America

Brand New Congress: il secondo tempo di Bernie Sanders

10 Agosto 2016

Le elezioni presidenziali degli Stati Uniti distano pochi mesi, e la convention democratica conclusa da poco ha assegnato la nomination a Hillary Clinton, anche con il sostegno  di Bernie Sanders – non si sa quanto convinto, e certo mal digerito da una parte dei suoi sostenitori.

Nel tentativo di dare continuità alla campagna per le primarie di Sanders, all’interno dello staff che lo ha seguito è stato avviato un nuovo progetto, estremamente ambizioso: il progetto chiamato “Brand New Congress“. Fra i nomi più conosciuti c’è quello di Zack Exley (questo è il suo video di inizio giugno a Personal Democracy Forum a New York).

In breve, si tratta di organizzare – in occasione delle elezioni congressuali di metà mandato del nuovo Presidente, che si terranno nel 2018 – la presenza di un gran numero di candidati (almeno 400) che si possano presentare agli elettori nei rispettivi collegi sotto un unico “ombrello”, con un’unica piattaforma programmatica apertamente progressista. I candidati potranno contare su una campagna organizzata unitariamente in tutti gli Stati, sul modello di una campagna per le elezioni presidenziali, e avendo come riferimento quanto fatto, appunto, nella recente competizione per le primarie a favore di Bernie Sanders. L’obiettivo è eleggere un Congresso “nuovo di zecca”.

Per fare questo Brand New Congress (BNC) ha creato un PAC (Political Action Committee) per raccogliere i finanziamenti, ed ha iniziato a lavorare sul territorio, per creare comitati locali e reti di volontari, raccogliere fondi, e tutto quanto occorre per arrivare preparati fra un paio d’anni. Sul sito dell’organizzazione c’è un programma dettagliato degli obiettivi che si vogliono raggiungere, con tanto di date e scadenze, almeno fino al luglio del 2017.

La proposta, che non ha ancora avuto un appoggio ufficiale da Sanders, ha suscitato ovviamente pareri discordi, valgano come esempio un pezzo favorevole di Salon, e un secondo molto preoccupato di New York Magazine.

Se il successo o il fallimento dell’iniziativa potrà essere valutato solo con il passare del tempo, sembra che alcune osservazioni si possano fare da subito, riguardo alle caratteristiche generali della proposta; e, come vedremo, si tratta di caratteristiche che collocano questa iniziativa perfettamente in linea con altre che, in tutto il mondo, e in Europa in particolare, stanno modificando alla radice i concetti tradizionali di azione e di organizzazione politica, in un’ottica fortemente “anti-elitista”.

Per cominciare, una osservazione sul linguaggio utilizzato: nelle prime parole dell’iniziativa, sulla home page del sito, si legge: “Congress it’s broken. Let’s fix it”. Non si tratta solo di eleggere persone migliori di quelle attuali, ma di rimettere in moto un meccanismo inceppato. Anzi, il congresso è “rotto”, è necessario ripararlo. E’ difficile non notare una affinità con le ormai innumerevoli critiche rivolte “ai politici” e “alla politica”, considerati come un unico agglomerato distante dai problemi e dalle esigenze dei cittadini, e impegnato soltanto a garantire la propria sopravvivenza.

E’ una ispirazione di fondo che si ritrova anche nel momento in cui si tratta di indicare i criteri che verranno utilizzati per scegliere i più di 400 candidati al Congresso: nella lista delle caratteristiche che un candidato deve avere – non negoziabili, si specifica – c’è quella di essere capaci in ciò che si fa, essere dei leader nella propria comunità ed esserle rimasti fedeli piuttosto che aver tentato di scalare posizioni di prestigio, non avere mai avuto ruoli pubblici in politica, anche se questa ultima clausola viene ammorbidita con un generoso “in general”.
Nella lista delle FAQ viene specificato che si preferisce avere candidature di persone “who live for others”, che vivono per gli altri.

E più oltre, nel rispondere alla ipotetica domanda se la competenza legislativa non sia un requisito fondamentale per ambire a essere membri del Congresso si specifica che no, è essenziale “avere l’esperienza di chi ha visto in faccia le avversità della vita”.

Ricapitolando: saper fare bene il proprio lavoro, non avere avuto precedenti esperienze politiche; quanto all’esperienza specifica per ricoprire il ruolo del congressista, beh, aver vissuto e affrontato difficoltà è più che sufficiente per scrivere buone leggi.

La domanda su chi prenda le decisioni in BNC, lodevolmente inserita fra quelle ritenute fondamentali, ha una risposta piuttosto reticente. Testualmente, si risponde che “Team-level decisions are made by team leaders and organizational direction is set by a core team in conjunction with the team leaders”. Ma il core team e i team leaders sono dati, e non si fa cenno a procedure democratiche per la loro scelta o sostituzione.

In effetti, sul sito è sono ben visibili le caratteristiche richieste a chi si vuole candidare, è in evidenza il form da compilare per segnalare un candidato – non sono possibili autocandidature – ma non è indicato come sarà effettuata la selezione, e da chi. Può essere che si tratti di decisioni che verranno prese in seguito, e che a effettuare la selezione siano i comitati locali, ma per ora sono supposizioni, perché sul sito, salvo errori, non si trova nulla.

Alla fine, al di là dell’opinione di ciascuno sulle questioni programmatiche indicate, la modalità operativa di Brand New Congress ricorda da vicino quella di una start-up tecnologica, e i principi di fondo sembrano ispirarsi a quelli delle comunità open-source: apertura e trasparenza molto marcate, il richiamo alla partecipazione di tutti, ma anche il rischio di gerarchie già stabilite in partenza, non sempre cristalline e che non è possibile mettere in discussione.

A noi italiani tutto questo ricorda le questioni e le polemiche sollevate negli ultimi anni riguardo alla organizzazione del Movimento 5 Stelle, e prima ancora di fronte allo strano animale politico rappresentato dalla Forza Italia di Silvio Berlusconi. Ma logiche simili si ritrovano anche in esperienze di altri paesi europei e non su cui varrà la pena di ritornare, penso alla recente MoreUnited.uk, nel Regno Unito post-Brexit, all’esperienza francese di LaPrimaire.org, di cui ha scritto Federico Guerrini su Forbes, o a molte altre.

In tempi di radicale messa in discussione della effettiva rappresentatività delle nostre istituzioni, non ci sono sistemi politici al riparo da richieste di cambiamento profonde, in nessun paese e a nessun livello. E’ auspicabile, ovviamente, che le classi dirigenti più illuminate sappiano comprendere la sensatezza delle critiche aspre che vengono loro rivolte, non si chiudano in un infastidito senso di superiorità, e nemmeno propongano “riforme” di respiro corto e demagogico. La sfida all’innovazione democratica è potente, e richiede coraggio e pensieri lunghi.

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