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Il Nobel per l’Economia 2019 ci insegna che semplificare aiuta
Sono stati comunicati in settimana i Premi Nobel per l’Economia per il 2019. E la motivazione con cui è stato conferito questo premio agli economisti Abhijit Banerjee, Esther Duflo e Michael Kremer ci insegna qualcosa di semplice. E il messaggio principale è questo: suddividendo problemi complessi in questioni più piccole e quindi gestibili è possibile aumentare l’efficacia di qualsiasi azione di lotta alla povertà globale. E tutto ciò è stato verificato dai tre economisti applicando in maniera diversa l’approccio sperimentale alla lotta contro la povertà globale, con esperimenti mirati sul campo. A giudizio dell’Accademia di Stoccolma il contributo di questi tre ricercatori è stato, quindi, fondamentale per rendere meno astratti i tentativi di eradicare la povertà dal mondo. E’ un tassello di speranza quello diffuso ieri, perché le questioni complesse ci spaventano, mentre quelle circoscritte e frazionabili sono evidentemente più a portata di mano.
La povertà ha radici profonde e interconnesse e sono vari i campi in cui essa può manifestarsi. Prendiamo quello dell’educazione primaria. L’assunto da cui si potrebbe partire è che nei paesi in via di sviluppo il livello di apprendimento è inferiore per mancanza di libri e di un livello di alimentazione non adeguato nelle mense delle scuole. L’approccio sperimentale utilizzato in questo caso è consistito nel dividere la classi in diversi gruppi, fornendo alcuni di essi di maggiori risorse sia in termini di testi scolastici che di razioni alimentari e altri meno, al termine dell’esperimento si è potuto verificare che il rendimento dei ragazzi dei vari gruppi coinvolti era comunque lo stesso, concludendo che non era né la mancanza di libri, né la scarsa alimentazione la causa dello scarso rendimento dei bambini delle scuole coinvolte nel progetto. Il tema della qualità scolastica, si è verificato con successivi esperimenti, è semmai questione di capitale umano, e quindi della capacità degli insegnanti stessi di coinvolgere e passare nozioni ai ragazzi loro affidati.
Ho fatto la tesi di laurea su queste cose, io da giurisperito potevo però pormi solo alcuni problemi di carattere organizzativo e normativo, così andai a verificare se esisteva un organo delle Nazioni Unite che avesse competenze in materia. Erano i primi anni 2000, quelli delle proteste contro il WTO e la Banca Mondiali, e di libri come No Logo di Noemi Klein. Alla domanda che avevo in testa rispose per lettera un professore di Padova. Quell’organo che cercavo esisteva, si chiamava e si chiama Consiglio Economico delle Nazioni Unite (Ecosoc). A quell’epoca non stava benissimo, almeno a giudicare che come veniva descritto nella Carta ONU del 1945 e dalla stato di sostanziale impotenza in cui versava in quegli anni in cui lo stavo studiando e in cui continua ancora oggi a restare.
E ieri leggendo delle motivazioni che hanno portato a conferire il Nobel 2019 per l’Economia a Abhijit Banerjee, Esther Duflo e Michael Kremer mi è tornato a mente quanto avevo approfondito e scritto anni fa. E ho pensato che l’approccio utilizzato dalla Nazioni Unite per affrontare il tema della povertà globale non è poi tanto lontano da quello che sostengono questi tre economisti. Credo che il problema sia proprio concepire oltre che a un approccio sperimentale ai problemi delle diseguaglianze anche un approccio che definirei più programmatico. In questo continuo a pensare che resti valida l’impostazione data dalle Nazioni Unite alla varie agenzie di sviluppo create nel tempo, più o meno una per ogni settore di intervento rispetto al problema dalla tante facce della povertà mondiale. Educazione, infanzia, cultura, telecomunicazioni, salute, lavoro, agricoltura, trasporti, sfido chiunque a negare che ciascuno di questi aspetti non possa avere un impatto sui temi della ricchezza e della povertà delle nazioni. Per ognuno di essi a livello ONU esistono agenzie specializzate che lavorano a progetti di sviluppo nei paesi più arretrati. La presenza di queste agenzie è una incredibile risorsa per lavorare proprio nella direzione indicata dei tre premi Nobel. Servirebbe solo programmarne e coordinarne meglio gli interventi, anche tramite il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite che di mestiere dovrebbe fare proprio questo. Per il resto conviene lasciare la parola all’Accademia svedese e alla motivazione in base alla quale è stato deciso questo Nobel per l’Economia 2019.
“Nonostante i recenti passi avanti uno dei problemi più urgenti dell’umanità è la lotta contro la povertà globale, in tutte le sue forme. Oltre 700 milioni di persone vivono ancora con redditi estremamente bassi. Ogni anno, circa cinque milioni di bambini al di sotto dei cinque anni d’età muoiono ancora per malattie che potrebbero spesso essere prevenute o curate con trattamenti economici. La metà dei bambini del mondo lascia ancora la scuola senza competenze di alfabetizzazione e di calcolo. I vincitori di quest’anno hanno introdotto un nuovo approccio per ottenere risposte affidabili sui modi migliori per combattere la povertà globale. In breve, comporta la divisione del problema in domande più piccole e più gestibili, ad esempio gli interventi più efficaci per migliorare i risultati educativi o la salute dei bambini. Hanno dimostrato che a queste domande più piccole e più mirate, viene spesso fornita una risposta migliore attraverso esperimenti attentamente progettati tra le persone più colpite”.
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