Africa

Come persino la formica Mauritania cambia gli equilibri del mondo

11 Maggio 2021

Sabbia senza fine. Come in un incubo. Un paesaggio nel quale non si distingue nessun punto cui afferrarsi col pensiero, nessuna direzione giusta. Si chiama Mauritania, ed è uno dei paesi più poveri del mondo (157°), poiché qui quasi due terzi della gente vive con meno di 5 dollari in tasca al giorno e non è ancora stata alfabetizzata[1]. Si potrebbe pensare che sia una nazione di cui non importa niente a nessuno, la cui politica estera si limiti ad elemosinare aiuti da paesi più ricchi ed a cercare di evitare conflitti che sarebbero insostenibili, sia socialmente che economicamente.

Ma non è così. In un mondo globalizzato, ogni tassello è insostituibile. Si fa fatica a percepirlo, ma gli squilibri su cui si regge il filo tenue tra pace e guerra tengono conto anche della Mauritania, che è un elemento di pace nella contesa tra il Marocco ed il popolo Sahrawi, che garantisce spazi per l’accoglienza dei profughi di diverse guerre tribali dell’Africa Occidentale, ma soprattutto che sposta l’equilibrio nella guerra fredda che, nell’ultimo decennio, ha trasformato il Golfo Persico in una polveriera.

Ma la Mauritania, a causa della sua estrema povertà e debolezza, è un partner internazionale volubile ed incerto. È un paese che è molto indietro rispetto agli altri paesi africani, teatro di continui colpi di Stato, il cui popolo non ha ancora avuto accesso generalizzato ai diritti che, in Europa, sono irrinunciabili da oltre un secolo. Qui, infatti, hanno bandito la schiavitù nel 1981, in principio, ma solo nel 2007, in Mauritania, tenere un uomo in catene è diventato reato[2]. Nonostante questo, ancora oggi oltre 90000 persone sono schiavi[3]. Per alcuni reati, se si abita fuori città, si viene ancora uccisi con la lapidazione[4]: per apostasia, per blasfemia, per adulterio e per omosessualità[5].

La bilancia commerciale sopravvive grazie alle risorse minerali ed alla pesca (insieme il 90% dell’export), ma si tratta di mercati in continua oscillazione[6]. Appena l’1% del territorio è coltivabile, quindi bisogna puntare tutto sui giacimenti di petrolio e di gas naturale, scoperti in tempi relativamente recenti[7]. La politica la fanno le élite militari, nessun altro è in grado di alzare la voce e protestare, il che rende la Mauritania (anche per investitori stranieri) maledettamente instabile.

Del resto è una nazione che, di per sé, non sarebbe mai esistita, ricavata cucendo insieme i deserti che nessuno voleva dal Marocco, l’Algeria, il Senegal ed il Mali. Un territorio immenso, grande due volte la Spagna, nel quale vivono solo 4 milioni e mezzo di persone, che si accalcano sui 755 km di costa atlantica o nei pressi del fiume Senegal, a sud, dove i monsoni, per buona parte dell’anno, rendono possibile la pastorizia e l’orticoltura[8].

Ovvio che, in tali condizioni, le popolazioni che incidono sul territorio siano tante e siano nomadi, e siano in eterna lotta tra loro – come i berberi e gli arabi che, dopo la caduta dell’Impero Romano, verranno qui a trucidare i Bafour ed i Soninke originali[9]. Parliamo di un tempo in cui il deserto del Sahara era meno di un terzo di quello attuale e c’erano ancora campi e bestiame da spartirsi, ma nei secoli successivi il peggioramento delle condizioni generali ha anche accompagnato un aumento della litigiosità interetnica[10], il cui fine ultimo era rendere villaggi in schiavitù e guadagnare vendendo ai mercanti europei o arabi[11].

La vorticosa giostra del potere

II 28 novembre 1960 il presidente Moktar Ould Daddah proclama l’indipendenza della Mauritania[12]
La colonizzazione francese è tarda (seconda metà del XIX secolo): dal 1854 il generale Louis Faidherbe procede con una sottomissione progressiva di tutti i territori e nel 1904 impone il protettorato[13], ma nemmeno questo placa la violenza fra le tribù. Nel 1958, con un referendum[14], viene ottenuta l’autonomia, e nel 1960 la repubblica islamica di Mauritania acquisisce l’indipendenza.

Parigi è contenta: fino al 1966 mantiene 3000 soldati nelle basi militari in Mauritania, e fino al 1974 vende armi ed istruzione militare al governo di Moktar Ould Daddah[15]. Non appena i francesi liberalizzano il mercato delle armi, i colpi di Stato si succedono al ritmo di uno ogni due anni, fino alla vittoria militare di Maaouya Ould Sid’Ahmed Taya che, tra il 1984 ed il 2003, riuscirà a tenere insieme un regime dittatoriale e violento – dopo il suo assassinio, la giostra riprende, finché, nel 2008, il potere viene preso da Mohamed Ould Abdel Aziz.

A partire dagli anni 70, però, nella regione si presenta un nuovo attore: il popolo Sahrawi, composto da tribù di nomadi berberi che, al contrario delle decine di entità sparse per il deserto del Sahara, si percepisce e vive come un’unica etnia ed un unico Stato nazionale[16] – e, per motivi di interesse geopolitico, combatte ancora oggi per ottenere una terra che possa dir propria[17], anche perché quella che rivendica, nel sud del Marocco, è ricchissima di fosfati, e Rabat non ha nessuna intenzione di cederla[18].

È il Fronte Polisario a decretare la fine del primo presidente, scatenando una guerra organizzata, culminata con il bombardamento di Nouakchott[19]. Fino agli inizi di questo secolo, il Fronte Polisario, braccio armato del popolo Sahrawi, ha preso parte a tutte le guerre civili della Mauritania, partendo dal presupposto di sentirsi comproprietario della nazione[20]. Solo negli ultimi anni, i Sahrawi, che sanno bene che il trattamento loro riservato in Mauritania sia migliore della persecuzione da parte dei marocchini, sono divenuti un elemento di stabilità del paese[21].

L’altro momento di stabilità viene con la dittatura di Maaouya Ould Sid’Ahmed Taya, che introduce il multipartitismo, ma in una situazione in cui la segreteria personale del presidente sceglie gli organi elettorali, proibisce la stampa dissenziente, usa i soldi dello Stato come fossero propri, e quindi, paradossalmente, contribuisce molto alla creazione di una coscienza popolare comune, che trova uno sfogo nelle proteste del 1994 e del 1996[22], quando il dittatore viene pubblicamente accusato di frode[23]. Maaouya Ould Sid’Ahmed Taya nel 2003 resiste ad un tentato assassinio[24], ma nel 2005 cede di fronte all’ammutinamento del Consiglio Militare per la Giustizia e Democrazia (MCJD), guidato dal colonnello Ely Ould Mohamed Vall[25]: un fidato uomo di Taya, da lui nominato nel 1987 a capo delle forze di sicurezza[26].

Vall offre segnali incoraggianti: amnistia a favore dei detenuti per crimini politici; scadenza biennale per le elezioni; nel 2006 indìce un referendum popolare sulle riforme costituzionali, ampiamente accolte, una tra le quali la limitazione a due mandati del Presidente, mandati che non saranno più di sei anni ma di cinque[27]. Un fatto ancora più importante: durante il suo governo Mohamed Valli riesce ad allacciare importanti rapporti diplomatici con gli Stai Uniti e mantiene quelli già avviati in precedenza con Israele[28]. La Mauritania diventa uno dei pochissimi paesi musulmani a schierarsi apertamente dalla parte di Tel Aviv.

Il Fronte Polisario affonda le sue radici negli anni ’70, quando fu formato per opporsi al colonialismo spagnolo

Questa scelta di campo di politica internazionale sopravvive anche al fatto che, nel 2007, Vall perde le elezioni, vinte da Sidi Ould Cheikh Abdallahi[29], il primo Presidente eletto democraticamente in Mauritania. E’ il segnale di un grandissimo successo a livello globale: il National Democratic Insitute for International Affairs (NDI)[30], che ha presenziato alle operazioni di voto, scrive nelle conclusioni del proprio rapporto che, pur trovandosi ancora in una realtà di grande fragilità, la Mauritania ha comunque vissuto per la prima volta un reale confronto democratico, evento che segna una importante svolta storica[31].

Gli anni di Mohammed Ould Abdel Aziz

Il generale Ould Abdel Aziz, davanti al palazzo presidenziale il 7 agosto 2008, il giorno successivo al colpo di Stato da lui organizzato

Questo crea un problema nel Golfo Persico, dove è in ascesa la stella di Mohammed bin Zayed Al-Nahyan e vengono combattuti tutti coloro che si oppongono alla grande alleanza, per cui Vall ed il suo successore, Sidi Ould Cheikh Abdallahi, sono considerati alla stregua di nemici per il solo fatto di avere buone relazioni con la Fratellanza Musulmana, l’Iran, la Turchia ed il Libano. Dopo quindici mesi, il generale Mohamed Ould Abdel Aziz, amico degli Emirati Arabi, depone il presidente con un colpo di Stato, cancella le istituzioni democratiche e promette una svolta sulla politica internazionale[32]. A partire dal 2009, il principale avversario del regime sarà il Tewassoul Party, strettamente collegato con i fratelli musulmani[33].

Mohamed Ould Abdel Aziz nasce nel dicembre del 1956 ad Akjoujt, una piccola città nella Mauritania occidentale nota per le sue miniere di rame e di oro[34]. Moro “bianco” di una tribù guerriera arabo-berbera, Oulad Bou Sbaa (letteralmente “figlio di leoni”)[35], passa gran parte della sua infanzia in Senegal e poi, a 20 anni, entra nell’Accademia Militare di Meknes in Marocco – paese che all’epoca era un alleato della Mauritania contro i Sahrawi – assume il nome musulmano Abdel Aziz ed ottiene il grado di Tenente di Fanteria. Tra il 1981 e il 1982 studia in Algeria per poi scalare i ranghi dell’esercito[36]. Dal 12 dicembre 1984 diventa aiutante di campo del presidente, il Colonnello Maaouiya Ould Sid’Ahmed Taya, ed ottiene la possibilità di seguire diverse scuole importanti, fino a conseguire i gradi di Capitano[37].

Nel 1987 Taya incarica Ould Abdel Aziz di organizzare il Bataillon de la Sécurité Présidentielle (BASEP)[38], un élite militare composta da almeno 500 uomini con la funzione di proteggere il Capo di Stato. Ufficialmente il gruppo fa capo al Ministero della Difesa, ma in pratica prende gli ordini direttamente dal Presidente[39]. Nel 1991 è già Comandante di Battaglione presso lo Stato Maggiore dell’Esercito e, dopo le contestatissime elezioni avvenute nel gennaio del ’92, dove Taya viene eletto Presidente, frequenta la Scuola dello Stato Maggiore di Kenitra, in Marocco, per guadagnarsi l’incarico nel 1994 di vice-comandante della sesta Regione Militare[40].

Il Capitano diviene sempre più un riferimento insostituibile per Sid’Ahmed Taya, specie dopo aver sventato il colpo di Stato del 2003 ed aver represso efficacemente le cospirazioni antigovernative del 2003 e del 2004[41]. Per questo sarà insignito con la medaglia al merito di Comandante dell’Ordine Nazionale e si guadagnerà i gradi di Colonnello[42]. Ma il 3 agosto 2005 il colonnello Ould Abdel Aziz ed il colonnello Ely Ould Mohamed Vall (che sono cugini carnali[43]) dichiarano deposto il presidente in carica durante una riunione dello Stato Maggiore dell’esercito. Nessuno protesta, nessun colpo viene sparato, nessuno viene incarcerato o torturato[44].

Ould Abdel Aziz, nel settembre 2007, viene nominato Comandante dello Stato Maggiore della Presidenza della Repubblica, nel gennaio 2008 conquista il grado di Generale e ottiene la riconferma della propria guida nel BASEP e, per la prima volta, si affaccia alla ribalta internazionale[45]. E lo fa incontrando Mohamed Bin Zayed Al-Nahyan, ministro della difesa degli Emirati Arabi Uniti e uomo al centro del disegno di potere che coinvolge Dubai con Riyadh ed alcune capitali del Golfo Persico, contro Iran, Turchia, Qatar e Fratellanza Islamica – che, in Mauritania, sta dalla parte della democrazia ed è quindi un ostacolo alle mire di Ould Abdel Aziz)[46].

Le truppe fanno la guardia dopo aver occupato la radio di stato durante il colpo di stato del 2008[47]
La stagione che segue sarà un inferno: l’intensificarsi degli attentati terroristici di Al Qaeda, entrate petrolifere molto inferiori alle attese, un forte rincaro dei prezzi dei generi alimentari, il contrabbando e la corruzione sempre più fuori controllo stimolano il malcontento popolare[48], tumulti in strada e liti nei palazzi della politica sconvolgono l’intero panorama politico[49].

In questo clima il Governo, tre giorni dopo il terzo anniversario del colpo di stato del 2005, annuncia un’ampia ristrutturazione degli apparati militari e della sicurezza: senza alcuna spiegazione, Abdallahi fa dimettere Abdel Aziz da comandante del BASEP, Mohammed Ould Ghazouani da Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Félix Négri da Capo di Stato Maggiore della Guardia Nazionale e Ahmed Ould Bekrine da Capo di Stato Maggiore della Gendarmeria Nazionale[50].

La risposta dei quattro generali estromessi, appoggiati dal colonnello Mohammed Ould Hady, direttore generale della sicurezza nazionale, è fulminea: la mattina del 6 agosto 2008, le truppe della Guardia Presidenziale guidate dal Generale Abdel Aziz circondano il palazzo presidenziale, l’ufficio del primo ministro, l’emittente statale e bloccano gli accessi all’aeroporto internazionale[51]; poi arrestano il presidente Sidi Ould Cheikh Abdallahi, il primo ministro Yahya Ould Ahmed el-Waghef e il ministro degli interni Mohamed Ould R’zeizm[52]. Con una breve dichiarazione alla TV viene annunciato il trapasso di poteri ad una commissione composta esclusivamente da alti ufficiali militari[53].

Il colpo di Stato viene condannato quasi ovunque: gli Stati Uniti che, assieme all’Unione Africana, sollecitano il rilascio dei leader della Mauritania imprigionati; la UE minaccia di interrompere gli aiuti. La condanna arriva anche dalle potenze regionali del Sud Africa e della Nigeria[54]. Non ricevendo risposte soddisfacenti dal nuovo Governo, si passa ai fatti: gli Stati Uniti sospendono le sovvenzioni della Millennium Challenge Corporation e l’assistenza alla sicurezza; l’Unione Africana sospende l’adesione alla Mauritania e estende le sanzioni; nell’aprile dello stesso anno l’Unione Europea, sotto la guida francese, sospende per due anni le sue missioni di aiuto; anche i progetti di sviluppo della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale vengono interrotti[55].

Il nuovo leader ha in tasca le promesse di Abu Dhabi, e cerca di convincere tutti di essere un democratico, candidandosi alle prossime presidenziali, che si terranno nei tempi dovuti: il 30 maggio 2009, con un eventuale secondo turno provvisoriamente fissato per il 13 giugno[56]. La risposta politica è durissima: Ahmed Ould Daddah, capo del Rally of Democratic Forces (RFD), che comprende la Fratellanza Islamica e l’ex presidente Abdullahi, contesta la legalità della candidatura di Ould Abdel Aziz – la costituzione vieta la candidatura dei militari – e minaccia di boicottare le elezioni. La reazione di Abdel Aziz: rassegna le dimissioni dagli incarichi militari[57].

Cedendo alle pressioni internazionali, Abdel Aziz e le opposizioni raggiungono un accordo a Dakar per rinviare le elezioni al 18 luglio e far subentrare un governo di unità nazionale durante la transizione, che prevede 26 incarichi ministeriali condivisi tra i sostenitori della giunta e dell’opposizione[58]. Moulay Ould Mohamed Laghdaf viene quindi nominato Primo Ministro[59].

Mohamed Ould Abdel Aziz (sinistra) e Mohammed Bin Zayed Al-Nahyan (destra)

Da quel momento Abdel Aziz entra in campagna elettorale, girando nelle aree più povere e socialmente degradate (lo si vedrà spesso nei kebe, le baraccopoli di Nouakchott, al punto che per tutti lui diventerà “il Presidente dei poveri”[60]), promettendo nuove scuole, ospedali e strade[61]. Abdel Aziz vince già al primo turno, ottenendo il 52,6% delle preferenze[62]. Tutto si svolge sotto l’occhio vigile di una Commissione Indipendente composta dall’Unione Africana, la Lega Araba, la International Organisation of the Francophonie e l’Organizzazione della Conferenza Islamica: la Commissione respingerà le accuse di brogli delle opposizioni dichiarando le elezioni in gran parte eque[63].

Il risultato delle elezioni ha come immediata conseguenza il ripristino degli accordi internazionali: la NATO riavvia con la Mauritania i suoi programmi sulla sicurezza, l’Unione europea revoca le sanzioni e riprende i suoi programmi di assistenza ed anche L’FMI si accoderà agli altri nel settembre dello stesso anno[64]. Il nuovo presidente deve affrontare un miscuglio di estremisti violenti regionali e locali, il cui  numero è lievitato negli ultimi anni[65], e lo fa alimentando dibattiti politici costruttivi tra le varie etnie, l’istituzione di tribunali speciali ed il rafforzamento della sicurezza con forze di polizia ed esercito ben addestrati[66]: una strategia che avrà un discreto successo, soprattutto sul fronte della violenza jihadista[67].

Anche sul piano economico Abdel Aziz sembra collezionare – almeno rispetto ai suoi predecessori che riuscivano a presentare conti macroeconomici addirittura falsificati[68]-  dei buoni risultati. In totale rottura con la gestione Taya, si prodiga in riforme anche piuttosto complesse, come la riorganizzazione del Ministry of Economic Affairs and Development (MAED)[69]. Nel 2013 l’economia segna una crescita del 6,3% e raggiunge un sostanziale equilibrio della bilancia commerciale[70], cosa che lo presenterà positivamente alle elezioni presidenziali del 2014, disputa che vincerà a mani basse con l’81,89% dei voti[71]. Nel settembre successivo istituisce un Comitato nazionale per la lotta alla corruzione e alla cattiva gestione (CNLCG) per rinnovare l’impegno contro la corruzione dilagante[72].

La questione sociale rimane però sostanzialmente irrisolta: disoccupazione, povertà diffusa, discriminazioni di genere, violazioni dei diritti umani, l’annosa questione della schiavitù, una conduzione dispotica, autocratica di un uomo che scavalca ogni istituzione imponendosi con la sua onnipresenza in ogni settore… tali aspetti fanno di questo paese un luogo molto lontano da una democrazia moderna[73].

Nel 2017 Abdel Aziz, non essendo riuscito ad ottenere l’appoggio del parlamento per ulteriori riforme, indice un referendum. Le modifiche sono importanti: L’Alta Corte di giustizia, l’Alto Consiglio islamico e il Difensore civico della Repubblica verrebbero integrati in un’unica istituzione, il Consiglio supremo della Fatwa – una novità clamorosa, che pone il controllo della giustizia nelle mani della religione islamica[74]. Malgrado i tentativi di boicottaggio da parte delle opposizioni il referendum è un successo: un’affluenza del 53,73%, una vittoria del SI con l’85% dei consensi[75]. Nel 2019 non si ricandida, accettando i limiti imposti dalla legge, ma l’uomo da lui sponsorizzato, l’ex ministro della difesa Ould Ghazouani, diventa il nuovo presidente con il 52% dei voti, assicurando la continuità del regime[76]: lui ed Abdel Aziz hanno frequentato insieme l’Accademia a Meknes e sono l’uno il miglior amico dell’altro[77].

La fine dell’era di Abdel Aziz

Le operazioni di voto del referendum costituzionale dell’agosto del 2017

All’inizio, tutti considerano il nuovo presidente un fantoccio. Abdel Aziz è colui che ha il controllo delle relazioni internazionali e, quindi, dei cordoni della borsa[78]. I suoi alleati del Golfo Persico gli sono leali, ma in cambio Ould Abdel Aziz deve impegnarsi su fronti scomodi, come quello della Libia, dove si trova dalla parte degli avversari dell’Unione Europea e della maggior parte degli stati africani[79]. Ciò provoca un’inattesa reazione del presidente Mohamed Ould Cheikh El Ghazouani che, nell’estate del 2020, annuncia un improvviso rimpasto di governo estromettendo Ould Abdel Aziz, divenuto Primo Ministro, dal suo incarico, alla luce dei risultati di un rapporto della commissione parlamentare d’inchiesta (PIC)[80], incaricata di far luce sul periodo del Governo Aziz[81].

Nel rapporto di 800 pagine, nelle quali si accusa Ould Abdel Aziz di aver condotto diverse operazioni illegali[82], si parla di illeciti riguardanti l’appalto di 109 progetti per un valore di 1,4 miliardi di dollari, come la gestione personalistica dei proventi del petrolio, la vendita di proprietà statali a Nouakchott, le attività della compagnia di pesca cinese Pully Hong Dong[83] e la liquidazione di una società statale che forniva prodotti alimentari in tutto il paese[84]. Oltre all’ex presidente, nei reati sono coinvolti numerosi funzionari che, ascoltati dagli inquirenti, confermeranno le accuse, dichiarando di aver agito secondo le istruzioni di Ould Abdel Aziz[85].

Mohamed Ould Abdel Aziz con suo figlio Bedrn, proprietario della fondazione “Rahma de Bienfaisance” posta sotto indagine per riciclaggio di denaro pubblico

Le confessioni degli accusati generano un’apocalisse: vengono sequestrati i passaporti all’ex premier Yaya Ould Hademine, all’ex amministratore generale della Société Nationale Industrielle et Miniere (SNIM) Mohamed Abdallah Ould Oudaa – società gestita dallo Stato –  e all’ex ministro dell’urbanizzazione e attuale amministratore delegato delle aviolinee nazionali Mauritanie Airlines Internationale, Amal Mint Maouloud[86].

Pochi giorni dopo, il 17 agosto, l’ex Presidente Ould Abdel Aziz viene arrestato con l’accusa di corruzione ed appropriazione di risorse pubbliche[87] e poi rilasciato dietro pagamento di una cauzione, anche se il suo passaporto rimane sotto sequestro[88]. Anche Bedr Ould Mohamed Abdel Aziz, figlio dell’ex presidente Mohamed Ould Abdel Aziz, finisce sotto inchiesta con l’accusa di riciclaggio: Bedr e la fondazione “Rahma de Bienfaisance” sono sospettati di aver usato soldi pubblici per scopi privati, il che porta al sequestro delle loro proprietà, compresi i camion appartenenti alla fondazione[89].

Nel dicembre Ould Abdel Aziz è costretto ad abbandonare la guida del partito che aveva fondato, l’Unione per la Repubblica[90]. Riserva parole di fuoco per El Ghazouani ed il suo governo, lamentando di essere vittima di “un regolamento di vecchi conti”[91] e che “i corrotti sono tornati al potere e si presentano oggi come combattenti della corruzione”[92] grazie ad un “golpe morbido”[93]: i fondi statali stanziarti per la presidenza sono aumentati con Ghazouani dell’88% e quelli destinati al parlamento del 30%, sicché ogni parlamentare ha ricevuto 250.000 ouguiya (circa 6 mila euro) all’anno per accettare le tesi della commissione investigativa[94].

A marzo di quest’anno, il procuratore generale Ahmedou Ould Abdallah[95] chiede nuovamente la custodia preventiva per Ould Abdel Aziz, due ex primi ministri, cinque ex ministri del governo e quattro uomini d’affari[96]. L’agenzia di stampa AFP riferisce che le accuse contro l’ex presidente sono numerose e includono riciclaggio di denaro, appropriazione indebita e ostruzione alla giustizia[97]. Il motivo: il processo si avvicina – mentre scriviamo Ould Abdel Aziz è in libertà vigilata ed è obbligato a presentarsi in polizia tre volte a settimana[98].

Nel frattempo, il nuovo presidente ha iniziato ad occuparsi della politica estera del suo paese. La prima decisione è stata quella di interrompere i legami esclusivi con gli Emirati Arabi Uniti e con l’Arabia Saudita, e cercare sostegno e consiglio in seno all’Unione Europea, all’Unione Africana ed alle Nazioni Unite[99], iniziando un progetto di apertura della Mauritania dopo un’eternità di chiusura su sé stessa – una scommessa che gli auguriamo di vincere.

Mauritania, un Paese fragile e dal futuro incerto

In oltre il 50% dei villaggi l’acqua potabile viene ancora portata, una volta alla settimana, dalle ONG internazionali

Secondo l’analisi “Cadre Harmonisé” del marzo 2021, si stima che in Mauritania circa 196.000 persone avranno bisogno di assistenza alimentare durante il periodo marzo-maggio 2021 con un aumento a 457.000 durante la stagione secca (giugno-agosto 2021)[100]. La persistenza dei conflitti civili nel Mali ha poi come conseguenza una penetrazione di un alto numero di rifugiati in Mauritania: secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), nel paese sono attualmente presenti oltre 70’500 sfollati senza nulla tranne fame e sete[101].

La nuova presidenza aveva portato con sé delle speranze, grazie ad una flebile crescita economica, ma la pandemia ha causato, in un solo anno, una contrazione del 2,2%,e le cose peggiorano, visto che il disavanzo commerciale è cresciuto dall’8% all’11% circa del PIL[102]. Le numerose riforme in corso in alcuni comparti come l’agricoltura e nel settore imprenditoriale, come l’aumento della produzione nel settore estrattivo a seguito dell’espansione delle miniere d’oro, potrebbero contribuire a mitigare una situazione veramente difficile[103], ma tutto ciò dipende da troppe variabili per loro natura imprevedibili ed incerte, come la siccità, le questioni politiche, i conflitti sociali.

Tutto ciò rappresenta un mix avvelenato che fa della Mauritania un paese fortemente dipendente dagli aiuti umanitari e dai finanziamenti esteri: secondo Financial Tracking Service il Paese ha usufruito, soltanto nell’anno 2020, di donazioni dalle varie organizzazioni internazionali (tra cui FMI, ADB, UE e Banca Mondiale) per quasi 76 milioni di dollari[104] – ovvero il 4,5% del PIL[105]. Sul fronte dei diritti umani, episodi di violenza da parte di funzionari di stato, arresti arbitrari, torture, maltrattamenti, condizioni carcerarie disumane, abusi sessuali, forti limitazioni nella libertà d’espressione, di religione, di riunione o associazione, oltre alla tremenda piaga della schiavitù, sono aspetti ancora persistenti[106].

Eppure, in 18 mesi, questa formica ha spostato gli equilibri nella diatriba in seno al mondo arabo – in direzione della pace. Spesso basterebbe così poco per affrontare e risolvere problemi che sembrano così immensi. Per dare fiducia e forza ad una nuova Mauritania non serve molto – meno dell’impegno necessario per sostenere la pace armata in Medio Oriente. Pochi milioni di dollari spesi bene, e dal deserto potrebbero fiorire uomini e donne liberi – dalla schiavitù, dalla violenza, dalla fame.

 

 

 

[1] https://santandertrade.com/en/portal/analyse-markets/mauritania/economic-outline ; https://www.macrotrends.net/countries/MRT/mauritania/poverty-rate ; https://www.infomercatiesteri.it/quadro_macroeconomico.php?id_paesi=150# ; https://www.cia.gov/the-world-factbook/countries/mauritania/
[2] http://news.bbc.co.uk/2/hi/africa/6938032.stm
[3] https://www.globalslaveryindex.org/2018/findings/regional-analysis/africa/
[4] https://www.amnesty.org/en/latest/news/2021/04/death-penalty-in-2020-facts-and-figures/#:~:text=Only%20two%20countries%2C%20USA%20and,death%20sentences%20in%20the%20region.&text=In%20Asia%2DPacific%20Bangladesh%2C%20China,carried%20out%20executions%20in%202020.
[5] https://www.ecoi.net/en/document/2043672.html
[6] https://www.infomercatiesteri.it/quadro_macroeconomico.php?id_paesi=150#
[7] https://www.offshore-technology.com/comment/current-market-impacts-mauritania-senegal-oil-gas/
[8] https://www.worldometers.info/world-population/mauritania-population/
[9] https://books.google.it/books?id=SPBfnT_E1mgC&pg=PA35&lpg=PA35&dq=bafur+mauritania&source=bl&ots=uIcgv9Qd1n&sig=ACfU3U2hHt2JZikoP-YZCtp7Wd3jG9fGng&hl=en&sa=X&ved=2ahUKEwiBxIiFhpnwAhXM_qQKHUqxCakQ6AEwEnoECA0QAw#v=onepage&q=bafur%20mauritania&f=false “Ethinc Group Of Africa And The Middle East” – Jhon A. Shoup – 2011 – Pag 35
[10] https://www.everyculture.com/Ma-Ni/Mauritania.html
[11] https://www.worldatlas.com/articles/what-is-the-ethnic-composition-of-mauritania.html#:~:text=The%20population%20of%20Mauritania%20is,while%20the%20Haratins%20are%2040%25.
[12] https://www.jeuneafrique.com/1081985/politique/le-jour-ou-le-premier-president-de-la-mauritanie-mokhtar-ould-daddah-sest-confie-a-jeune-afrique/
[13] https://biography.yourdictionary.com/louis-leon-cesar-faidherbe
[14] https://en.linkfang.org/wiki/1958_Mauritanian_constitutional_referendum
[15] https://uca.edu/politicalscience/dadm-project/sub-saharan-africa-region/mauritania-1960-present/ ; https://amp.it.what-this.com/1306218/1/moktar-ould-daddah.html
[16] https://www.theguardian.com/world/2013/jul/16/women-western-sahara-independence-morroco ; https://www.theguardian.com/global-development/gallery/2015/nov/21/desert-schools-sahrawi-refugee-camps-morocco-western-sahara-in-pictures
[17] http://news.bbc.co.uk/2/hi/africa/3208012.stm
[18] https://www.msn.com/en-us/news/world/fighting-in-morocco-may-present-biden-with-fresh-africa-crisis-amid-covid-surge/ar-BB1b1Yfg
[19] https://www.britannica.com/topic/Polisario-Front ; https://www.files.ethz.ch/isn/164495/pub1152.pdf ; Geoffrey Jensen, “War and Insurgency in The Western Sahara” ,2013 – pag.37
[20] Zekeria Ould Ahmed Salem, “Mauritania: A Saharan Frontier State”, in “Journal of North African Studies“, Vol. 10, No. 3-4, Routledge, London 2005
[21] 2021.03.22 CountryWatch on Mauritania
[22] http://archive.ipu.org/parline-e/reports/arc/2207_96.htm
[23] https://2009-2017.state.gov/j/drl/rls/hrrpt/2000/af/855.htm
[24] https://www.voanews.com/archive/mauritania-puts-down-coup-attempt-2003-06-08
[25] https://www.theguardian.com/world/2005/aug/03/1
[26] https://reliefweb.int/report/mauritania/military-junta-mauritania-names-new-head-state
[27] https://www.britannica.com/place/Mauritania/History#ref941397
[28] https://www.refworld.org/docid/473c5576c.html
[29] https://www.electionguide.org/elections/id/2036/
[30] https://www.ndi.org/
[31] https://www.ndi.org/sites/default/files/2376_report_engpdf_09152008.pdf  “2007 Mauritanian Presidential Election an Assessment Mission Report” – National Democratic Institute for International Affairs (NDI) 2007 – pag. 16
[32] https://carnegieendowment.org/2008/08/14/mauritania-s-coup-domestic-complexities-and-international-dilemmas-pub-20392
[33] https://www.bna.bh/AboutBNA.aspx?cms=iQRpheuphYtJ6pyXUGiNqladb1RZ0e3I ; https://web.archive.org/web/20141006074045/http://www.bna.bh/portal/en/news/609752 ; https://www.aa.com.tr/en/archive/bahrain-fm-reiterates-stance-on-muslim-brotherhood/172889
[34] https://abidjan.net/qui/profil.asp?id=790
[35] https://www.cidob.org/biografias_lideres_politicos/africa/mauritania/mohammed_ould_abdelaziz
[36] https://www.cidob.org/biografias_lideres_politicos/africa/mauritania/mohammed_ould_abdelaziz
[37]  “Ingerences étrangères dans les crises politiques en Guinée et en Mauritanie de 2008 à 2013” – Darlane Mengue <> M’Engouang – 2017 – pag. 136
[38] https://www.dcaf.ch/sites/default/files/publications/documents/BrydenN%E2%80%99DiayeENGLISH.pdf “Security Sector Governance in Francophone West Africa: Realities and Opportunities” –  Alan Bryden and Boubacar N’Diaye (Eds) –  pag. 157
[39] http://www.smallarmssurvey.org/fileadmin/docs/B-Occasional-papers/SAS-OP24-Mauritania-FR.pdf “Armes légères et sécurité en Mauritanie” – Stéphanie Pézard avec Anne-Kathrin Glatz – 2010 – page 32
[40] https://www.cidob.org/biografias_lideres_politicos/africa/mauritania/mohammed_ould_abdelaziz
[41] “Historical Dictionary of Mauritania” – 2008 – Anthony G. Pazzanita
[42] cidob.org/biografias_lideres_politicos/africa/mauritania/mohammed_ould_abdelaziz
[43] https://media.africaportal.org/documents/The-Legacy-of-Mauritania-Colonels-2016.pdf “The Legacy of Mauritania’s Colonels: West Africa’s Next Crisis?” – Boubacar N’Diaye Ph.D –  2016 – Page 16
[44] https://www.cairn.info/revue-politique-etrangere-2005-4-page-809.htm
[45] https://www.google.it/books/edition/Ing%C3%A9rences_%C3%A9trang%C3%A8res_dans_les_crises/oVR2DgAAQBAJ?hl=en&gbpv=1&dq=Oulad+bousbaa+trib%C3%B9&pg=PA136&printsec=frontcover “Ingerences étrangères dans les crises politiques en Guinée et en Mauritanie de 2008 à 2013” – Darlane Mengue <> M’Engouang – 2017 – pag. 137
[46] 2009.11.05 Mauritanian President Meets UAE FM; 2009.11.05 Mauritanian President and Sheikh Abdullah discuss bilateral ties; 2009.09.18 His Majesty exchanges Eid greetings with Arab and Islamic leaders
[47] https://www.bbc.com/news/world-africa-13882166
[48] https://www.aljazeera.com/news/2008/8/21/mauritanias-coup-in-the-making
[49] “The Legacy of Mauritania’s Colonels: West Africa’s Next Crisis?” – Boubacar N’Diaye Ph.D –  2016
[50] https://carnegieendowment.org/2008/08/14/mauritania-s-coup-domestic-complexities-and-international-dilemmas-pub-20392
[51] https://www.aljazeera.com/news/2008/8/7/coup-leaders-vow-mauritania-vote
[52] https://carnegieendowment.org/2008/08/14/mauritania-s-coup-domestic-complexities-and-international-dilemmas-pub-20392
[53] https://carnegieendowment.org/2008/08/14/mauritania-s-coup-domestic-complexities-and-international-dilemmas-pub-20392
[54] https://www.aljazeera.com/news/2008/8/7/coup-leaders-vow-mauritania-vote
[55] https://www.iemed.org/anuari/2010/aarticles/Fakir_Boucek_Mauritania_en.pdf page 2
[56] https://www.iemed.org/anuari/2010/aarticles/Fakir_Boucek_Mauritania_en.pdf
[57] https://www.iemed.org/anuari/2010/aarticles/Fakir_Boucek_Mauritania_en.pdf
[58] http://www1.rfi.fr/actufr/articles/114/article_81646.asp
[59] https://www.france24.com/en/20090812-president-aziz-confirms-pm-appoints-new-government-
[60] https://www.ifri.org/sites/default/files/atoms/files/afrique_en_questions_23_en_-_alain_antil.pdf
[61] https://www.iemed.org/anuari/2010/aarticles/Fakir_Boucek_Mauritania_en.pdf
[62] https://www.iemed.org/anuari/2010/aarticles/Fakir_Boucek_Mauritania_en.pdf
[63] https://www.iemed.org/anuari/2010/aarticles/Fakir_Boucek_Mauritania_en.pdf
[64] https://www.iemed.org/anuari/2010/aarticles/Fakir_Boucek_Mauritania_en.pdf
[65] https://carnegieendowment.org/2016/02/11/mauritania-s-precarious-stability-and-islamist-undercurrent-pub-62730
[66] https://carnegieendowment.org/2016/02/11/mauritania-s-precarious-stability-and-islamist-undercurrent-pub-62730
[67] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/mauritania-new-strongman-nouakchott-23850
[68] https://www.mortenjerven.com/wp-content/uploads/2013/04/B-SAMUEL-Vancouver-conference-ECONOMIC-CALCULATIONS-INSTABILITY-AND-IN-FORMALIZATION-OF-THE-STATE-IN-MAURITANIA.pdf
[69] https://www.mortenjerven.com/wp-content/uploads/2013/04/B-SAMUEL-Vancouver-conference-ECONOMIC-CALCULATIONS-INSTABILITY-AND-IN-FORMALIZATION-OF-THE-STATE-IN-MAURITANIA.pdf page 16
[70] https://www.ft.com/content/d2d2cbb8-b8c9-11e3-835e-00144feabdc0
[71] https://www.electionguide.org/elections/id/2794/
[72] https://www.jeuneafrique.com/38879/politique/mauritanie-mohamed-ould-abdelaziz-droit-dans-ses-bottes/
[73] https://www.un.org/africarenewal/magazine/april-2014/slow-steady-walk-democracy
[74] https://africanarguments.org/2017/08/why-mauritania-constitutional-referendum-may-only-be-the-first-of-many/
[75] https://www.aljazeera.com/news/2017/8/7/mauritania-votes-to-abolish-senate-by-referendum
[76] https://www.dw.com/en/mauritania-former-general-mohamed-ould-ghazouani-wins-presidential-election/a-49305828
[77] https://www.jeuneafrique.com/139295/politique/mauritanie-mohamed-ould-ghazouani-l-homme-de-l-ombre/
[78] https://epc.ae/brief/the-mauritanian-elections-inherent-risks-and-challenges-to-political-stability ; https://www.thenationalnews.com/uae/environment/sheikh-mohamed-bin-zayed-meets-world-leaders-before-abu-dhabi-sustainability-week-1.812883
[79] https://www.middleeasteye.net/fr/news/libyas-haftar-confirms-support-operation-dignity-egypt-and-uae-1265705213
[80] https://24.ae/article/551011/%D9%84%D8%AC%D9%86%D8%A9-%D8%A8%D8%B1%D9%84%D9%85%D8%A7%D9%86%D9%8A%D8%A9-%D9%84%D9%84%D8%AA%D8%AD%D9%82%D9%8A%D9%82-%D9%81%D9%8A-%D8%B5%D9%81%D9%82%D8%A7%D8%AA-%D9%88%D9%85%D8%B4%D8%A7%D8%B1%D9%8A%D8%B9-%D8%B1%D8%A6%D9%8A%D8%B3-%D9%85%D9%88%D8%B1%D9%8A%D8%AA%D8%A7%D9%86%D9%8A%D8%A7-%D8%A7%D9%84%D8%B3%D8%A7%D8%A8%D9%82
[81] https://www.voanews.com/africa/mauritania-president-appoints-new-government
[82] https://www.voanews.com/africa/mauritania-president-appoints-new-government
[83] http://www.fzhongdong.com/
[84] https://northafricapost.com/42992-mauritania-police-seizes-passports-of-three-top-ex-officials-of-former-president-ould-abdelaziz.html
[85] https://northafricapost.com/42992-mauritania-police-seizes-passports-of-three-top-ex-officials-of-former-president-ould-abdelaziz.html
[86] https://northafricapost.com/42992-mauritania-police-seizes-passports-of-three-top-ex-officials-of-former-president-ould-abdelaziz.html
[87] https://www.africanews.com/2020/08/18/mauritanian-ex-president-in-police-custody-for-corruption-charges//
[88] https://www.middleeastmonitor.com/20200826-ex-mauritania-president-released-on-conditional-bail/
[89] https://northafricapost.com/44922-son-of-ex-mauritanian-president-under-investigation-on-alleged-money-laundering-charges.html
[90] https://thearabweekly.com/mauritanias-former-president-speaks-out-against-corruption-charges
[91] https://www.france24.com/en/africa/20210311-mauritanian-ex-president-mohamed-ould-abdel-aziz-charged-with-corruption
[92] https://www.middleeastmonitor.com/20200829-former-mauritania-president-refuses-to-reveal-source-of-wealth/
[93] https://www.middleeastmonitor.com/20200829-former-mauritania-president-refuses-to-reveal-source-of-wealth/
[94] https://www.middleeastmonitor.com/20200829-former-mauritania-president-refuses-to-reveal-source-of-wealth/
[95] https://atalayar.com/en/content/corruption-investigations-against-former-mauritanian-president-ould-abdel-aziz-continue
[96] https://ewn.co.za/2021/03/12/mauritanian-ex-president-aziz-charged-with-corruption
[97] https://atalayar.com/en/content/corruption-investigations-against-former-mauritanian-president-ould-abdel-aziz-continue
[98] https://thearabweekly.com/mauritanias-former-president-speaks-out-against-corruption-charges
[99] https://dctransparency.com/mauritania-and-qatar-resume-diplomatic-ties/
[100] http://www.fao.org/giews/countrybrief/country.jsp?code=MRT&lang=fr
[101] http://www.fao.org/giews/countrybrief/country.jsp?code=MRT&lang=fr
[102] https://www.coface.com/Economic-Studies-and-Country-Risks/Mauritania
[103] https://santandertrade.com/en/portal/analyse-markets/mauritania/economic-outline
[104] https://fts.unocha.org/countries/141/flows/2020?order=directional_property&sort=asc
[105] https://www.coface.com/Economic-Studies-and-Country-Risks/Mauritania
[106] https://www.state.gov/reports/2020-country-reports-on-human-rights-practices/mauritania/

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