Africa

Il naufragio di Europa

20 Aprile 2015

La coscienza di Europa è agitata, turbata dalla emergenza umana, economica e politica di Africa.

Noi, abitatori dell’Occidente, nati tra Atene e Gerusalemme, non possiamo lasciare che nel Mediterraneo si dissolvano i corpi di chi fugge l’orrore e la fame: la nostra generazione affogherebbe nella colpa di aver lasciato naufragare quel concetto di “essere umano” che da tre millenni ci nutre, ci tiene in piedi di fronte alla nostra coscienza e, comunque, ci mantiene in dialogo con gli Dei che nel nostro mare sono da sempre di casa.

L’ultimo migliaio di esseri umani è morto nel mare dove si intrecciano le nostre radici a poche settimane dal Giorno della Memoria.

Nessuno vuole cogliere in questa prossimità temporale il segno, l’indicazione, l’allarme: i forni di Auschwitz e Birkenau stanno funzionando di nuovo a pieno regime.

Le SS e la Gestapo hanno cambiato divisa, nuovi slogan mobilitano le masse e le vittime che alimentano il sacrificio offerto al benessere, all’unità e alla purezza del popolo di Allemania ieri e a quelli di Europa oggi, non arrivano più in treno ma con carrette del mare. Cambiano i tempi ma  il rito è nella sostanza lo stesso.

Di fronte al trionfo del Nazismo, Adorno scrisse “non c’è più bellezza e conforto se non nello sguardo che fissa l’orrore, gli tiene testa e ritiene le possibilità del meglio.”

È necessario partire da qui: in cosa consistono le possibilità del meglio ?

Da quando il Maestro Baharier mi ha insegnato che “la realtà è simbolica perché la Creazione è generazione di Senso” e Massimo Cacciari che  “l’unico modo per non tacere l’Ineffabile è riconoscerne il mostrarsi“,  mi guardo sempre attorno per riconoscerlo questo benedetto mostrarsi. Ho una particolare simpatia per ciò che sta lì, evidente e invisibile, ad indicarci il senso, a dirci “che fare”.

Che “ritenere le possibilità del meglio” sia,  qui ed ora,  l’ imperativo categorico per Europa è mostrato dal nome di quel padre che in questi giorni è fuggito dall’Italia in Spagna insieme alla piccola figlia. Questo signore ci chiama Amon, come il Demiurgo egizio, il Dio del Fare appunto.

Europa non può fare finta di niente, non può dimenticare quanto appreso negli ultimi 3000 anni di monoteismo: “il tuo prossimo è l’Altro” e “Non fare ad Altri ciò che non vorresti che Altri facesse a te”.

Lasciarti affogare nel mare della fame e dell’orrore, ad esempio.

La questione, evidentemente, non sono i naufraghi… questi sono il sintomo.
La questione è la fame di Africa.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                       Se la fame di cibo e futuro è la condizione di Africa, Europa, sua prossima, ha la responsabilità (letteralmente ‘abilità a rispondere’) di fare quanto necessario per cancellarla questa fame.

Questo vuol dire mettere le menti migliori della nostra generazione, e quella dei nostri figli, a progettare e realizzare manu-militari lo sviluppo sostenibile ( in primis, demografico) di Africa, l’Altro di Europa.

Le possibilità del meglio richiedono il nostro “fare”, fare molto e fare molte cose costose.

Siete pronti a tassarvi, siete disponibili a ridurre il vostro tenore di vita per finanziare questo “fare” per far pace con la vostra coscienza?

E’  tutto qua, Europa. Tutto il resto non è altro che lacrime di coccodrillo.

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