Giustizia
Pillole da vacanza: bugie d’estate… non ti scrivo Tour Operator
Molti credono che appena vi sia un disservizio, o di aver subito un torto, bisogna agire rapidamente per far valere i propri diritti.
Altri invece, la prendono con pazienza, lasciando scorrere le situazioni, ma poi realmente le subiscono e successivamente ne soffrono.
Tutto ciò, vale in modo particolare quando ci troviamo in vacanza, dove, con l’animo spensierato, non vorremmo mai affrontare problemi.
La fattispecie che analizziamo oggi è molto frequente.
Nel caso specifico, un gruppo di turisti citavano in giudizio un tour operator lamentando che durante il godimento di un pacchetto turistico “tutto compreso” si erano verificati numerosi disservizi e carenze.
Tra le molte mancanze vi erano:
– una lunga attesa prima di ricevere in consegna le camere, che si trovavano in cattive condizioni igieniche;
– che la piscina dell’hotel non era facilmente praticabile in relazione agli orari di apertura e chiusura;
– sul lido non vi erano ombrelloni sufficienti per tutti i turisti;
– i tavoli del ristorante erano sufficienti;
– a seguito della segnalazione di tali inconvenienti ai responsabili, erano stati trasferiti presso altra struttura alberghiera distante dal luogo di villeggiatura prescelto.
In funzione di tutto ciò, i turisti, chiedevano il risarcimento dei danni patrimoniali, corrispondenti alla quota individuale di partecipazione al viaggio, oltre che dei danni non patrimoniali (Danno da vacanza rovinata).
Il tour operator eccepiva, attraverso i suoi legali, che gli attori erano decaduti dal diritto al risarcimento ex art. 19 D.lgs. n. 111/1995 (poi art. 985 D.lgs. n. 206/2005 ed oggi art. 49 D.lgs. n. 79/2011, codice del turismo) per non aver sporto il reclamo ivi previsto mediante lettera raccomandata entro e non oltre dieci giorni dalla data di rientro.
Ma, sia il Giudice di Pace, in primo grado, che il Tribunale, in secondo grado, dichiaravano la responsabilità del tour operator condannandolo al pagamento, in favore di ogni singolo attore, della somma di Euro 610,00, oltre interessi legali.
Il tour operator, ricorreva in Cassazione, la quale confermava le decisioni dei giudici di merito, affermando, in primo luogo, che la disciplina prevista dal Codice del Consumo (oggi dal Codice del Turismo) in tema di contestazione e reclamo sopra citata, lungi dallo stabilire oneri e decadenze a carico del consumatore-viaggiatore, deve ritenersi a favore di quest’ultimo, nel senso che:
– a) la contestazione delle “mancanze” deve avvenire senza ritardo proprio per consentire all’organizzatore di porvi rimedio in loco, e che
– b) l’invio di una raccomandata, da parte del consumatore, con ricevuta di ritorno entro e non oltre dieci giorni lavorativi dalla data del rientro, è facoltativa ed ha la chiara funzione di denuncia degli inadempimenti al fine di favorire una soluzione della controversia in via stragiudiziale.
La Cassazione, dunque, non ravvisava alcun termine di decadenza nell’inutile decorso dei dieci giorni stabiliti in materia di reclamo, ritenendo tale interpretazione in linea con la tutela del consumatore quale contraente debole ed altresì con i principi generali attualmente vigenti nel codice del consumo.
Inoltre, la Corte ribadiva l’orientamento in tema di vacanza rovinata nella quale, attraverso la proposta, l’organizzatore assume specifici obblighi contrattuali, in particolare riguardanti:
– la modalità del viaggio;
– sistemazione alberghiera;
– livello dei servizi, etc.
Qualora le prestazioni non siano esattamente adempiute, secondo un criterio medio di diligenza valutabile dal giudice del merito, sussiste la responsabilità contrattuale e il conseguente obbligo risarcitorio dell’organizzatore, salvo la prova della non imputabilità dell’inadempimento, derivante (ai sensi dell’art. 1256 cod. civ. e del D.lgs. 17 marzo 1995, n. 111, art. 17 applicabile ratione temporis) da eventi successivi alla stipula del contratto, quali il caso fortuito o la forza maggiore, ovvero l’esclusiva responsabilità del terzo o del consumatore.
In altre parole, i turisti non avevano alcun onere di provare l’inesatto adempimento di controparte, ma era il tour operator che, per liberarsi da responsabilità, doveva provare il proprio esatto adempimento o, eventualmente, la sussistenza di un caso fortuito o di forza maggiore a sua scriminante.
Inoltre, nel caso considerato, che dall’inadempimento dell’organizzatore erano derivati sofferenze psichiche, disagi e turbamenti, la Corte riteneva che lo stesso potesse essere fonte, oltre che di danno patrimoniale in relazione al prezzo del contratto di viaggio, anche del cosiddetto danno da vacanza rovinata quale voce di danno non patrimoniale, codificato, per la prima volta, dal codice del turismo all’art. 47.
Devi fare login per commentare
Accedi