Africa

Rivoluzione Burkina Faso

2 Novembre 2014

Il Burkina Faso è un piccolo paese dell’Africa Occidentale che è stato governato per 27 anni da un presidente, Blaise Compaoré fino a quando il 31 ottobre si è dimesso ed è fuggito in Costa d’Avorio.

La fuga di Compaoré è la conseguenza di violenti scontri durati due giorni che sono avvenuti nella capitale del paese, Ouagadougou, dopo la notizia di un tentativo del governo di mettere mano alla costituzione per poter prolungare ulteriormente il mandato presidenziale.

Se le fonti ufficiali hanno confermato soltanto quattro morti e sei feriti, vari quotidiani internazionali riportano che il numero sarebbe eccezionalmente più elevato: circa 30 morti e 100 feriti.

La costituzione del 1991 prevede all’articolo 43 che in caso di dimissioni del Presidente sia la seconda carica dello stato, cioè il presidente del Parlamento, ad assumere la carica ad-interim per poi convocare le elezioni entro 90 giorni.

Quello che invece è accaduto in questi giorni è un colpo di stato da parte dell’esercito burkinabé (così si chiamano gli abitanti del Burkina Faso) che ha preso il controllo del paese, ha sospeso la costituzione e ha sciolto il parlamento.

Le ore successive alle dimissioni sono state particolarmente concitate: la confusione regnava a Ouagadougou e non era chiaro chi avesse il controllo sull’esercito e, di conseguenza, il potere per poter governare.

Dopo un primo annuncio della presa del potere da parte di un generale dell’esercito (Honore Traoré), non godendo dell’appoggio dell’intero stato maggiore e nemmeno della piazza che lo riteneva troppo vicino al presidente uscente, è stato estromesso e si è così concretizzata l’ascesa al potere del luogotenente-colonnello Zida: sarà lui a l’uomo governare il paese perché capace di guadagnarsi l’appoggio dell’intero stato maggiore dell’esercito.

La più grande sfida del nuovo presidente sarà colmare il vuoto lasciato da Compaoré che, avendo dominato la scena per quasi tre decenni, ha sistemato suoi uomini in tutti i centri nevralgici del paese.

La comunità internazionale non ha riconosciuto il presidente burkinabé e ha chiesto l’avvio di un processo di transizione democratico che possa sfociare in elezioni libere.

Il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale seguono con attenzione gli sviluppi di questa vicenda e le ripercussioni che questa potrebbe avere sulla già debole economia burkinabé basata essenzialmente sulla produzione di cotone. L’elemento più destabilizzante per lo sviluppo del paese è la volatilità del prezzo del cotone sui mercati internazionali non ha garantito negli ultimi anni un ritmo costante di crescita del PIL.

 

 

Breve post scriptum, a proposito della gender disparity evocata in questi giorni nel discorso del Presidente Obama.

L’eroe nazionale, in Burkina Faso, è Thomas Sankara, presidente del paese tra il 1983 e il 1987, icona dell’autonomia burkiné contro l’imperialismo occidentale e assassinato brutalmente per favorire l’ascesa al potere di Compaoré: nei giorni della rivolta è stato costantemente ricordato dai manifestanti che conservano ancora un ricordo vivido delle sue battaglie.

Qui lascio un breve stralcio di uno dei suoi discorsi programmatici sul ruolo delle donne nella società:

“We do not talk of women’s emancipation as an act of charity or out of a surge of human compassion. It is a basic necessity for the triumph of the revolution. Women hold up the other half of the sky” (qui il libro)

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