Enti locali

La sinistra alla prova delle elezioni romane

11 Ottobre 2021

Per una volta risultati delle elezioni municipali romane sono state in linea con le previsioni. Gli elettori svantaggiati delle periferie tendono a tradire i sondaggisti, perché più difficili da intercettare rispetto ai benestanti che risiedono in centro. Stavolta, le periferie hanno disertato le urne, aiutando i sondaggisti e abbassando le aspettative dei due candidati antisistema, Virginia Raggi ed Enrico Michetti.

Nel municipio II, il più ricco della capitale, ha prevalso Carlo Calenda su Roberto Gualtieri con un’affluenza del 56% degli aventi diritto. Nel municipio VI, il più povero, si è recato alle urne solo il 42% degli elettori, i quali hanno preferito Michetti alla Raggi. La diserzione delle periferie ha favorito i due candidati più istituzionali, consegnando una risicata vittoria di Michetti su Gualtieri, mentre Calenda ha sorpassato Raggi.

I fatti di questo fine settimana denotano un avanzamento della parte più becera della destra fascista, cui né Giorgia Meloni né il suo candidato al Campidoglio riescono a prendere le distanze. Il timore di avventurarsi in un clima violento, aiuterà gli elettori di Calenda e Raggi a scegliere una stabilità poco stimolante, rispetto a questa destra impresentabile. Appare patetico il tentativo di non dare indicazioni per il ballottaggio da parte degli sconfitti, in un momento in cui i flussi elettorali sono così instabili da aver praticamente annullato ogni principio di autorità.

L’eventuale vittoria del PD non scioglierebbe i nodi del rapporto tra partito e territorio. L’ex assessore Walter Tocci ripete che non è sufficiente parlare di periferie, perché tali territori devono essere studiati e compresi per poi formulare le proposte migliori nel lungo periodo. La destra è avvantaggiata nel breve periodo, ma alla lunga si delinea l’incapacità del modello populista di risolvere i problemi, consegnando le periferie all’astensione. La sinistra deve decidere se elaborare una proposta strutturata o lasciare i cittadini in balìa del prossimo pifferaio magico.

Sono scettico che il PD possa compiere quest’operazione da solo. Ormai da anni placidamente appoggiato al governismo, ha difficoltà a interpretare le aree disagiate che chiedono un cambiamento radicale. Le liste di sinistra fuori dal PD potrebbero svolgere questo ruolo perché meno invischiate nel potere costituito. In questa tornata elettorale sono però emersi storici problemi legati al moltiplicarsi delle liste e l’identità politica.

A sostegno di Gualtieri si sono presentate due liste distinte, pur prive di contrasti ideologici, entrambe capaci di ottenere il minimo indispensabile, ovvero il 2%. Una lista dal 4% avrebbe certamente avuto un impatto maggiore nella determinazione delle politiche cittadine.

L’ex assessore all’urbanistica e Presidente del Municipio III Giovanni Caudo ha presentato il progetto più ambizioso, Roma Futura. Il minisindaco di Montesacro è uscito rafforzato dalle primarie contro Gualtieri e ha costruito una lista civica in pochi mesi, con il supporto essenziale di Marta Bonafoni, consigliera regionale del Lazio, e Rossella Muroni, deputata ambientalista eletta nelle fila di LeU. Roma Futura si è presentata come un progetto civico appoggiato da realtà politiche minori, come Volt, il partito liberale che ambisce a presentarsi in tutta Europa, e Possibile, la creatura di Pippo Civati, più spostata a sinistra.

Nelle liste sono comparsi tanti volti della società civile, con qualche appiglio politico, come Claudia Pratelli, attivista del circolo ARCI Sparwasser. Il candidato più noto, il giornalista Christian Raimo, si è presentato come consigliere del Municipio III, dove ha già ricoperto il ruolo di assessore alla cultura.

Caudo ha costruito un progetto civico composito, strappando a Carlo Calenda alcuni gruppi liberali, ma dotato di poca connotazione politica. Ad esempio, il sito web non presenta i candidati consiglieri per lo spirito politico ma allega un CV formale e il casellario giudiziario, come si presentassero a guidare il CdA di una società partecipata. I ragazzi di Possibile rappresentavano i candidati più facilmente identificabili e ho espresso la mia preferenza per loro, visto che ho pure apprezzato il loro presidio in piazza dell’Alberone.

Sinistra Civica Ecologista ha invece aggregato quei partiti a sinistra del PD che facevano riferimento a LeU. Malgrado la benedizione di volti noti come Massimiliano Smeriglio, Loredana De Petris, Stefano Fassina e Paolo Cento, il propulsore è il giovane Amedeo Ciaccheri, minisindaco di Garbatella in cerca di rielezione. La lista ha presentato un elenco dei candidati più interessante rispetto a Roma Futura, senza big, ma con molti nomi noti dell’attivismo romano. Ho così deciso di sostenerla almeno all’elezione del mio municipio, esprimendo la preferenza per i rappresentanti del Centro Sociale Occupato Autogestito Spartaco.

L’eccessiva politicizzazione ne ha però ingessato le attività, tanto che non dispone neanche di una propria pagina web. Se Roma Futura può definirsi soddisfatta, il 2% di Sinistra Civica Ecologista è una mezza disfatta. L’unione delle due liste avrebbe aiutato a trovare un punto di equilibrio tra civismo e attivismo politico, evitando scontri fratricidi.

Ma i guai dei partiti a sostegno di Gualtieri non sono niente in confronto a chi è rimasto fuori. Tra i 5 candidati espressione della sinistra extra PD, prevale Potere al Popolo!, con appena lo 0,6% di voti, poco dietro al candidato no vax. Rifondazione Comunista è ancora più dietro, pur esprimendo un candidato autorevole, Paolo Berdini. Pochi appassionati riescono a distinguere l’identità delle varie liste, ad eccezione del partito comunista di Marco Rizzo, la cui posizione stalinista-sovranista è chiarissima.

Di fronte ai cambiamenti epocali che stiamo vivendo, segnati dalla pandemia, la crisi climatica, l’arretratezza dello stato sociale e l’impoverimento dei lavoratori, sarebbe l’ora che la sinistra si svegliasse. Il PD ha i migliori amministratori, per cui può avere le forze per governare queste sfide ma ha difficoltà a interpretarle a favore delle classi più disagiate. Servono dei partiti alla sua sinistra che agiscono compatti, a volte a sostegno del PD, a volte all’opposizione, ma sempre come voce critica e propositiva. Per questo, devono decidere se unirsi tra loro o se spiegare chiaramente le proprie differenze identitarie, come fa Rizzo. Non ci sono alternative.

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