense. Questa XXI Conferenza delle Parti (COP21), posta sotto l’egida delle Nazioni Unite, si propone di raggiungere un accordo tra i paesi partecipanti, finalizzato a una sensibile riduzione delle emissioni di gas serra: una riduzione che dovrebbe condurre a un mitigamento del riscaldamento globale.
Barack Obama, che ha da sempre fatto del problema climatico un elemento essenziale della propria amministrazione, ha recentemente ricordato l’importanza dell’evento, esortando gli altri capi di stato presenti a non perdere di vista la questione a seguito degli ultimi avvenimenti terroristici. E non ha fatto mistero di voler giocare un ruolo centrale nell’ambito di questa nuova conferenza, nel tentativo di conseguire risultati più consistenti rispetto alle precedenti riunioni, tenutesi a Cancùn e Copenaghen.
Ma i repubblicani non ci stanno. E al Congresso annunciano battaglia. Innanzitutto, a livello generale, è noto come all’interno del GOP serpeggi un certo scetticismo verso la teoria del climate change, da molti considerata una sorta di invenzione ideologica, finalizzata a limitare le libertà private e ad imbrigliare la politica energetica statunitense. E su questa linea (con poche e sfumate differenze) tendono d’altronde a muoversi tutti gli attuali candidati alla nomination repubblicana.
Tuttavia, più nello specifico, il nodo congressuale riguarda soprattutto il finanziamento del Green Climate Fund: un fondo dell’ONU che si occupa di aiutare economicamente le nazioni in via di sviluppo ad impiegare fonti di energia rinnovabile. Obama si è impegnato a stanziare tre miliardi di dollari in finanziamenti ma i repubblicani ci tengono a far sapere di non essere intenzionati ad accettare. Un’opposizione a loro dire dettata non soltanto dall’esigenza di ridurre la spesa pubblica ma anche di evitare un’indebita espansione dei poteri presidenziali: sia alla Camera che al Senato molti esponenti dell’Elefantino stanno difatti richiedendo con insistenza che ogni decisione presa da Obama a Parigi sia sottoposta al vaglio del Congresso.
E se i democratici spingono per l’inserimento dei finanziamenti nel budget, la Casa Bianca mostra irritazione, arrivando a minacciare di porre il veto, qualora questo non avvenga. Un monito cui i repubblicani hanno risposto con una ripicca, votando contro la regolamentazione sulle emissioni di gas delle centrali elettriche, proposta dalla Environmental Protection Agency (l’agenzia federale per la protezione ambientale).
La prima grande battaglia repubblicana al Congresso dell’era Ryan sta per cominciare. Molti guardano al nuovo Speaker per capire se sarà in grado di coordinare un’opposizione efficace alla Camera contro le politiche presidenziali: un’opposizione nel cui ambito la questione climatica appare sempre più come un pretesto, per cercare di mettere (ancora una volta) i bastoni tra le ruote a Obama, portare avanti le consuete (sebbene spesso inconsistenti) battaglie contro l’aumento della spesa pubblica e tentare di restituire unità a un Elefantino dilaniato dalle lotte fratricide (soprattutto in vista delle imminenti elezioni presidenziali).
Obama, dal canto suo, sa di non potersi permettere una sconfitta. Non soltanto perché, come detto, il clima rappresenta da sempre uno degli elementi centrali della propria amministrazione. Ma anche perché – soprattutto dopo la bocciatura della sua strategia sull’immigrazione arrivata pochi giorni fa da una corte d’appello federale – un altro inciampo potrebbe ulteriormente indebolire la sua posizione in politica interna. E il GOP non aspetta altro.
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