Africa

Italiani, brava gente?

29 Gennaio 2023

Il 27 maggio 1937 il maresciallo Rodolfo Graziani, in quel momento comandante in seconda dell’armata – il capo era il maresciallo Pietro Badoglio – inviata da Mussolini alla conquista dell’Impero etiopico, telegrafava al ministro delle colonie, Alessandro Lessona e, con tanto agghiacciante cinismo quanto poco senso dell’onore, gli comunicava : “Ho ordinato – il destinatario dell’ordine era il generale Pietro Maletti che lo eseguì senza battere ciglio – che fossero passati per le armi 129 diaconi a Debre Brhan, sono rimasti in vita solo 30 ragazzi seminaristi che sono state inviati alle loro case, nei vari paesi dello Scioa [la regione di Adissa Abeba]. In tal modo del convento di Debre Libanòs, da secoli covo di assassini sotto forma di monaci non rimane più traccia”.

Riguardo ai 30 seminaristi sopravvissuti, di cui parlava il maresciallo Graziani, ricordiamo che essi non fecero mai ritorno nelle loro case, i documenti infatti ci informano, che gli stessi vennero deportati in Somalia e internati nel malfamato campo di concentramento di Danane, situato a qualche chilometro dalla città di Mogadiscio.

Quel campo di concentramento era noto per le pessime condizioni in cui vivevano gli internati tanto che si registrava un tasso di mortalità di circa attorno al 49%, in poche parole ci lasciava la pelle un prigioniero su due.

Non può, dunque, meravigliare che ne fosse sopravvissuto solo uno e che, quest’ultimo, tuttavia non volle fare ritorno nel luogo dell’eccidio.

A Debre libranos si consumò, dunque, il più vergognoso massacro, fra i tanti sui quali è calato il velo dell’oblio, di cui si resero responsabili anche le truppe di occupazione italiana in una guerra coloniale che doveva soddisfare il delirio d’onnipotenza del regime fascista.

Con quell’azione scellerata, che al di là delle cifre ufficiali in realtà costò la vita a oltre un migliaio fra religiosi e civili, un fatto realizzato nel luogo più sacro del cristianesimo copto etiope, si dice che il maresciallo d’Italia avesse voluto dare una lezione feroce a chi, a suo giudizio, riteneva responsabile o si era reso complice dell’attentato, perpetrato in danno delle truppe italiane.

Il precedente 27 febbraio sconosciuti avevano, infatti, lanciato bombe nel corso di un raduno di truppe coloniali provocando sette morti e numerosi feriti.

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