America
Cile, cariche e idranti su chi ricorda l’Estallido Social
Intervista a Elena Rusca, giornalista, Santiago del Cile
25.000 agenti contro meno di 2.000 manifestanti, cariche e arresti anche ai danni dei giornalisti. Il governo tira avanti minimizzando, ma potrebbe non arrivare alla fine del mandato. Ne parliamo con Elena Rusca, da qualche settimana è in Cile, che martedì era in Plaza Dignidad ed è stata tra i giornalisti aggrediti.
Martedì 18 ottobre ricorreva il terzo anniversario dell’Estallido Social, la grande rivolta popolare innescata dall’aumento delle tariffe dei trasporti nell’ottobre del 2019, conclusasi col compromesso che ha dato il via al processo di revisione costituzionale bocciato nel referendum dello scorso 4 settembre e la cui spinta propulsiva a marzo aveva contribuito alla vittoria elettorale di Boric, nel 2019 schierato coi manifestanti. A tre anni di distanza la delusione per il modo in cui sono andate le cose ha fatto sì che martedì la piazza fosse semivuota, ma non ha impedito alle forze di sicurezza di reprimere brutalmente le poche persone accorse, inclusi i rappresentanti della stampa. Ne parliamo con Elena Rusca, che da tre settimane si trova in Cile, martedì ha assistito alla manifestazione sperimentando di persona le cariche dei carabineros. Con lei tentiamo anche di capire che conseguenze politiche potrebbe avere quello che appare ormai il conclamato fallimento dell’esperienza di governo di Boric.
Chi è sceso in piazza per celebrare l’anniversario della grande mobilitazione del 2019?
Il 18 ottobre in piazza c’erano 1.000, forse 2.000 persone, davvero poche. In Plaza Dignidad, epicentro dell’Estallido Social nel 2019, erano state convocate diverse manifestazioni. Una, alle 11 di mattina, era organizzata dall’associazione storica della piazza e ha visto partecipare anche gli studenti. Poi si sono aggiunti altri gruppi. Va detto che L’Estallido è stato un movimento popolare, fatto di una miriade di piccoli gruppi e associazioni, per cui in questa piazza le grandi organizzazioni non sono ben viste. La grande differenza rispetto a tre anni fa è che allora la piazza era occupata da un numero di persone che andava dai 100.000 ai 200.000 al giorno e c’era un’organizzazione ferrea, con un servizio d’ordine gestito dalle diverse associazioni popolari che difendeva gli accessi alla piazza e in qualche misura garantiva la sicurezza dei manifestanti. Martedì, invece, c’erano poche persone, tanti giornalisti e addirittura 25.000 carabineros, che se la sono presa con chi c’era approfittando della mancanza di un servizio d’ordine. Erano talmente tanti che nel tentativo di evitare gli idranti per proteggere la mia macchina fotografica sono andata più volte a sbattere contro gli agenti schierati in piazza. Una situazione quasi surreale.
Che cosa è successo durante la manifestazione?
Ti racconto la mia esperienza personale. Verso le quattro di pomeriggio eravamo in un edificio dove ci sono diversi spazi di lavoro per giornalisti. Carola, una collega di Sputnik, aveva già finito di scrivere il suo articolo e stava tornando a casa, mentre io e Paola, una collega di Telesur, stavamo andando verso la piazza. A quel punto Carola è stata arrestata, mentre io e Paola ci siamo ritrovate chiuse in un angolo della piazza. Assieme a noi c’erano alcuni ragazzi della Brigada de salud, che in Cile, quando ci sono eventi pubblici, svolgono un servizio simile a quella della Croce Rossa. I carabineros sono arrivati e hanno iniziato a colpire loro e noi e mentre ci colpivano hanno diretto contro di noi anche i getti degli idranti, per cui uscire da quell’angolo della piazza in cui eravamo intrappolati è diventato impossibile. Più tardi ho scoperto che lì a fianco, a pochi metri, era in corso il saccheggio di una farmacia, ma i carabineros evidentemente hanno preferito occuparsi di noi.
Dopo esservi messi in salvo cosa avete fatto?
Siamo andate a cercare la collega arrestata, ma non sapevamo dove l’avessero portata. Siccome oltre che giornalista è anche una docente universitaria, abbiamo avvisato l’Università e da lì hanno chiamato Carolina Tohà, ex sindaca di Santiago, oggi ministra degli interni del governo Boric, denunciando l’arresto di una giornalista. Lei ha negato. Probabilmente ci ha riferito quello che le avevano detto i carabineros, ma certo lei non si è presa la briga di approfondire la questione. A quel punto abbiamo cominciato a fare il giro dei commissariati e alla fine l’abbiamo trovata. Un collega aveva visto il camioncino da cui la stavano scaricando davanti a un commissariato, lei gli ha urlato il suo nome e così abbiamo capito che era lì. Dai giornalisti è venuta molta pressione e così sono stati costretti a liberarla subito. Ma la realtà è che sono in Cile da tre settimane e di episodi così nei giorni scorsi ne ho visti diversi. Il giorno prima, il 17, un gruppo di studenti di 12-13 anni, che aveva annunciato l’intenzione di sfilare nel corteo studentesco con una specie di tazebao con la scritta “libertà ai prigionieri politici”, è stato preso dai carabineros e portato al commissariato dei minori . Nessuno, compresi i dirigenti scolastici, ha mosso un dito. Gli agenti si sono giustificati dicendo che si trattava di manifestanti incappucciati che stavano devastando la scuola. Fortunatamente la collega di Telesur aveva filmato l’intera scena e ha potuto smentire la loro tesi, permettendo a quegli studenti giovanissimi di essere liberati. L’impressione è che approfittino di ogni occasione per arrestare chi protesta.
Secondo te è il governo che detta questa politica o sono iniziative dei carabineros a cui il governo non ha il coraggio di opporsi?
In gioco ci sono diversi fattori. Il governo è totalmente privo di esperienza. Boric prima di diventare presidente non ha ricoperto alcuna carica politica importante. D’altro canto, però, se governi devi assumerti delle responsabilità e prendere delle decisioni. Finora i vincitori delle elezioni, per paura o per inesperienza, non hanno mantenuto nessuna delle loro promesse elettorali, prima tra tutte proprio la riforma dei carabineros. Perciò oggi a capo di questo corpo ci sono gli stessi che hanno diretto la repressione nel 2019. Certamente i carabineros prendono iniziative in modo indipendente, ma è proprio questo che non è normale. Se il governo non ha il controllo sulle forze di sicurezza evidentemente c’è un grosso problema.
Sono state fatte dichiarazioni ufficiali su quanto è successo in piazza?
Naturalmente no, il modus operandi di questo governo consistere nel tentare di nascondere la realtà.
Proviamo a fare un bilancio più generale. Perché in piazza c’era così poca gente secondo te?
La gente è delusa e depressa. Da un lato a questo stato d’animo diffuso ha contribuito la pandemia, che ha fatto molti morti, anche a causa della cattiva gestione della politica sanitaria, e ha lasciato un segno profondo nella popolazione. Dall’altra il Rechazo ha creato ulteriore sconforto.
La gente è delusa per la bocciatura della Costituzione?
In realtà la situazione è più complessa. Questa Costituzione è il frutto dell’accordo raggiunto dalle grandi organizzazioni politiche e sociali del Cile per porre fine all’Estallido Social e pacificare il paese, ma quell’accordo di fatto ha ignorato le principali istanze di quella grande mobilitazione popolare. La delusione di chi tre anni fa era in piazza ha dato al Rechazo proporzioni ancor più grandi. Chi aveva rischiato la vita negli scontri con la polizia si è sentito inascoltato e, dato che votare al referendum era obbligatorio, ha votato contro o ha annullato la scheda. Insomma c’è il sentimento diffuso che lottare non è servito a nulla. Chi invece ha votato in massa apruebo è stata la classe media progressista, quella che in Francia chiamano la gauche caviar – la sinistra caviale – che nella nuova Costituzione non ha visto una minaccia alla propria condizione e ha maturato un odio viscerale per chi manifesta contro il governo, scatenando una sorta di guerra civile all’interno della sinistra.
Dalle tue parole e anche dalla lettura dell’informazione cilena mi pare di capire che il sindacato in questa situazione esplosiva non stia giocando alcun ruolo.
È così. Da quando hanno sottoscritto insieme agli altri l’accordo di pacificazione costituzionale i sindacati hanno perso totalmente credibilità e oggi non hanno peso né a livello politico né sociale. Nei posti di lavoro sono visti male, perché i lavoratori percepiscono che chi dovrebbe rappresentarli si è messo dalla parte delle istituzioni. E d’altra parte quei lavoratori non hanno un riferimento sindacale alternativo.
Da quello che dici, in particolare da queste tue ultime osservazioni, mi pare una dinamica che spinge oggettivamente verso destra, che è un po’ anche quello che avevi scritto nei tuoi articoli subito dopo il Rechazo.
In effetti è così. Parlando coi colleghi nei giorni scorsi sono emersi forti dubbi che Boric arrivi alla fine del mandato e potrebbe esserci un secondo Estallido, che però questa volta potrebbe avere un indirizzo politico di destra. Il Cile è una specie di pentola a pressione che può esplodere in ogni momento. Il governo, come dicevo prima, nasconde tutti i propri errori, in primo luogo la repressione, che a tratti è stata più brutale che all’epoca di Piñera. Loro parlano di delinquenti in piazza, farmacie saccheggiate, ma la realtà è quella che ti ho descritto e la falsificazione dei fatti aumenta la pressione della pentola. Perché puoi nascondere la realtà una, due, tre volte, ma alla fine la verità viene a galla. E la falsificazione dei fatti risulta ancor più intollerabile se l’autore è un governo di sinistra.
Immagine di copertina e video di Elena Rusca.
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