Africa

Pasta, Pizza, Mandolino, Mangi Dem: gli italiani e la lingua del diverso da noi

16 Luglio 2021

Pizza, pasta, ciao, Paolo Rossi, Berlusconi, cappuccino, spaghetti, espresso, tiramisù, bravo, adagio, Leonardo, Michelangelo, Mafia, San Pietro, Mandolino sono tutte parole/nomi italiani conosciuti nel mondo. Parole che quando arriviamo in un paese straniero, non ci stupiamo se qualcuno locale ci chiama o ci cita questi termini: “Italiano Pizza!” oppure urla il nome di qualche calciatore.
Tutto sommato ce lo aspettiamo e sappiamo che è così.
Allo stesso modo capita a noi con il francese, l’inglese, il tedesco, lo spagnolo etc.., quando siamo in paesi in cui si parlano quelle lingue, è tutto un baguette, paella, wurstel, fish&chips o snoccioliamo la formazione di qualche squadra di calcio.
Anche loro non si sorprendono. Può darsi che qualche americano faccia confusione e non capisca esattamente dov’è lo stivale sulla cartina e pensa che il nostro capo del governo assomigli a don Vito Corleone. Immagina che abbiamo ancora le tovaglie a quadri bianchi e rossi, che siamo in coda a Ellis Island e che non abbiamo lo zucchero.
In sostanza sono delle specie di stereotipi linguistici e non cui ricorriamo per creare un sentimento di prossimità, tra noi e i nostri interlocutori.

Tutto questo si verifica “tra noi occidentali”, fa folclore, siamo uguali, siamo europei perciò non ci stupiamo. Ci sentiamo i padroni della storia.
Ancora diverso è quando andiamo in paesi dove proprio della lingua non conosciamo niente, soprattutto in quelli poveri; facciamo le foto ai bambini che, giustamente, si fanno pagare. Facciamo quelli che contrattano su tutto, anche se parliamo di spiccioli mentre per chi è dall’altra parte accettare di perdere un euro è molto importante. In tanti pensano che si debba fare così, altro stereotipo.

Il discorso si fa differente, ad esempio, quando qui, in Italia, ci confrontiamo con persone che arrivano dall’Africa e hanno la pelle scura.
Per semplificare ci sono tre tipi di sentimenti che proviamo:
avversione: che può andare dal fastidio di essere disturbati mentre facciamo le parole crociate facilitate de La settimana enigmistica sotto l’ombrellone sino al razzismo più schifoso e all’odio. Sono sempre l’uomo nero.
indifferenza: tutto quello che li riguarda, semplicemente, non mi riguarda
simpatia: che spesso però sfocia nell’elemosina o nel comprare qualcosa che non ci interessa o in un sentimento da crocerossini/e.

Più interessante è invece quando si riesce a creare un’empatia, anche minima, quando si può dare un aiuto.
A me è capitato con i ragazzi del Senegal. So delle parole di wolof (il dialetto più parlato di quel paese) esattamente come quelle che gli stranieri conoscono dell’Italia.
E quando li avvicino e dico qualcosa nella loro lingua, rimangono spiazzati.
E’ evidente il senso di straniazione che provano, per loro non è concepibile che un milanese conosca quelle parole. Questo perché, alla fine, a pochi interessa interagire, capire chi sono, cosa fanno, da dove vengono quale sia la loro storia
Ogni volta che dico una delle parola di quelle che trovate sotto, mi sorridono, mi rispondono se chiedo loro come va, come si chiamano, che sono belli e o brutti.
Mangi dem (si pronuncia Manghi) e vuol dire ciao
Nanga def–> come stai?
Naa tu duu–> come ti chiami
Gurgu gnao –> uomo brutto
Gurgu Rafet –> uomo bello
naka liguey bi–> come va il lavoro
Dafa tang –> fa caldo
Bachna –> a posto, ok

Dopo il principio di dialogo in wolof, si passa all’italiano che loro parlano sempre meglio di quanto io conosca la loro lingua. Divertiti mi chiedono come mai conosco queste parole, chi me le ha insegnate, se ho degli amici senegalesi etc..

Avere rapporti con l’altro fa parte della nostra vita e, pur se sono stati messi a dura prova dal distacco durante il covid, rimane la caratteristica principale della nostra razza (come disse Einstein: quella Umana).
Altri (che ci appaiono diversi) intesi nel senso di persone, che dovrebbero essere trattati con dignità e rispetto.
Certo non si può dedicarsi sempre e solo agli altri, a meno che non si abbia una vocazione, tuttavia è almeno importante ricordarsi che ci sono altri che hanno avuto meno culo di noi. Che devono fare lavori duri, che hanno fatto viaggi pericolosi, che fanno una vita faticosa.
Non conosciamo, non approfondiamo ma siamo pronti a diventare una corte suprema, soprattutto sulla vita degli altri e a “rimuoverli” dalla nostra visuale cerebrale. Il vaccino per questa mentalità è accrescere il livello culturale delle persone, ma le dosi scarseggiano.
Mangi dem.

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