Africa

LAGO CIAD, VIAGGIO TRA L’INCUDINE E IL MARTELLO

17 Dicembre 2020

COAUTORE: PAOLO FUSI

Ciad: un paese senza sbocco sul mare e collocato nel cuore del continente africano, al centro del Sahara, grande quanto Francia, Italia e Germania messi assieme (1’284’000 chilometri quadrati), ma quasi disabitato: fino a 20 anni fa aveva gli abitanti della Svizzera. Oggi sono raddoppiati e sfiorano i 16 milioni di anime, ma c’è ancora tanto, tantissimo spazio libero.

Chi crede che sia tutto dune e vento si sbaglia di grosso: si passa dai 3415 metri d’altitudine del vulcano spento Emi Koussi, roccia bianca lavica in un paesaggio lunare, sperso tra i Monti del Tibesti, a nord, fino all’altopiano di Ennedi, che lentamente digrada fino a scendere sotto al livello del mare – dapprima sabbia, poi imbuto di tutti i grandi fiumi dell’Africa Centrale e infine, quasi al confine con il Camerun e la Nigeria, al Lago che dà il nome alla nazione: il Ciad, un tempo uno dei dieci laghi più grandi del mondo, ed oggi, a causa di del riscaldamento globale e dell’uso dell’acqua per l’irrigazione dei campi, ridotto ad essere “solo” quattro volte più grande del Lago Lemano, del Balaton o del Lago di Costanza[1]. Un Lago che agonizza, stretto nella morsa del cambiamento climatico, che lo prosciuga, l’affollamento crescente dovuto alle persecuzioni ed all’aumento dei clandestini, la violenza cieca della setta musulmana di Boko Haram.

Il lago viene alimentato da fiumi lunghi e pigri, e non ha emissari. I più grandi di questi, il Chari ed il Logone, vengono dalle montane lontane più di 1000 km, dove piove e fa freddo, e portano con sé tanta acqua. Essendo uno dei punti più bassi del pianeta, ed essendo di origine vulcanica, è una conca senza uscita, ed un mondo a sé stante, con regole diverse da quelle di ogni altro lago. Se a N’Djamena, nel nord, d’estate si superano generosamente i 45°, intorno al Lago Ciad c’è una foresta, e più in là un’immensa savana[2]. Ma il Ciad è un Lago poco profondo, non più di una decina di metri, ed è calmo. Sempre. Per questo motivo, sempre più persone vanno a vivere sulle sue rive – raddoppiano ogni vent’anni, sono già oltre 50 milioni, e si teme che si superi la soglia degli 80 milioni entro il 2030[3].

Le persone vengono perché il lago è famoso per essere ricchissimo di pesce e, intorno al bacino, la terra è fertile, l’agricoltura e la pastorizia hanno permesso ai nomadi preistorici di divenire stanziali. Circa 8000 anni fa, sulle rive del lago Ciad, un nostro antenato ha costruito una canoa che è arrivata fino a noi, ed è forse la più antica mai scoperta dagli archeologi[4]. Quindi, la pesca nel Lago Ciad è diventata l’industria principale di un’area sterminata che va dal Deserto del Sahara alle jungle equatoriali – un’area popolata da millenni da tribù segregate da distanze enormi e da una natura che tende a cancellare in poche ore gli artefatti umani.

Solo 90 anni fa, grazie all’arrivo degli Igbo, l’etnia più avanzata e numerosa tra quelle che vivevano nella Nigeria, la pesca nel Lago Ciad conosce una svolta: gli Igbo[5] conoscono la tecnica di affumicare il pesce (ciò che loro chiamano “banda”) e renderlo così trasportabile e durevole[6], e viene quindi venduto nei grandi mercati di posti lontani, fino alle rive dell’Oceano. Negli anni ’50 un’etnia che viene dal Ciad settentrionale, gli Hausa[7], introducono l’uso del filo di nylon per le reti, e poi le prime canoe motorizzate[8]. È l’inizio dello sfruttamento intensivo e, quindi, per l’equilibrio biologico del Lago Ciad, è l’inizio della fine.

Oltre alle comunità locali, che si sono stabilite intorno al lago fin dalle epoche preistoriche, la multietnicità è una caratteristica tipica della zona: oggi più che in passato, il lago attira migranti provenienti dal Camerun (Musgum, Kotoko, Zina e Mora[9]), tutte tribù che vivono della pesca e che, in passato, hanno sperimentato conflitti violenti a sfondo tribale[10]. Poi, negli anni 70, arrivano anche gli esuli dal Mali, dal Senegal e dal Niger che, quando l’acqua scende, si insediano nelle terre emerse ed iniziano a coltivarle. L’ondata di nuovi abitanti si ferma nel 2007, quando l’area diventa il cuore pulsante del terrore sanguinario sparso dalla setta islamica di Boko Haram[11]. Nonostante le persecuzioni, la siccità ed il riscaldamento globale, sul mercato di Darak, al confine nord del Camerun, si vendono ancora più di 200 tonnellate di pesce all’anno[12].

La triste agonia del grande Lago morente

Barche abbandonate sulle secche del Lago Ciad: ciò che resta dei decenni di pesca industriale, ora che il Lago si è ridotto ad un decimo di ciò che era solo 50 anni fa[13]
E pensare che, per secoli, il Lago era stato un’oasi di pace. Le varie etnie, che si incontravano sulle rive e le isolette, avevano sviluppato una lingua comune, il Kanuri, la cui parola Chade (fonetico: Sádǝ) significa letteralmente “grande distesa d’acqua”[14]. Nei primi del Novecento il Lago era un angolo di paradiso: tanti piccoli insediamenti dislocati sulle dozzine di isolette ricche di vegetazione, in acque che abbondano di pesce, ovunque orti e allevamenti che prosperano nei villaggi che sorgono sulle rive[15]. Secondo Moussa Mainakinay, un abitante del luogo intervistato in un’opera di Ben Taub, soltanto negli anni ’70 la gente del luogo si accorge che il Lago ha iniziato a morire: “Masse galleggianti di canne e ninfee hanno iniziato a intasare i corsi d’acqua rimanenti, rendendo impossibile la navigazione sulle vecchie rotte commerciali tra le isole”[16].

La difficoltà di muoversi attraverso il labirinto di vegetazione e paludi, aggiunto al carattere transfrontaliero del lago, lo hanno reso una zona senza legge, al di fuori di ogni controllo – e quindi una delle vie principali del contrabbando: il contrabbando di clandestini (a volte anche di schiavi), fuggiti dalle guerre in Libia o in Sudan[17], o in fuga dalla miseria dei paesi dell’Africa Occidentale[18]; il contrabbando di droga, proveniente soprattutto dall’India, ed usata da Boko Haram in tutta l’Africa Centrale come merce di scambio per armi, munizioni, medicine, cibo e benzina[19]. Tutto diventa difficile e pericoloso: ogni villaggio è costretto costantemente a spostarsi da zona umida a zona arida nel corso dell’anno, migrando in base alle condizioni del lago – una sfida per l’amministrazione territoriale, visto che questi villaggi mantengono lo stesso toponimo indipendentemente dalla loro posizione[20].

Di fronte ad un quadro talmente magmatico sul piano morfologico, idrografico, climatico, geopolitico e antropologico, gli equilibri tra gli abitanti lacustri sono estremamente instabili. A prescindere dall’influenza nefasta del terrorismo musulmano, intorno al Lago vivono tribù diverse, costrette a spostarsi per sopravvivere, e quindi costrette ad incontrarsi e a contendersi appezzamenti di terreno e rifornimenti idrici, causa di enormi tensioni e feroci subitanei conflitti[21].

La Polizia del Ciad cerca di filtrare le migliaia di arrivi quotidiani di clandestini, cercando di separare chi fugge dalla guerra dai contrabbandieri che commerciano con Boko Haram[22]
Il Ciad è tradizionalmente caratterizzato da un susseguirsi di guerre civili motivate etnicamente e religiosamente (c’è un’aspra inimicizia fra il Nord musulmano e il Sud animista e parzialmente cristianizzato)[23]. Lo Stato del Ciad non è in grado di far fronte all’emergenza, e gli unici piani attivati nell’ultimo decennio sono opera del Camerun, che sta investendo denaro e uomini (esercito, medici ed insegnanti) per far fronte alla crisi. L’ingerenza di Boko Haram ha dato il colpo di grazia ad una regione già profondamente ferita: i continui attacchi del gruppo terroristico, sempre più infiltrato tra la popolazione lacustre, dimostrano che questa setta spera di poter istituire uno stato islamico nella jungla al confine tra Nigeria, Camerun e Ciad, creando un’intollerabile emergenza umanitaria[24].

Il governo di Yaoundé ha lanciato due programmi. Il primo riguarda la città di Darak, nata come una sorta di baraccopoli sugli isolotti che emergevano in estate dal lago, ed ora, da quando l’acqua si è ritirata, grande mercato del pesce e delle armi, completamente controllato da Boko Haram, che riscuote percentuali per permettere ai commercianti di poter continuare a lavorare[25]. La situazione è migliorata dopo che, il 9 e 10 giugno del 2019, un attacco in massa delle milizie della setta musulmana è stato respinto dall’esercito camerunense: sono morti 16 soldati di Yaoundé, ma anche più di 90 miliziani di Boko Haram[26].

Da allora, il governo del Camerun ha imparato la lezione ed ha lanciato un ambizioso e costoso piano che prevede la trasformazione, in soli cinque anni, di quella che è nata come una baraccopoli in un vero e proprio capoluogo di provincia, con edifici amministrativi, giudiziari e militari[27]. Nel 2013 Darak ha ricevuto l’equivalente di 11,15 milioni di dollari che sono stati usati per asfaltare la strada che collega il porto di Darak alle provincia settentrionali del Paese, per completare gli edifici mancanti, restaurare quelli fatiscenti, far funzionare una scuola ed un ambulatorio stanziali, creare una squadra di calcio (come progetto di identificazione col territorio) e creare nuove occasioni di commercializzazione per i prodotti dell’ittica, della pastorizia e dell’agricoltura sui mercati principali di Yaoundé[28].

Tra i progetti intergovernativi, uno dei più importanti è quello del WWF per la salvaguardia della flora e della fauna del Lago Ciad[29]
A livello distrettuale, invece, la serie di decisioni prese è più complessa: prima di tutto il governo decide pragmaticamente di non scegliere il modello sudafricano, basato sulla parità tra quattro forze equipollenti (potere legislativo del Parlamento, potere esecutivo al governo, potere giudiziario alla magistratura, potere di veto delle assemblee tribali[30]), ma di dare alla magistratura la deroga per decidere sulle questioni tribali nel momento in cui il governo non riesca a trovare un compromesso amichevole sui contenziosi[31].

Il complesso di linee guida del programma del governo centrale prevede però tutta una serie di misure speciali per l’area intorno al Lago Ciad: a) riconoscimento delle comunità religiose e parificazione delle scuole a diverso indirizzo teologico; b) riconoscimento, a livello amministrativo e giuridico, del nomadismo; c) fondi di investimento per l’economia stanziale; d) aumento del personale militare difensivo e del personale amministrativo, corsie preferenziali per l’assunzione di personale in loco; e) leggi quadro per l’applicazione di misure economiche e sociali del governo centrale armonizzate con le sei tribù principali riconosciute come proprietarie del territorio; f) promozione di radio locali, centri culturali e sportivi che puntino sull’identificazione con il territorio come valore superiore alle differenze tribali e religiose, giustificate nell’affermazione della dicotomia: Camerunese = Buono, Boko Haram = Cattivo – una posizione condivisa dalla totalità della popolazione[32].

A questo si aggiunge non solo una campagna militare permanente, ma una serie di misura di difesa tecnologica e cibernetica contro la setta musulmana che ha come obiettivo l’ottenimento della dicotomia: Camerunese = Moderno, Boko Haram = Medievale[33]. A questo progetto ambizioso, che sta già dando i suoi frutti, si collega l’effetto decisivo: difendendo l’identità della comunità del Lago Ciad ed aumentando il benessere e la solidarietà sociale, si implementa anche il risentimento contro Boko Haram e viene incoraggiata la convivenza tra etnie diverse – la speranza ovvia è che in un paio di generazioni le differenze vengano cancellate dalla comune battaglia per la sopravvivenza dell’ecosistema del Lago Ciad ed i matrimoni misti[34].

La lotta contro la setta Boko Haram

Miliziani di Boko Haram posano per lanciare la propria strategia del terrore[35]
Nel 2002, il predicatore Mohammed Yusuf, appartenente al movimento Izala, un gruppo islamico salafita radicato a Maiduguri (capoluogo dello Stato nigeriano nord-orientale del Borno), fonda un nuovo movimento dal nome Boko Haram, un termine della lingua degli Hausa[36] la cui traduzione è “L’occidentalizzazione è sacrilegio”[37]. All’inizio, il movimento guadagna spazio e adepti, combattendo (apparentemente) la corruzione e proponendosi come gruppo civico di sostegno all’istruzione religiosa – ma non appena la milizia ha raggiunto un certo numero di soldati, ed i soldi sono iniziati ad arrivare attraverso i canali di Al Qaeda, le cose sono cambiate[38]. Nel giro di poco tempo il gruppo religioso e terroristico si guadagna una reputazione di violenza cieca e fanatismo settario: al 2009 ha già all’attivo più di 3400 attacchi armati che causano oltre 36’000 vittime e la fuga (o la deportazione) di 2,3 milioni di nigeriani, almeno 250’000 dei quali scappa in Camerun o nel Ciad, nell’area del grande Lago[39].

Con il passare degli anni l’obiettivo iniziale di costituire uno Stato di fondamentalisti islamici all’interno del territorio nigeriano si trasforma in una mera lotta per sopravvivere: solo nel 2014 le vittime correlate alla furia di Boko Haram sono 6600[40]. Nonostante un calo del numero delle attività terroristiche, dovuto alle sconfitte militari negli ultimi anni[41], l’organizzazione jihadista sopravvive, asserragliata nella Sambisa Forest, a pochi chilometri del lago Ciad, continua ad assoldare disoccupati e fuggitivi[42], e ricopre attualmente il quarto posto nella classifica dei gruppi terroristici più letali al mondo (secondo i dati del 2018 del Global Terrorism Index[43]) e “vanta” il primo posto nell’Africa Subsahariana.

Negli ultimi cinque anni gli atti della milizia sono di pura furia omicida, e non sono collegate ad alcuna strategia militare. Nel febbraio del 2015, durante la notte, un gruppo di una decina terroristi, attraversa il Lago Ciad a bordo di motoscafi, raggiunge un villaggio di pescatori, Ngouboua, e compie una strage, dando fuoco alle case, attaccando la stazione di polizia e uccidendo a sangue freddo il capo del villaggio[44]. Il motivo dell’attacco, cui ne seguiranno diversi altri[45], è che Ngouboua ospita migliaia di rifugiati nigeriani fuggiti dalle persecuzioni di Boko Haram[46].

La serie di attacchi ha per lo meno convinto il governo del Ciad ad affrontare militarmente la minaccia, in aiuto alle azioni nigeriane: le forze militari ciadiane avevano da poco riconquistato Gamboru Ngala, città nigeriana assediata per mesi da Boko Haram, quando nella primavera del 2015, Boko Haram si è scatenata contro obiettivi civili in Ciad[47]. Dopo l’entrata in azione dell’Unione Europea[48], che sostiene finanziariamente lo sforzo bellico congiunto della Nigeria e del Ciad, solo il Niger si trova ancora completamente disarmato di fronte alla minaccia della feroce setta musulmana[49]. Da allora, molti dei miliziani sbandati di Boko Haram si sono insediati nelle isolette del Lago, seminando il terrore[50].

Unità dell’Esercito Nigeriano alla caccia di miliziani di Boko Haram asserragliati nella Sambisa Forest, a pochi chilometri dal Lago Ciad[51]
Dopo la sconfitta militare in Nigeria, i capi di Boko Haram cambiano strategia, e si battono per la nascita dell’ISWAP (Provincia dell’Africa Occidentale dello Stato islamico[52]), senza necessariamente usare la violenza, ma con un’attività di propaganda, facendo leva sulle lacune dell’amministrazione statale del Ciad e sulla crescente insoddisfazione degli abitanti del luogo[53]. A partire dall’autunno del 2015, l’ISWAP inizia a adoperarsi nella fornitura di servizi di base, nell’organizzazione del lavoro e di altre attività, sostituendosi di fatto, dove riesce ad affermarsi, al Governo Centrale, riscuotendo la simpatia dalla popolazione non appena la penetrazione dell’ISWAP si accompagna ad un visibile sostegno economico[54].

Attualmente l’ISWAP ha nelle sue mani il controllo del tessuto commerciale dell’area del Niger del Lago Ciad, e controlla (militarmente) le attività legate al commercio ittico: dalla produzione iniziale di pesce essiccato, alle vendite ai mediatori dei grandi mercati nazionali, al trasporto e lo stoccaggio del pesce ed il suo trasporto verso la periferia di Diffa, Bosso – e successivamente verso i mercati di Geidam e Hadeija in Nigeria e Kinchandi in Niger. L’ISWAP gestisce direttamente ogni fase del processo o viene pagata per garantire il suo proseguimento protetto[55]. Ovviamente impone i prezzi al dettaglio e quelli della logistica, e pratica sistematicamente coercizione, pressioni e violenze verso i pescatori ed i mercanti scontenti[56].

Per far fronte a questa nuova minaccia, i Paesi che confinano con il Lago Ciad hanno intrapreso un’alleanza militare, chiamata MNJTF (Multinational Joint Task Force), creata inizialmente dall’agenzia governativa del Ciad chiamata LCBC (Lake Chad Basin Commission) e poi sviluppatasi, con 700 soldati del Ciad, 700 nigeriani e 700 camerunensi, ed un unico comando interforze, nell’estate del 2012[57]. Questa milizia è stata in parte finanziata con un programma di sostegno economico dell’Unione Europea, votato all’unanimità dal Consiglio Europeo il 9 febbraio 2015, versato tramite il Fondo per la pace in Africa (APF)[58].

Da quel momento in poi APF ha finanziato gli stipendi, le vettovaglie ed i medicamenti per le truppe, ma anche le forniture di apparecchiature per i sistemi di comando, controllo, comunicazione e informazione[59]. Il MNJTF ha sostanzialmente arginato la violenza terroristica, ha liberato civili tenuti in ostaggio, aperto canali per gli interventi umanitari, ma è fallito nel suo proposito di integrazione delle truppe delle diverse nazioni, a causa di problemi di “impegno incoerente nei confronti della forza, problemi di finanziamento e pianificazione disgiunta”[60].

Un’emergenza umanitaria più complessa delle altre

Nelle case fatiscenti ed umide sulla riva del Lago Ciad, i pescatori attendono la stagione delle piogge ed il ritorno della grande pesca[61]
Oltre alla migrazione interna, ed alle tensioni sulle linee di confine tra Ciad, Niger, Nigeria e Camerun, l’area del Lago Ciad è teatro di scontri fin dal 1965[62], quando la guerra civile ed il genocidio in Biafra[63], le razzie nella Repubblica Centrafricana e la carestia in Sudan hanno portato al Lago 450’000 rifugiati[64]. Oggi, sulle rive del Lago Ciad vivono oltre 30 differenti etnie: come scrive The New Yorker, questa è “la crisi umanitaria più complessa dei nostri giorni”[65]. Dei paesi della regione lacustre il Ciad è senza dubbio il più colpito: l’80% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, solo il 9% ha accesso ai servizi sanitari adeguati, l’analfabetismo va oltre il 50% e il tasso di mortalità infantile è tra i più alti del pianeta[66].

La comunità internazionale non resta a guardare, ma interviene. L’agenzia dell’ONU che si occupa di agricoltura e nutrizione, la FAO, nel 1977 ha aperto un ufficio stabile a N’Djamena nel 1977; nel 2004, all’ufficio di rappresentanza si aggiunge una Divisione Operativa per coordinare il lavoro di ricerca, analisi, supporto tecnico e finanziamento dei progetti sviluppati insieme al governo nazionale[67]. Ci sono quindi aiuti che raggiungono la zona, secondo un programma generoso e sotto l’attento controllo di un’istituzione compresente sul territorio, che hanno permesso di evitare che, negli ultimi 40 anni, l’emergenza umanitaria si trasformasse in tragedia[68]. Con gli anni, i progetti sono divenuti sempre più efficaci, come dimostrano le misure per l’irrigazione e il riordino delle colture nella Regione di Gorè, che comprende anche misure di difesa militare, di scolarizzazione e di supervisione medica[69].

Il 25 settembre 2007 le Nazioni Unite istituiscono una missione per l’intervento congiunto nella Repubblica Centrafricana e in Ciad (MINURCAT), con l’incarico di contribuire alla protezione dei civili, di promuovere la salvaguardia dei diritti umani, dello stato di diritto e della pace, seguendo le linee guida già tracciate dal governo del Camerun: la missione terminerà il suo mandato il 31 dicembre 2010, ma se la maggior parte dei Caschi Blu è ripartita, il nucleo dello staff difensivo, stazionato nella Repubblica Centrafricana (BINUCA), continua ancora oggi il suo lavoro[70].

Si interviene anche a sostegno del debito pubblico: nel 2015 il FMI e la Banca Mondiale hanno deciso una riduzione del debito di 1,1 miliardi di dollari per il Ciad, incoraggiati dalle buone performance ottenute dal governo nel raggiungimento di una soddisfacente stabilità macroeconomica[71]. Nel settembre del 2018 la Banca Mondiale approva il progetto PARCA, finalizzato sostenere i rifugiati: si tratta di 80 milioni di dollari utili per migliorare l’accesso ai servizi di base ed alle opportunità economiche per circa mezzo milione di rifugiati, sfollati interni e comunità etniche ospitanti[72].

Militari delle Nazioni Unite accompagnano gli agronomi della FAO che, con un fondo di 81,9 milioni di euro a disposizione, stanno introducendo l’orticoltura intensiva nella quotidianità di quasi 15 milioni di persone in Ciad[73]
Nell’aprile del 2020 il Fondo Monetario Internazionale, motivato dalla crisi dovuta al Covid-19, nell’ambito del progetto CCRT (Catastrophe Containment and Relief Trust)[74], approva una nuova risoluzione che mira alla riduzione del debito per 25 paesi più poveri e quindi più vulnerabili del pianeta, tra cui c’è il Ciad[75]. A questa misura salvifica si aggiunge, nel novembre del 2020, uno stanziamento dell’Unione Europea di 22,6 milioni di euro, tramite il Fondo Fiduciario di Emergenza per l’Africa, per promuovere, attraverso cinque progetti, la stabilità e la sicurezza nella regione del Sahel e del Lago Ciad – in totale, dal 2015 a oggi, la UE ha stanziato ben 5 miliardi di euro per affrontare la grave crisi della regione[76].

Parallelamente, la FAO si sta impegnando con diversi progetti imponenti legati alla modernizzazione dell’agricoltura ed all’adattamento della produzione alle mutate condizioni climatiche. Il Piano RADHORT, che era stato originariamente ideato dal governo belga nel 1988, opera oggi in tutto il Ciad, e non solo in prossimità del Lago, per dotare gli abitanti di mezzi meccanici per irrigare i campi, creare orti familiari o per produzione commerciale (distribuendo gratuitamente sementi ed insegnando a riprodurne), difendersi dalle cavallette ed altri eventi nocivi, e di contatti con i mercati di distribuzione regionale per vendere parte della produzione[77]. Nell’area settentrionale del Camerun, invece, la FAO sta puntando sui tuberi e le radici, ed ha messo in atto un progetto di bonifica, preparazione dei contadini, connessione ai mercati, distribuzione delle sementi e difesa militare che ha visibilmente sollevato, solo negli ultimi tre anni, l’intera area dalla denutrizione[78]. Ai progetti specifici, si aggiungono i programmi su scala continentale contro la desertificazione[79] e per la riorganizzazione dell’irrigazione (Project AICCA), divenuta necessaria a causa del riscaldamento globale[80].

Trent’anni di rovente gelo politico

La violenza cieca del regime non colpisce solo le persone: questa è la scena agghiacciante apparsa agli ispettori ONU nel marzo del 2013 dopo che truppe irregolari del regime di N’Djamena avevano ammazzato 86 elefanti (tra cui molte mamme incinte) per venderne l’avorio ai contrabbandieri cinesi[81]
Non è un caso che, in tutto questo racconto sul Lago Ciad, ci sia un grande assente: il governo centrale di N’Djamena. Un secolo fa, il paese faceva parte delle colonie francesi, e l’etnia principale, i Sara, ha collaborato con Parigi ed i suoi ragazzi, in entrambi i conflitti mondiali, hanno spesso combattuto nell’esercito regolare francese[82]. Per ovvi motivi, quando il Ciad ha raggiunto l’indipendenza, è stata questa etnia a prendere in mano le redini dello Stato: i Sara vivono in tutta l’Africa centrale, sono di religione animista e di tradizione tollerante e stanziale[83]. Nella seconda parte del 20° secolo, negli anni della battaglia condotta contro la dittatura da parte di Fidèle Moungar (un figlio del Lago Ciad che, prima di impegnarsi in politica, faceva il chirurgo a Parigi[84]), i Sara hanno aderito al modello di sviluppo socialista, il che ha creato loro enormi problemi con l’Islam fondamentalista[85].

Nel 1982 un accordo tra il governo francese, quello americano e il colosso petrolifero Exxon[86] ha portato al potere il dittatore Hissène Habré[87], uno tra i più sanguinari dittatori del secondo dopoguerra, tanto che le stesse forze che lo avevano portato al potere si alleeranno, otto anni più tardi, per ridurlo in catene e farlo condannare per il massacro di oltre 40’000 oppositori politici[88].

In quell’ultimo colpo di Stato, francesi ed americani si sono appoggiati ad una delle molte milizie già attive sul territorio, quella della minoranza etnica Zaghawa – che aveva preso le armi perché il dittatore Habré prediligeva massacrare membri di questa tribù, dei Sara e dei Hadjerai[89]. Gli Zaghawa (solo il 2,4% della popolazione del Ciad[90]) sono pastori berberi originari della zona di Darfur, nel Sud Sudan, che si sono spostati alla ricerca di pascoli migliori o, nei secoli, sospinti dalla paura di guerre e carestie[91].

Il nuovo dittatore, Idriss Déby, è al potere da 30 anni esatti, ed è tutt’altro che un patriarca bonario e sorridente, e per anni il suo potere, legittimato da Parigi e Washington, è stato difeso militarmente con il sostegno attivo del suo mentore, il dittatore libico Muhammar Gheddafi[92], anche perché tutto il suo periodo alla presidenza è costellato di tentativi di assassinio e di colpi di Stato[93].

Déby regna non solo grazie alla violenza, ma anche a causa del dilagare della corruzione (di cui Déby ed il suo governo sono protagonisti)[94], gran parte della quale proveniente dallo sfruttamento dei giacimenti petroliferi del Ciad settentrionale e dai proventi delle royalties incassate per l’utilizzo dell’oleodotto di oltre 1000 km[95] che connette il centro del Ciad con le città portuali del sud del Camerun[96]. I fatti dicono che dell’ecosistema del Lago Ciad, al regime di Déby, non importa nulla, anche perché la sua gente abita il Nord e l’Est del Paese: lui preferisce delegare ufficialmente la gestione dello sviluppo e della sicurezza dell’area lacustre ai Paesi circonvicini ed all’azione dell’ONU, della FAO e dell’UNESCO[97].

Non sappiamo se pensare che ciò sia un bene o un male. Fatto salvo il fatto che il governo del Camerun è quello che è più attivo ed utile nella lotta per la sopravvivenza del lago, della sua società multietnica e del suo ecosistema, finché a N’Djamena ci sarà un regime egotico e dittatoriale come quello di Déby è impossibile credere che qualcuno faccia qualcosa per il più grande lago pescoso d’Africa. L’impegno occidentale, spesso interessato, non aiuta: se non ci fossero la FAO e le altre agenzie, il Lago sarebbe forse scomparso, e la gente che ci vive intorno sarebbe stata decimata dalle guerre, le malattie e le carestie. Nulla di nuovo sotto il sole: l’Africa, che con le sue immense braccia cinge una colonia apparentemente infinita di luoghi dannati, dove l’ingiustizia regna incontrastata, rischia di rimanere destinata, ancora per lungo tempo, a partorire figli di un Dio minore.

 

 

 

[1] https://eros.usgs.gov/westafrica/ecoregions-and-topography/ecoregions-and-topography-chad
[2] https://www.limesonline.com/cartaceo/i-confini-mobili-del-lago-ciad?prv=true
[3] Churchill Okonkwo, Belay Demoz., “Identifying anthropogenic ‘hotspots’ and management of water resources in Lake Chad Basin using GIS”, in “Journal of Natural Resources Policy Research”, volume 6, Taylor & Francis, London 2014, pages 135–149.
[4] https://link.springer.com/article/10.1007/BF01956304
[5] About the Igbos: John Eberegbulam Njoku, “The Igbos of Nigeria: Ancient Rites, Changes, and Survival”, Lewiston / E. Mellen Press, New York 1990
[6] https://www.britannica.com/topic/Igbo
[7] Frank A. Salamone, “The Hausa of Nigeria”, University Press of America, Lanham (Maryland) 2010
[8] https://books.openedition.org/irdeditions/11685?lang=it
[9] Felix Watang Zieba, Genesis Tambang Yengoh, Abdouraman Tom, “Seasonal Migration and Settlement around Lake Chad: Strategies for Control of Resources in an Increasingly Drying Lake”, MDPI Verlag, Basel 2017 – see also https://www.mdpi.com/2079-9276/6/3/41/htm
[10] https://www.humanitarianresponse.info/sites/www.humanitarianresponse.info/files/assessments/rapport_de_letude_sur_les_conflits_et_mecanismes_de_resolution_des_conflits_a_lextreme-nord_du_cameroun_final.pdf, pages 22-29
[11] http://www.fao.org/emergencies/crisis/lakechadbasin/en/ ; https://www.crisisgroup.org/africa/central-africa/chad/246-fighting-boko-haram-chad-beyond-military-measures
[12] https://www.mdpi.com/2079-9276/6/3/41/pdf
[13] http://www.fondazionepopoli.org/?cat=60
[14] Adrian Room, “African place names”, Macfarland & Company, Jefferson (North Carolina) 1994; Gerald J. Rizzo, “The Patterns and Meaning of a Great Lake in West Africa”, in “Imago Mundi”, volume 58, Taylor & Francis, London 2006, pages 80-89 – see also https://www.jstor.org/stable/40234021?seq=1
[15] Carlos Magnavita, Zakinet Dangbet, Tchago Bouimon, “The Lake Chad region as a crossroads: an archaeological and oral historical research project on early Kanem-Borno and its intra-African connections”, in “Afrique: archéologie, arts”, volume 15, CNRD Edition, Paris 2019, pages 97-110
[16] https://www.newyorker.com/magazine/2017/12/04/lake-chad-the-worlds-most-complex-humanitarian-disaster
[17] https://www.clingendael.org/pub/2018/multilateral-damage/4-chad-a-new-hub-for-migrants-and-smugglers/
[18] https://www.unodc.org/documents/toc/Reports/TOCTAWestAfrica/West_Africa_TOC_MIGRANTS.pdf ; https://www.bbc.com/news/world-africa-17481181
[19] https://issafrica.org/iss-today/chads-illegal-drug-trade-contributes-to-regional-insecurity
[20] https://www.cairn-int.info/article-E_AFCO_255_0093–boko-haram-and-lake-chad.htm#
[21] https://core.ac.uk/download/pdf/207041595.pdf Par. V pag. 10
[22] https://www.un.org/africarenewal/news/un-migration-agency-chad-appeals-funding-assist-stranded-migrants
[23] http://library.fes.de/pdf-files/iez/05423.pdf
[24] https://www.unfpa.org/data/emergencies/chad-humanitarian-emergency
[25] https://www.bbc.com/pidgin/tori-48611626 ; https://www.reuters.com/article/us-cameroon-security-idUSKCN1TD289
[26] https://actucameroun.com/2019/06/14/le-gouvernement-devoile-lidentite-des-16-soldats-tues-par-boko-haram-a-darak/ ; https://www.lefigaro.fr/flash-actu/cameroun-deuil-national-vendredi-pour-17-soldats-tues-par-boko-haram-20190618 ; https://www.parismatch.com/Actu/International/Le-Cameroun-pleure-37-morts-apres-une-des-attaques-les-plus-meurtrieres-de-Boko-Haram-1630224 ; https://www.jeuneafrique.com/787478/politique/cameroun-au-moins-26-morts-apres-une-attaque-de-boko-haram-selon-un-nouveau-bilan/ ; https://www.lefigaro.fr/flash-actu/nigeria-plusieurs-soldats-tues-dans-une-attaque-de-boko-haram-contre-leur-base-20190614 ; https://www.liberation.fr/direct/element/attaque-boko-haram-au-cameroun-dimanche-18-morts-selon-une-force-regionale_98898/ ; https://www.voaafrique.com/a/trente-sept-morts-apr%C3%A8s-une-des-attaques-les-plus-meurtri%C3%A8res-de-boko-haram/4955899.html
[27] https://www.pndp.org/documents/PCD_DARAK.pdf, pages 157-158
[28] https://www.pndp.org/documents/PCD_DARAK.pdf, pages 153-163
[29] https://www.worldwildlife.org/ecoregions/at0904 ; https://wwf.panda.org/?187941/Decade-old-dream-comes-true-for-Lake-Chad ; https://en.unesco.org/news/unesco-commits-safeguarding-lake-chad
[30] https://www.gov.za/documents/constitution-republic-south-africa-1996, Chapter XII
[31] https://www.constituteproject.org/constitution/Cameroon_2008.pdf?lang=en
[32] https://www.humanitarianresponse.info/sites/www.humanitarianresponse.info/files/assessments/rapport_de_letude_sur_les_conflits_et_mecanismes_de_resolution_des_conflits_a_lextreme-nord_du_cameroun_final.pdf, pages 33-46
[33] https://scholarcommons.usf.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=1707&context=jss
[34] https://africasacountry.com/2020/07/the-state-of-lake-chad ; https://en.unesco.org/news/unesco-launches-biopalt-project-safeguard-lake-chad ; https://www.adaptation-undp.org/projects/regional-project-conservation-and-sustainable-development-lake-chad ; https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/multinational-joint-task-force-security-cooperation-lake-chad-basin-25448
[35] https://hausa.leadership.ng/budaddiyar-wasika-zuwa-ga-yan-boko-haram/
[36] http://dbpedia.org/page/Boko_Haram
[37] https://www.britannica.com/topic/Boko-Haram
[38] Jacob Zenn, “Boko Haram’s Conquest for the Caliphate: How Al Qaeda Helped Islamic State Acquire Territory”, in “Studies in Conflict & Terrorism”, volume 43, Taylor & Francis, London 2020, pages 89-122 – see also https://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/1057610X.2018.1442141 ; https://www.gcsp.ch/global-insights/boko-harams-evolving-relationship-al-qaeda ; https://www.wikileaks.org/plusd/cables/09ABUJA2014_a.html ;   https://www.files.ethz.ch/isn/184795/5cf0ebc94fb36d66309681cda24664f9.pdf ; https://web.archive.org/web/20161129233128/http://www.thesundaytimes.co.uk/sto/public/magazine/article1680538.ece
[39] https://www.africanews.com/2015/12/30/9-year-old-nigerian-writes-on-terrorism//
[40] https://www.geopolitica.info/tag/mohammed-yusuf/
[41] https://www.americansecurityproject.org/dont-forget-about-boko-haram-a-2019-update/
[42] https://odihpn.org/magazine/the-evolution-and-impact-of-boko-haram-in-the-lake-chad-basin/ ; https://www.bbc.com/news/av/world-africa-35898319
[43] https://www.statista.com/statistics/271514/global-terrorism-index/
[44] https://www.theguardian.com/world/2015/feb/13/boko-haram-militants-launch-first-attack-inside-chad
[45] https://www.nigrizia.it/notizia/nigeria-decine-di-morti-in-un-attacco-a-gamboru
[46] https://www.nytimes.com/2015/02/14/world/africa/boko-haram-carries-out-first-attack-in-chad.html
[47] https://www.adnkronos.com/fatti/esteri/2015/02/04/truppe-del-ciad-uccidono-oltre-miliziani-boko-haram-nigeria_B6YkamZQhwKPIqmsQdculO.html ; https://www.lastampa.it/esteri/2014/08/31/news/iraq-dopo-due-mesi-rotto-l-assedio-di-amerli-truppe-di-baghdad-nella-citta-dei-turcomanni-1.35628450
[48] https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-8-2015-0185_FR.html
[49] https://www.nytimes.com/2015/02/05/world/africa/boko-haram-pushed-from-nigerian-town-by-chad-military.html
[50] https://www.crisisgroup.org/africa/central-africa/chad/246-fighting-boko-haram-chad-beyond-military-measures
[51] https://www.premiumtimesng.com/news/headlines/219153-dislodged-boko-haram-sambisa-forest-nigerian-army.html
[52] https://www.nationalsecurity.gov.au/Listedterroristorganisations/Pages/islamic-state-west-africa-province.aspx
[53] https://issat.dcaf.ch/Learn/Resource-Library/Policy-and-Research-Papers/Facing-the-Challenge-of-the-Islamic-State-in-West-Africa-Province
[54] https://issat.dcaf.ch/Learn/Resource-Library/Policy-and-Research-Papers/Facing-the-Challenge-of-the-Islamic-State-in-West-Africa-Province
[55] https://conflictstudies.gics.live/wp-content/uploads/2019/04/GICS-Survival-And-Expansion-of-the-Islamic-States-West-African-Province-Full.pdf pag. 14
[56] https://www.sunnewsonline.com/fish-business-in-lake-chad-region-ruined-by-boko-haram/
[57] https://africa-eu-partnership.org/sites/default/files/apf_factsheet_-_mnjtf.pdf
[58] https://knowledge4policy.ec.europa.eu/projects-activities/multinational-joint-task-force-mnjtf-against-boko-haram_en
[59] https://www.thisdaylive.com/index.php/2020/11/17/eu-delivers-equipment-to-mnjtf-to-combat-insurgency/
[60] https://www.crisisgroup.org/africa/west-africa/291-what-role-multinational-joint-task-force-fighting-boko-haram ; https://www.dw.com/en/africa-boko-haram/a-54111131
[61] https://factcheck.afp.com/has-lake-chad-shrunk-nigerias-president-claimed
[62] https://www.ukessays.com/essays/history/civil-war-in-chad-history-essay.php
[63] Michael I. Draper, “Shadows. Airlift and Airwar in Biafra and Nigeria, 1967–1970“, Hikoki Publications, London 1999
[64] https://www.worldbank.org/en/country/chad/overview
[65] https://www.newyorker.com/magazine/2017/12/04/lake-chad-the-worlds-most-complex-humanitarian-disaster
[66] http://hdr.undp.org/en/countries/profiles/TCD
[67] http://www.fao.org/africa/news/detail-news/en/c/426466/
[68] http://www.fao.org/documents/card/en/c/727da49d-2d76-422f-94e9-b062a0f5e945/
[69] https://www.worldbank.org/en/news/feature/2019/12/17/food-security-in-chad-the-successful-involvement-of-refugees-and-host-communities-in-horticulture
[70] https://peacekeeping.un.org/en/mission/past/minurcat/
[71] https://www.worldbank.org/en/news/press-release/2015/04/29/imf-world-bank-debt-relief-chad
[72] https://www.worldbank.org/en/news/press-release/2018/09/13/niger-world-bank-approves-80-million-to-support-refugees-and-host-communities
[73] https://www.nsagriculture.com/news/farmers-in-chad-project/
[74] https://www.imf.org/en/About/Factsheets/Sheets/2016/08/01/16/49/Catastrophe-Containment-and-Relief-Trust
[75] https://www.imf.org/en/News/Articles/2020/04/13/pr20151-imf-executive-board-approves-immediate-debt-relief-for-25-countries
[76] https://www.africaeaffari.it/29963/fondi-europei-per-sahel-e-lago-ciad
[77] http://www.fao.org/in-action/radhort/fr/
[78] http://www.fao.org/in-action/african-roots-and-tubers/en/
[79] http://www.fao.org/in-action/action-against-desertification/countries/en/
[80] http://www.fao.org/in-action/aicca/en/
[81] https://earthleagueinternational.org/2013/03/20/elephants-massacre-in-chad/
[82] Samuel Decalo, “Historical Dictionary of Chad”, The Scarecrow Press, Metuchen (Middlesex, UK), 1987, pages 49-54
[83] Mario Joaquin Azevedo, “The roots of violence: A history of War in Chad”, Routledge, London 2005, pages 9-11
[84] https://web.archive.org/web/20051016093653/http://www.politique-africaine.com/numeros/pdf/016030.pdf
[85] Kevin Shillington, “Encyclopedia of African history”, Routledge, London 2013, pages 227-229
[86] https://www.thedailybeast.com/steve-coll-on-exxonmobils-sinister-kingdom-and-private-empire
[87] https://www.hrw.org/report/2016/06/28/enabling-dictator/united-states-and-chads-hissene-habre-1982-1990
[88] https://www.bbc.com/news/world-africa-36411466
[89] https://www.bbc.com/news/world-africa-18927845
[90] Institut national de la statistique, des études économiques et démographiques du Chad, “Deuxième recensement général de la population et de l’habitat (RGPH2, 2009). Analyse thématique des résultats définitifs. État et structures de la population”, République du Tchad, Ministère du plan et de la coopération internationale, Institut national de la statistique, des études économiques et démographiques, N’Djamena 2014
[91] John Donnelly Fage, Oliver Roland, “The Cambridge History of Africa”, Cambridge University Press, Cambridge 1975, pages 262-290, pages 306-308
[92] https://foreignpolicy.com/2011/03/05/harvard-for-tyrants/
[93] https://www.thenewhumanitarian.org/report/58438/chad-coup-attempt-foiled-government-says ; https://allafrica.com/stories/200609210706.html ; https://www.nbcnews.com/id/wbna23031600
[94] 2014.08.04 Transparency International on Chad
[95] http://www.columbia.edu/itc/sipa/martin/chad-cam/overview.html
[96] 2014.08.04 Transparency International on Chad, pages 7-8; http://www.umich.edu/~snre492/Jones/pipe.htm ; https://web.archive.org/web/20060903020140/http://english.aljazeera.net/NR/exeres/859EF8EC-2F2F-42B7-B06C-2C4FF20C2E42.htm
[97] https://www.giz.de/en/worldwide/33929.html

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