Turismo
Vacanze al tempo del Coronavirus
È fatta, ora che è iniziato agosto è ufficialmente tempo di vacanze. Ma quali vacanze saranno? Dipende dal punto da cui scegliamo di guardare la situazione: a inizio estate a giugno sembrava tutto molto tragico, oggi invece c’è qualche segnale incoraggiante. Ma è vera ripresa? Si e no. Il tema è più complesso e non riducibile al solo bianco o nero di una risposta netta. Come raccontano gli operatori del settore, una stagione estiva “normale” sarebbe già nel suo pieno a partire da metà luglio. Ma questo 2020 è molte cose tranne che un anno normale, e allora per capire cosa sta accadendo serve spostare il punto di osservazione da più parti, per capire come sta evolvendo il settore turistico. Partendo dal fatto che il pieno della stagione estiva, quest’anno, potrebbe essere limitato alla sola settimana di Ferragosto.
Secondo il bollettino bisettimanale dell’Enit, nella settima a fra il 10 e il 16 agosto sono state vendute il 79% delle disponibilità online per le offerte in luoghi di vacanza. Nel Cilento e nel Salento si sale rispettivamente al 94% e al 98%. Questi dati vengono suffragati dalle immagini che vediamo dalle spiagge, dice si vedono tante persone, specialmente nei fine settimana. Insomma, le località marine reggono l’urto. Property Managers Italia, l’associazione nazionale di categoria del turismo residenziale, registra un boom di prenotazioni tra la Versilia, l’Isola d’Elba e la Maremma. Maria Chiara Casamorata, referente per la costa toscana, parla di aumenti delle prenotazioni fra luglio e agosto e di un raddoppio del fatturato nei settori del turismo residenziale e extralberghiero. Afferma un raddoppio dei numeri rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, soprattutto dovuto agli italiani che non sono andati all’estero: rappresentano ben il 95% delle prenotazioni. Dato interessante: il 40% delle prenotazioni riguarda periodi mediamente più lunghi del normale, probabilmente fatte sfruttando la possibilità dello smart working. Altro dato interessante non limitato alla Toscana: oltre alle località di mare anche molte località di montagna stanno registrando buoni dati sulle prenotazioni, probabilmente spinte da persone preoccupate per gli assembramenti sulle spiagge.
Nico Venditti, presidente del Molise per il Sindacato Italiano Balneatori, parla di un luglio che ha rovesciato i pronostici di una stagione che si temeva in netta perdita. Il calo è circa del 30%, mentre solo due mesi prima lo si stimava almeno al doppio. E limitatamente ai fine settimana si registrano addirittura incrementi rispetto ai numeri dello scorso anno. Anche qui, pochi gli stranieri e tanti italiani. Oltre alle regioni già citate anche in Abruzzo si registra un boom di prenotazioni nelle località di mare, seppure in un contesto di disponibilità limitate dato che alcuni alberghi hanno preferito non aprire. Anche qui è il turismo domestico italiano a riempire le spiagge. La vacanza al mare regge, magari in versione più corta per chi deve lavorare o non può permettersi lunghi soggiorni, o più lunga per chi può sfruttare il fatto di lavorare, come detto, in smart working.
A contraltare di questi dati confortanti sulle località balneari ci sono quelli tragici delle città d’arte, una delle mete preferite dai turisti stranieri. Confesercenti mette nero su bianco dei numeri impietosi: a Venezia si prevede una diminuzione di 13,2 milioni di presenze, a Roma si prevedono circa 9,9 milioni di presenze in meno, a Firenze si prevedono 5 milioni di presenze in meno, a Milano si stimano quasi 4 milioni di presenze in meno, a Torino si parla di oltre 800mila presenze in meno. Il totale per il 2020 parla di una perdita di circa 34 milioni di presenze turistiche dall’estero, per un danno calcolato in circa 7 miliardi di spese turistiche complessive mancate. Ed è assolutamente evidente: le città si svuotano dagli italiani che vanno verso il mare, ma non vengono “riempite” dai turisti stranieri in visita. Soprattutto ne fine settimana, passeggiando per il centro, si possono vedere città quasi deserte.
Empiricamente posso dire, essendomi spostato spesso in auto in questi mesi, che lungo le tangenziali di Milano il flusso di auto con targa straniera è decisamente molto più basso rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, ma comunque in leggero aumento rispetto a inizio luglio. Sono loro, i turisti stranieri, a mancare. A fine giugno ho fatto una settimana al mare in Sardegna, a La Maddalena, e la cosa che mi veniva ripetuta più di frequente da ristoratori, negozianti, baristi, proprietari di negozi per il noleggio di biciclette e motorini, proprietari di barche o gommoni da affittare o che proponevano tour delle isole vicine, era sempre la stessa cosa: non si vedono turisti stranieri. Solo una parte era compensata dagli italiani, spesso proprio gli stessi sardi che venivano lì per qualche giorno di vacanza. Essendo un habitué di quel periodo, ho potuto confrontare dal vivo la situazione rispetto agli anni precedenti: la mancanza di turisti era palese. A parte nel fine settimana, il centro storico la sera era deserto, molti locali erano chiusi, alcuni non sapevano nemmeno se aprire per la stagione estiva.
Questo forte contrasto diviene evidente in una regione come la Puglia. Francesco Di Carlo, appena nominato presidente di Assoturismo Puglia, lo spiega molto chiaramente: le città di mare riescono a reggere, lo testimoniano i dati Enit riferiti al Salento, ma nelle località interne invece regna ancora il deserto. Mancano i turisti stranieri che, prima di andare verso le località di mare, passavano qualche giorno in visita nelle città. Mancano i flussi ingenti dei turisti delle crociere, altro settore molto colpito dalla crisi.
Tornando al bollettino Enit, questo contrasto si traduce bene in due dati: il 47% degli italiani andrà in vacanza, ma gli arrivi aeroportuali internazionali segnano un drammatico -82%. Proiettato a tutto il 2020, si prevede un calo degli arrivi stranieri del 55%. Molte nazioni estere vivono ancora situazioni sanitarie precarie, specialmente nazioni che garantivano robusti afflussi di turisti in Italia, come ad esempio gli Stati Uniti. Il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, afferma esplicitamente come diversi tour operator abbiano cancellato ogni attività per il 2020 e congelato pure quelle per il 2021, ipotizzando una reale ripresa dei flussi turistici solo per il 2022. Il rischio concreto è che senza la metà del flusso turistico normale una buona parte del settore rischierà di cadere a cascata come birilli da bowling, specialmente nei prossimi mesi autunnali quando anche i flussi turistici domestici verranno meno. Alla fine, la domanda che tutti si pongono con non poca paura è: cosa resterà del settore turistico una volta passata questa crisi?
Devi fare login per commentare
Accedi