Governo
Valtur, oggi incontro al Mise per salvare azienda e lavoratori dal baratro
Oggi sapremo se viene scritta la pagina finale della storia di Valtur, il colosso in crisi delle vacanze organizzate. Dopo il vertice di ieri pomeriggio tra una delegazione di lavoratori ed il ministro del turismo in pectore Gian Marco Centinaio, stamattina avrà luogo l’ultimo e decisivo incontro del tavolo istituito presso il Mise dopo la richiesta di concordato liquidatorio avanzata dalla Investindustrial di Andrea Bonomi.
«In ballo ci sono centinaia di lavoratori, un pezzo di storia dell’industria turistica italiana e ricadute da diverse decine di milioni di euro sui territori dove le strutture di Valtur insistono: per questo», ci ha confermato Centinaio, «è mia intenzione, come ho chiarito ieri pomeriggio, attivarmi in ogni sede e con ogni mezzo perché l’azienda sia salvata dal baratro». Un tentativo di salvataggio che potrebbe chiamare in causa chi, come Cassa Depositi e Prestiti, proprio un anno fa aveva acquistato da Bonomi una serie di strutture (Marina di Ostuni, Marileva e Pila) sul presupposto che venissero realizzati gli investimenti promessi.
Era il 5 giugno dell’anno scorso e Cdp annunciava infatti l’acquisto di tre asset dal gruppo Valtur, finito esattamente un anno prima sotto il controllo della Investindustrial del finanziere milanese. A cui la cessione dei tre immobili aveva fruttato ben 43,5 milioni di euro, con l’impegno ad investirne 6,5. «Valtur potrà continuare il proprio impegno nella realizzazione di un polo alberghiero dedicato al turismo di vacanza e a quello congressuale, attraverso una piattaforma operativa tecnologicamente avanzata», aveva fatto notare il presidente uscente di Cdp Claudio Costamagna. La frase era parsa eccessivamente ottimistica a chi come noi aveva visionato i bilanci di Valtur: nel 2016, a fronte di un volume d’affari pari a 76,2 milioni (erano 72,6 nel 2015), i conti erano stati chiusi al 31 ottobre con un disavanzo di 62,3 milioni, contro un utile di 1,6 milioni realizzato nel 2015. Una perdita, questa, definita nella relazione sulla gestione «gravemente negativa». E imputata anche a fattori straordinari, come i «ritardi nella commercializzazione e marketing della stagione estiva 2016», oltre ad «una serie di eventi emersi successivamente al cambio di management», verosimilmente sfuggiti ai radar di Bonomi e dei suoi consulenti al momento delle trattative. Come svalutazioni di attività per quasi 12 milioni, perdite su crediti per 2,5 milioni, accordi tansativi per circa 12 milioni: una catena di fatti, che aveva inciso pesantemente sui risultati di bilancio e che pareva potesse essere la chiave di lettura dell’inattesa cessione delle tre strutture a CDP, acquistate peraltro da Bonomi pochi mesi prima da Prelios Sgr.
Il bilancio 2017, chiuso sempre ad ottobre, non aveva fatto che confermare la crisi di Valtur: 86 milioni il volume di ricavi realizzato (più 7% rispetto all’anno precedente), circa 80 milioni le perdite accumulate, di cui 60 per accantonamenti e interventi straordinari. La situazione, nonostante nello scorso inverno le presenze nelle strutture gestite siano salite del 20,1% e il fatturato del 24% e l’estate prima rispettivamente del 19,3 e del 32,6%, deve essere precipitata, se il fondo Investindustrial di Andrea Bonomi è stato spinto a chiedere la liquidazione societaria. Che potrebbe essere evitata prendendo il tempo necessario al Governo per sondare, come chiedono i lavoratori di Valtur in un appello rivolto al ministro al Welfare Luigi Di Maio, “investitori capaci e con progetti seri di rilancio“.
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