Africa
Il barbiere dei potenti d’Africa
Ogni giorno, dalle 10:00 alle 19:00, Sidya Sagna riceve i suoi clienti in un salone da barba di 12 metri quadri al pianterreno dell’Aftam, il centro di accoglienza per lavoratori africani del tredicesimo arrondissement di Parigi. Sidya Sagna gode di una grande considerazione tra le comunità africane parigine: sotto le sue mani esperte di barbiere sono passati tanti futuri presidenti e dittatori del continente africano. Laurent Gbagbo, Idriss Déby, Amadou Toumani Touré, Ibrahim Baré Maïnassara e tante altre “teste coronate” africane hanno affidato al suo pettine e alle sue forbici la cura della propria capigliatura tanto da farne una leggenda vivente: il barbiere dei potenti d’Africa.
Sidya Sagna ha 76 anni, sfiora il metro e novanta, ha la testa bianca, riccia e crespa, un sorriso sereno e due mani grandi che si muovono tra le chiome dei clienti con lentezza e precisione. Lavora in una stanzetta adattata alla meglio a sala da barba: un lavandino, una poltrona da ufficio regolabile in altezza piazzata davanti a uno specchio, una mensola su cui sono disposti gli attrezzi del mestiere, un vecchio televisore sintonizzato su un canale di video musicali africani, una grande carta geografica del continente africano come quelle che si usano nelle scuole appesa a un muro e, sotto l’Africa, cinque o sei sedie per far attendere i clienti.
Come succede in tutti i barbieri, anche da Sidya si discute del più e del meno e c’è chi è venuto solo per chiacchierare. Nella stanza c’è gran confusione, in tivù ci sono delle ragazze che si agitano su un ritmo rumba, la gente va e viene e le sedie non bastano per tutti, si scherza, si alza la voce, si sente parlare in francese, in inglese e in diversi dialetti africani. Circondato dal caos Sidya Sagna resta tranquillo al suo posto, concentrato a tagliare capelli e radere barbe. Non ama parlare e partecipa alla conversazione multilingue con frasi brevissime e solo se qualcuno glielo chiede. È difficilissimo farsi raccontare la sua storia: «È roba passata», dice il barbiere. Per fortuna, i suoi clienti sono il suo opposto e cominciano il racconto. Loro parlano mentre Sidya Sagna continua a lavorare, tendendo l’orecchio.
La storia del barbiere dei potenti d’Africa comincia a Banjul, la capitale del Gambia, tra i banchi di scuola dove il piccolo Sidya gioca a tagliare i capelli dei suoi compagni. Il ragazzino non smette di esercitarsi fino al liceo, quando finalmente riesce a fare della sua passione un mestiere. «Nessuno mi ha insegnato», assicura Sagna, interrompendo per un attimo il racconto dei suoi clienti, «è stato un dono di Dio». Nel 1973, all’età di trentatre anni, il barbiere decide di lasciare il Gambia per farsi una nuova vita in Europa. All’epoca lo stato francese permetteva ai cittadini delle sue ex colonie l’ingresso nel Paese senza bisogno del visto. Sidya Sagna approfitta dell’occasione e, anche se non conosce il francese, si spaccia per Senegalese e atterra a Parigi. Qui lavora per tre mesi in una profumeria, giusto il tempo di mettere da parte quanto serve per comprare pettini, forbici e rasoi e poi, proprio come aveva fatto a scuola, comincia a tagliare i capelli agli ospiti del centro di accoglienza per lavoratori africani dove l’hanno assegnato.
Le mani di Sidya Sagna sono magiche e la sua fama di barbiere cresce rapidamente tra le comunità africane parigine. Tutti vogliono farsi tagliare i capelli e la barba da lui. Nel 1985, la nomea di questo barbiere prodigioso arriva fino alle orecchie di Laurent Gbagbo, il fondatore del Fronte Popolare Ivoriano che si trova in esilio a pochi chilometri da Parigi. Il futuro presidente della Costa d’Avorio, oggi a giudizio presso la corte penale internazionale dell’Aia per crimini contro l’umanità, decide allora di andare a trovare il barbiere nella sua bottega. Alcuni dei clienti più anziani si ricordano ancora di quel giorno: «Lo vedemmo entrare da quella porta, così, come un tizio qualsiasi. “Buongiorno, è lei il signor Sagna? Vorrei tagliare barba e capelli”».
Passa un po’ di tempo e un colonnello ciadiano in formazione all’École militaire di Parigi varca la porta della barberia. È Idriss Déby, che nel 1990 diventerà presidente del Ciad, un uomo che ancora oggi – dopo innumerevoli tentativi di colpi di stato, accuse di brogli, di corruzione e dell’assassinio di alcuni suoi avversari – regge le redini del suo paese. Nel 1986 è il turno di un altro soldato che si trova a Parigi per motivi di studio, Amadou Toumani Touré, futuro generale dell’esercito maliano e capo di stato fino al 2012. Lo stesso anno Sidya Sagna dona un nuovo look a Ibrahim Baré Mainassara, futuro presidente della Repubblica del Niger, morto ammazzato nel 1999 durante un colpo di stato. Poi è stata la volta del generale senegalese Babacar Gaye, ex capo della missione dell’Onu nella Repubblica Centrafricana, di Babacar Fall, ex direttore generale della compagnia aerea Air Afrique, di Alpha Oumar Konaré, presidente della Repubblica del Mali per due mandati, di Blaise Compaoré, presidente del Burkina Faso dal 1987 al 2014 e di tanti altri.
Come ogni giorno da 43 anni a oggi, dalle 10:00 alle 19:00, Sidya Sagna taglia barbe e capelli circondato dai suoi clienti più affezionati. Degli altri, quelli più illustri, segue le vicende sui giornali e alla televisione. «Capita ancora che qualcuno mandi qui una bella macchina con l’autista per prendere Sidya e accompagnarlo a tagliare i capelli di qualche uomo importante in qualche ambasciata», racconta un suo cliente, «ma è sempre più raro». Il sogno di Sidya Sagna è quello di tornare a Banjul, in Gambia, dove tanto tempo fa ha imparato a usare pettine e forbici. Un sogno che non potrà realizzarsi finché a governare sul paese ci sarà Yahya Jammeh, un uomo che Sidya Sagna non vorrebbe avere tra i suoi clienti.
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