Torino, perché dopo Appendino è difficile trovare un nuovo sindaco?

2 Novembre 2020

La latitanza del centrodestra, la bagarre nel centrosinistra, liste civiche spaesate e candidati in pectore che traccheggiano. Ritratto di una città difficile da amministrare.

 

Che Torino sia una città complessa e a tratti indecifrabile se n’è accorta anche Chiara Appendino, che ha rinunciato a ricandidarsi il 13 di ottobre 2020 in seguito alla condanna in primo grado a 6 mesi per falso in atto pubblico. Ricorrerà in appello ma fa un passo di lato perché comunque la sentenza arriverebbe dopo la scadenza elettorale 2021.

Il debito mostruoso ereditato dal passato, l’industria che lentamente si sposta altrove, i giovani che se ne vanno e il sogno turistico che ancora boccheggia, tutto concorre a rendere il lavoro di Sindaco di Torino più un onere che un onore.

Governare una città nella quale l’ultimo guizzo di entusiasmo risale all’arrivo di Cristiano Ronaldo alla Juventus è un compito che appare sempre più difficile, anche alla luce degli effetti devastanti che la pandemia del Coronavirus sta avendo sul tessuto commerciale e sociale: sono molti i locali che non hanno riaperto dal primo lockdown e le serrande restano chiuse in molte zone.

La pandemia ha anche abbattuto il frizzante sangue nuovo che gli universitari immettevano nella città: con le lezioni a distanza i cartelli affittasi apposti sui vetri di appartamenti deserti significano la crisi anche per le zone in cui la gentrificazione aveva caricato di aspettative gli investimenti di tanti piccoli commercianti. Lo smart working e la crisi dei ristoranti che vivono dei pranzi di chi lavora rientra anche lei nella spirale negativa che il Covid si porta appresso.

Adesso, forse, è più chiaro perché di Torino e del suo futuro si parli poco. E’ una missione complessa e che non garantisce facili risultati da esibire su Facebook. Lo sa bene soprattutto Chiara Appendino.

E’ stato un quinquennio difficile, per lei e per Torino, ma che il suo mandato sarebbe durato solo 5 anni era un facile pronostico. Sono molte le anime della città che le avevano dato fiducia a non essere più dalla sua parte, quelle stesse anime che le avevano consentito di superare Piero Fassino al ballottaggio nel 2016. Il mandato di Appendino, in equilibrio tra la fazione dei duri e puri 5 stelle di una volta e la tentazione di diventare establishment, per molti è risultato fiacco e ha deluso le aspettative delle periferie che l’avevano votata in massa.

Chi sarà allora il prossimo sindaco di un capoluogo di provincia impoverito, spento già prima del Covid, che appare senza una vera idea di futuro e senza una reale prospettiva che quella di diventare un quartiere periferico della ricca Milano?

La rinuncia di Chiara Appendino alla ricandidatura ha svegliato il Movimento 5 Stelle di Torino dal suo sonno apparente: in questo momento nessuno dei consiglieri comunali uscenti sembra in grado di rappresentare un movimento che alle regionali di maggio 2019 valeva il 13% in città.

Così è da un po’ che si parla della candidatura di Guido Saracco, 54 anni, rettore del Politecnico di Torino, in quota “accordo nazionale” tra M5S e Partito Democratico, che vedrebbe la spartizione di Roma e Torino con la capitale in quota PD.

Ecco che il civico professor Saracco, che da tempo strizza l’occhio al Movimento, potrebbe essere la carta di Di Maio e company per trovare un accordo che superi i partiti e le divisioni locali.

Tuttavia questa è un’ipotesi non percorribile e a tratti fantapolitica: il Partito Democratico di Torino, per bocca dei suoi esponenti in consiglio comunale (e di molti altri), esclude da tempo alleanze al primo turno con i 5 Stelle. Tradotto: al massimo potete votare il candidato del centrosinistra al ballottaggio.

Non è un mistero infatti che il Partito Democratico svolgerà le “primarie del centrosinistra” a febbraio 2021. Oltre al Partito Democratico parteciperanno i numerosi piccoli partiti che derivano dalla recente diaspora PD e la nutrita schiera di liste civiche che qui a Torino hanno sempre avuto un seguito importante.

Appare altamente improbabile infatti che il Rettore Guido Saracco possa trascinare il Politecnico nella bagarre delle primarie del centrosinistra per il Sindaco della città. Secondo molti dovrebbe dimettersi prima, senza la garanzia di vincere. Più il tempo passa e più la sua candidatura appare lontana se non impossibile.

Per adesso, per il partito Democratico e più in generale per l’area di centrosinistra, è emersa la candidatura di Stefano Lorusso, geologo 45enne e professore ordinario del Politecnico di Torino, capogruppo del PD in consiglio comunale. A competere ci saranno anche Enzo Lavolta, altro nome noto del PD a livello torinese, Gianna Pentenero, ex assessore regionale con Chiamparino presidente, e altri se ne aggiungeranno. In fondo bastano circa 700 firme tra gli iscritti oppure 7mila tra i cittadini, grazie a un regolamento che concede anche ai candidati civici di partecipare alla competizione per la nomina.

E il centrodestra? Salvini non ha ancora proferito parola su Torino, anche se gli spetta di diritto visto che è stata Forza Italia a designare Alberto Cirio presidente di regione appena un anno fa.

Un po’ perché la Lega vorrebbe un nome civico in una città in cui ha raccolto il 26% alle ultime regionali, oltre 86mila voti che l’hanno resa il secondo partito alle spalle del 30% del PD, e un po’ perché l’imprenditore cuneese Paolo Damilano, che oltre ad avere interessi nelle acque minerali e nel vino è anche presidente di Film Commission Torino Piemonte, continua a glissare. Fratelli d’Italia per il momento non sembra avere un candidato sufficientemente noto e all’altezza, così in questo vuoto di nomi e di idee si fa strada piano piano il nome di Claudia Porchietto, ex presidente API Torino e attualmente deputata di Forza Italia.

In questa ridda di nomi e di personalità più o meno conosciute, sono in molti a chiedersi nelle chat di whatsapp di che cosa abbia realmente bisogno la città. Se di qualcuno di conosciuto e abile nell’attrarre risorse da fuori per cercare di dare fiato all’economia o di una persona in grado di riconnettere i cittadini con una nuova mission, un nuovo sogno dopo le olimpiadi del 2006.

Per adesso la triste realtà è che in ampie zone della città gli immobili costano meno di 1000 euro al metro quadro, che c’è una povertà diffusa e che i giovani stanno abbandonando le speranze e se ne vanno: -63mila under 34 in 10 anni (dal 2007 al 2017) è un numero che parla da solo.

Sono passati i tempi del Villaggio di Asterix, il nome che era stato dato a Torino per essere riuscita negli anni 2000 a non cedere mai alle lusinghe berlusconiane

C’è voluto il Movimento 5 Stelle per rompere un ventennio di dominazione di centrosinistra e non è per niente scontato che dopo 5 anni le chiavi della città ritornino di nuovo a PD e compagni vari, che al momento sembrano comunque in vantaggio. Un po’ perché ne stanno parlando pubblicamente da un po’, un po’ perché i numeri delle precedenti elezioni sembrano premiarli.

C’è da dire che se il candidato del centrodestra fosse un civico dal profilo vicino ai 5Stelle, sarebbe veramente dura impedire il ribaltone del 2016, quando Fassino in vantaggio di 10 punti è stato affossato proprio grazie al voto degli elettori di centrodestra al ballottaggio. Il sogno proibito della Lega di governare Torino, in questo caso, diventerebbe più che possibile.

TAG: lega, movimento 5 stelle, partito democratico
CAT: Enti locali, Torino

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