Africa

Di noi due chi è l’uomo di colore? Senegalesi in Italia

23 Marzo 2019

A MIO FRATELLO BIANCO

Caro fratello bianco, quando sono nato ero nero,
quando sono cresciuto ero nero,
quando sto al sole, sono nero.
Quando sono malato, sono nero,
quando io morirò sarò nero.
Mentre tu, uomo bianco, quando sei nato eri rosa,
quando sei cresciuto eri bianco,
quando vai al sole sei
rosso, quando hai freddo sei blu,
quando hai paura sei verde,
quando sei malato sei giallo,
quando morirai sarai grigio.
Allora, di noi due, chi è l’uomo di colore?

(Leopold Sedar Senghor, primo presidente democratico del Senegal dal 1960 al 1980)

 

La tentata strage di Ousseynou Sy, l’autista di Crema, che ha portato in giro un pulmann di bambini con un bislacco piano di denuncia delle morti del Mediterraneo, ha portato alla ribalta dell’attenzione mediatica la comunità senegalese in Italia.

Per altro Sy viene definito da molti “senegalese” ma è nato in Francia e cittadino italiano dal 2004.

Per entrare nel merito di qualche dato, occorre ricordare che la Francia è stata a lungo la principale destinazione europea dei lavoratori senegalesi, ma nel corso degli anni ’90 prima l’Italia e poi la Spagna sono assunte a significative mete di immigrazione.

Alla fine del 2017, il primo paese per numero di soggiornanti senegalesi è l’Italia (97.056), seguita dalla Francia (68.726) e dalla Spagna (61.728).

Per molti giovani senegalesi l’Europa rappresenta una sorta di Eldorado che ne fa un obiettivo assoluto al grido di “Barca mba Barzah” (Barcellona o morte).

Secondo un capo villaggio “se avessimo un’attività che ci permette di sopravvivere, non andremmo da nessuna parte perché è solo la preoccupazione che fa sì che si emigri”.

La crisi economica iniziata nel 2008 e la sostanziale chiusura, anche nel nostro paese, delle opportunità di ingresso per lavoro, ha generato crescenti flussi che sono “misti”, composti da emigranti economici, rifugiati e potenziali beneficiari di protezione internazionale che rappresentano le facce di una stessa medaglia, cioè di un’umanità che intende sottrarsi a condizioni di vita intollerabili, nel caso del Senegal particolarmente legate anche al degrado ambientale.

Le rimesse inviate in Senegal dai migranti in Italia sono in costante crescita e con 309 milioni di euro costituiscono il 6,1% del totale delle rimesse degli immigrati stranieri, mentre la loro presenza raggiunge solo il 2,2% del totale. Il livello di queste rimesse in percentuale sul Pil nazionale ha raggiunto la cifra ragguardevole del 13,7%.

Va detto che le opportunità di successo e le stessi condizioni di vita degli emigranti senegalesi in Europa e in Italia sono drasticamente cambiate negli ultimi tre decenni. Oggi i senegalesi in Italia sono inseriti spesso in modo irregolare nei segmenti più svantaggiati del mercato del lavoro e rappresentano un’importante valvola di sfogo per la domanda insoddisfatta di manodopera per quei lavori, precari e poco qualificati, progressivamente rifiutati dagli italiani, sempre più intensificata grazie alla ristrutturazione economica e alla deregolamentazione del mercato del lavoro.

A marzo 2018 i detenuti senegalesi nelle carceri italiane erano 493 con una percentuale dell’0,48% sul totale dei detenuti italiani.

Dall’osservazione empirica appare che i reati per i quali i senegalesi sono carcerati riguardano in gran parte o la pratica del commercio abusivo (soprattutto ambulante) o la violazione di norme sulla contraffazione.

 

Dati e percentuali sono ricavati da: Centro studi e ricerche IDOS in partenariato con il Centro Studi Confronti, DOSSIER STATISTICO IMMIGRAZIONE 2018 (progetto sostenuto con i fondi del 8 per mille della chiesa valdese).

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