America

America è un’«approssimazione per difetto»

10 Agosto 2021

Cose che voi umani di Enrico Deaglio, è più che un libro. È, almeno, due libri.

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Da una parte è un viaggio nell’America profonda con la tecnica narrativa di ricostruire il retroscena dell’assalto al Campidoglio dello scorso 6 gennaio come uno scavo nelle inquietudini. È la trama del libro e costituisce il primo livello di lettura.

Dall’altro è il confronto con qualcosa che l’America non è in grado di dire a se stessa: prendere la misura del suo esser venuta meno alle parole dei padri fondatori.

Comincio dal primo.

Il 6 gennaio 2021 ha cambiato il volto dell’America o ha “disvelato il “ventre profondo” dell’America? Per comprenderlo dobbiamo guardare attraverso gli occhi e le emozioni di Anthony Sanfilippo, bibliotecario e archivista ormai in pensione che è il protagonista narrativo del libro.

Quel giorno per lui è soprattutto due cose: (1) lo sconcerto davanti ai notiziari televisivi che tramettono in diretta l’assalto al Campidoglio di centinaia di manifestanti convinti di restaurare il vero ordine infranto da elezioni truffa; (2) scoprire che il cognato è stato arrestato per aver preso parte all’insurrezione, marciando al fianco dei ribelli con una bandiera di QAnon.

Benché lo senta lontano dalla sua vita e dalle sue convinzioni, Anthony Sanfilippo accetta di dargli una mano. Lo farà ripercorrendo a suo modo un lungo tragitto dentro se stesso, che significa confrontarsi con la sua idea di America e con l’America che c’è. Viaggio fisico, ma anche e soprattutto mentale  che presenta aspetti simili a quelli con cui John Steinbeck nel 1961, propone nel suo The Winter of Our Discontent  e fa percorrere al protagonista di quella storia, Ethan Hawley: recuperare un posto significa affrontare con rischio di fare i conti con la propria America profonda, trovarsi sull’orlo del passaggio dall’altra parte, misurare e vedere un paese che sembra lontano, ma che invece è vicinissimo.

Anthony Sanfilippo per cercare di tirare fuori il cognato dai suoi guai deve prendere la misura con quel mondo che il cognato ha sfiorato con cui in parte è affascinato e da cui comunque, anche dopo quel giorno, prende le distanze con ritrosia

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Ma quel mondo improvvisamente non è più estraneo. può essere anche dentro di te o, almeno, accanto a te. Per prendere le misure e segnare la distanza, occorre incrociare un “paese altro” non retto sulla virtù, ma che rivendica un diritto. Questo è George Floyd o meglio l’immagine che quella morte evoca e il senso di riscatto che la dinamica di quella morte chiede di fare propria come un atto di risveglio, come l’opportunità di un ritorno ai principi fondativi, forse.

E qui si innesta il secondo viaggio che sta sottotraccia nel libro, che il libro apre e che chiede al suo lettore, ma anche ai protagonisti autentici – quelli che il 6 gennaio sono entrati al Campidoglio, ma anche, appunto, quelli che come Anthony Sanfilippo, quel giorno stavano attoniti e increduli davanti al televisore, di confrontarsi con l’America, in nome dell’America.

Quelli, appunto che come Anthony Sanfilippo, che quella scena vedevano in tv e si chiedevano dove fosse l’America.

Non solo con l’America di ora, ovvero ciò che è diventata, ma ciò che all’origine diceva a se stessa di voler essere.

Ovvero con i principi di chi quel paese nei suoi fondamenti di lotta alla faziosità su cui riflette James Madison nel numero 10 del “Federalist” (17 novembre 1787) quando sottolinea come “Se una fazione non raggiunge la maggioranza, il principio repubblicano stesso fornisce il rimedio, concedendo alla maggioranza il diritto di frustrarne i sinistri intenti per mezzo del voto”.

Che è esattamente quello che l’ex presidente degli Stati Uniti non riconosceva e che i suoi fedeli invitavano a non riconoscere quel 6 gennaio 2021.

Ma soprattutto sull’idea che l’incertezza e la faziosità stanno all’origine della tirannide, come scriveva James Hamilton nel numero precedente della stessa rivista (n. 9, 23 novembre 1787), allorché rivendica i pregi della repubblica confederata contro la possibile insorgenza di singole componenti e come quella insorgenza anziché conseguenza del «malessere» che dice di voler combattere, sia in realtà la fonte che lo genera.

Essere l’America è un’«approssimazione per difetto». Chi pensa di esserlo già prima o poi subirà il fascino di volersi impossessare di qualcosa che non è solo suo.

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