Per un Paese che una vita fa prevedeva addirittura la segnalazione sul casellario giudiziario di chi non aveva votato, oggi dovrebbe essere una giornata gaudiosa. Non ha votato praticamente nessuno, ma tutti gli assenti dalle urne resteranno con la fedina immacolata. Quel tempo ovviamente è troppo lontano, culturalmente e socialmente diverso, per poter essere considerato un paradigma possibile. Ma qualcosa di straordinario e positivo è comunque successo.
A dispetto dello strazio generale, oggi è davvero un giorno di festa per questa povera Italia. Ha votato “solo” la gente che voleva votare, questa domenica sono andati alle urne esclusivamente i cittadini che ci credevano, che avevano un buon motivo per essere sospinti al seggio elettorale, che in tutta serenità hanno valutato che ne valesse la pena. Gli altri sono rimasti a casa, con motivazioni diverse se non opposte, ma certamente non meno nobili. Gli assenti hanno pensato che al mercato delle opzioni (politiche) non ve ne fosse una di loro pieno gradimento. Non siete forse altrettanto severi con la frutta e la verdura che comprate al mercato? Ecco, questa, comprendendo votanti e non votanti, è un’Italia molto civile.
Ciò che da noi oggi produce irrimediabilmente un verso tragico, nei paesi anglosassoni (e non solo) è la norma. In quei luoghi, si ragiona per percentuali modeste e percentuali modeste decidono anche i governi centrali. Modeste, naturalmente, se paragonate al nostro (vagamente) ipocrita unanimismo, che ci ha spinto per un lunghissimo tempo a percentuali di affluenza straordinarie. Questo può consentirci di considerare l’Italia più avanti in termini di decoro complessivo? Difficile, se poi siamo abituati a raccontare i paesi anglosassoni come “la culla della democrazia”. Ma la culla della democrazia – ecco la grande differenza – ha sempre considerato il non-voto come un valore, almeno quanto il voto espresso, e se questo può apparirci rivoluzionario, applicato a quel mondo assume i tratti di un rispetto sacro per le dinamiche politiche applicate agli elettori. Soprattutto, il rapporto tra opposti (presenti e assenti) è molto chiaro: chi non vota sa perfettamente di affidare i suoi destini nelle mani di chi invece sceglierà di andare alle urne, per cui a cose fatte non lamentarsi, né muovere rivendicazioni politiche che la non-partecipazione abbatte ovviamente alla radice. Da noi, invece, spesso ci si lamenta di non aver vinto alla lotteria senza neppure aver comprato lo straccio di un biglietto.
Oggi dunque è un grande giorno per l’Italia civile, perché questa enorme scrematura elettorale fa premio su tutte le ipocrisie. Si sono presentati alle urne solo gli elettori convinti, non i migliori (elettori). Non è una sfida in cui da una parte c’è una scrematura virtuosa e dall’altra una maggioranza irresponsabile. Per ipotesi «colpiste» di questo tipo (cioè da senso di colpa), accomodarsi oltretevere o in qualche vecchia segreteria fumosa. Ogni non-elettore aveva i suoi buoni motivi, persino quella povera anima del segretario emiliano della Fiom, tal Papignani, che in campagna elettorale aveva lanciato il seguente appello: «Fate una sorpresa a Renzi, non votate Bonaccini». Persino questo non-voto ha una sua nobiltà ed è tutto dire.
Devi fare per commentare, è semplice e veloce.
http://www.termometropolitico.it/blog/astensionismo-elettorale
Capisco il ragionamento, di sapore vagamente platonico: meglio meno elettori ma ‘convinti’ che la partecipazione di massa che decidono ‘a caso’ della consegna del potere. Tre cose non mi convincono affatto: 1) Essere “convinti” non è già di per sé un valore. Si può essere “convinti” di una stupidaggine. O si può essere solo vagamente inclini a pensare una cosa corretta. Ergo, non capisco perché la scrematura dei “non-convinti” dovrebbe essere di per sé un valore. Inoltre non sono affatto convinto che 1) chi non ha votato abbia dei motivi e 2) che chi non ha votato abbia dei BUONI motivi. Temo che la realtà sia che molti dei non-elettori non votino per semplice inerzia e menefreghismo, oppure per dei motivi decisamente NON buoni, tipo “i politici sono tutti uguali’ o ‘lo stato comunque ci frega.’ Se proprio ci piace pensare che il futuro stia nell’allinearci ai paesi anglosassoni (tesi guarda caso quasi sempre sostenuta da chi i paesi anglosassoni li vede da lontano), almeno cerchiamo di allinearci sugli aspetti positivi, non sull’astensionismo!
Non ha letto con attenzione. Nessuno ha mai scritto che i convinti sono automaticamente i migliori. Anzi: “Si sono presentati alle urne solo gli elettori convinti, non i migliori (elettori). Più chiaro di così.
Quanto alla cultura anglosassone, ha un ordine chiarissimo e non sottolinea mai il dato astensionista. Per il semplice fatto che il valore elettorale (e di governo) lo definisce solo chi vota.
buone cose, mf
Grazie del chiarimento. Questo fuga del tutto il mio sospetto “platonico,” però non risponde ai miei tre rilievi critici. Vorrei capire meglio (se ha tempo, se no fa niente) perché ritiene che un elettorato più ristretto ma di “convinti” sia un valore aggiunto? L’essere “convinto” è una mero stato psicologico soggettivo, non aggiunge né toglie nulla al valore del voto, né alla bontà o meno delle ragioni del voto.
Grazie del chiarimento. Questo fuga del tutto il mio sospetto “platonico,” però non risponde ai miei tre rilievi critici. Vorrei capire meglio (se ha tempo, se no fa niente) perché ritiene che un elettorato più ristretto ma di “convinti” sia un valore aggiunto? L’essere “convinto” è un mero stato psicologico soggettivo, non aggiunge né toglie nulla al valore del voto, né alla bontà o meno delle ragioni del voto.
Il paragone col mondo anglosassone mi suscita questa domanda: in quel mondo, votare è un dovere civico come è secondo la nostra Costituzione?
Votare o non votare costituisce un unico blocco di opportunità politica, totalmente sgravato da qualunque senso etico o, peggio, moraleggiante.