Turismo
‘Ma non l’ho già vista in Salento?’ Divagazioni sul turismo romagnolo
Nei giorni scorsi, in occasione della festa del Patrono, il Vescovo di Rimini, Francesco Lambiasi, ha ‘inviato’ la consueta lettera alla città. Intitolata ‘Per una cultura del noi’, dedica ampio spazio al tema del turismo e al modello turistico riminese e della Riviera Romagnola. Invitando a una profonda riflessione. In quei giorni, nel mio pendolarismo ferroviario, mi sono imbattuto nella più classica delle chiacchierate da treno. Che, involontariamente, ha dato il la a una serie di divagazioni sul turismo rivierasco e il suo futuro.
Guarda nella mia direzione verso il giornale aperto sul tavolino del treno. Lo avrà incuriosito un titolo, penso. Poi, d’un tratto, sorride. ‘Mi scusi, il suo mi sembra un volto familiare, per caso è stato in vacanza in Salento, di recente? Può essere che l’abbia vista là?’ No. Non credo proprio. Non sono stato in vacanza in Salento. Io. ‘Peccato. E’ un gran bel posto, sa? Incantevole: dovrebbe andarci’, sorride di nuovo. Poi commenta il titolo del giornale e, forse ripensando alle sue ferie, ri-ri-sorride beato e sognante: ’ah, il Salento…’.
Un grande classico di questa estate. Insieme alla corsa (pardon al ‘running’) e – almeno da queste parti – alle foto postate su Facebook di viali pieni di gente, o desolatamente vuoti, per irridere o esaltare, su quelle frequentatissime bacheche locali, il turismo sulla Riviera Romagnola. Riminese, in particolare.
Già, perché se non hai concionato, anche solo una volta, di Salento durante i mesi estivi – meglio se snocciolando cale e calette mozzafiato – sei irrimediabilmente tagliato fuori. Un mezzo paria o giù di lì. Che in quel pezzetto di Puglia, di ‘sti tempi, non si può fare a meno di andare.
Cosa che sarebbe pure buona e giusta. Normale. In un Paese a forte vocazione turistica come l’Italia (o che dovrebbe esserlo visto che, la terra con il maggior numero di siti Patrimonio dell’Unesco al mondo, riesce ad essere solo la quinta destinazione per i flussi turistici planetari) in cui l’offerta così varia e ampia, diversissima da un capo all’altro del territorio, potrebbe essere un plusvalore. E accontentare tutti, ad ogni latitudine. Un gioco di incastri, un puzzle perfetto – tra arte, natura, enogastronomia, motori, moda, design, musica, mari, monti, laghi – potenzialmente imbattibile sui mercati internazionali. Che non dovrebbe creare reciproche invidie e gelosie.
Invece, finita l’estate (segnata pure dai mugugni ‘salentini’ di Flavio Briatore) e in attesa che i dati definitivi facciano piena chiarezza sull’andamento della stagione romagnola e della provincia di Rimini – mettendo fine al balletto tra l’ufficio statistica dell’Emilia-Romagna e l’Osservatorio del Turismo regionale di Unioncamere – a sentire i commenti, soprattutto sul Web – ché tanto, ormai, da Tripadvisor alle pagine Facebook più disparate l’opinione pubblica e il comune sentire passano irrimediabilmente di lì – a farsi largo è il rimpianto per quelle stagioni d’oro degli Anni Ottanta e Novanta, come se non fossero passati trent’anni e il mondo non fosse cambiato; la consapevolezza che il mantra dialettale ‘e du vot chi vaga..’ (e dove vuoi che vadano..) non funziona più, come se quello che funzionava in un’altra era dovesse valere per sempre. E, immancabile, in questi mesi, ‘ah, il Salento, loro sì, mica noi…’.
Punti di vista. Per un settore, quello turistico che, da sempre, sostiene l’economia della costa romagnola e ha reso ricco questo lembo d’Italia. Fondamentale, senza dubbio. E, forse, bisognoso di una rinfrescata. Di un aggiornamento, come ogni altro ambito produttivo, per stare e competere sul mercato. D’altronde:
IL MONDO SI E’ ROVESCIATO
Dai giorni ‘ruggenti’ degli Anni Settanta-Ottanta-Novanta tanto rimpianti dagli avventori della Rete (quando Rimini era una sorta di paradigma dell’Italia che fu), in cui la Romagna appariva davvero come il ‘centro del mondo’ vacanziero nazionale e internazionale, il mondo si è rovesciato. E pure ristretto. Le distanze si sono fatte quasi ininfluenti grazie ai collegamenti aerei cresciuti a dismisura, i costi – con la nascita delle compagnie low-cost – sempre più affrontabili e la disponibilità di posti letto è cresciuta ovunque tra accoglienza tradizionale e nuovi servizi come Airbnb. La Generazione Erasmus – che non ha problemi con le lingue – non si accontenta più della spiaggia dietro casa, vuole conoscere, vedere, vivere, quanto più possibile ai quattro angoli del pianeta. In particolare quelli più belli e affascinanti.
‘Spizzica’, prende un po’ qua e un po’ la. Pure sull’Adriatico. Ma le due settimane di vacanza nella stessa pensione, con la macchina lasciata in parcheggio, gli amici di sempre – quelli che si ritrovano di stagione in stagione -, la buona tavola da condividere in allegria, non ci sono più. E da mo’. Non solo in Romagna, in nessuna zona turistica. E tocca farsene una ragione.
La stessa ‘Teutonen Grill’, nonostante la ripresa dell’attività di marketing in Germania che sembra avere dato buoni risultati, difficile possa tornare a quei livelli: basta guardare alla Tui, il principale tour operator germanico che ha diversificato la propria offerta a livello planetario e che si può permettere di andare al salvataggio di Air Berlin per rafforzare la propria flotta Tuifly di aerei low-cost. Trasportando i suoi clienti, serenamente, di qua e di là.
VOGLIO QUALCOSA PIU’ BELLO DI CASA MIA
Il ‘fascino’ della prima vacanza lontano dai genitori che rapiva i ragazzi d’un tempo, ‘inebriati’ dall’aria di libertà e che faceva andare bene anche il caseggiato trasformata in albergo, ormai è svanito. Oggi, il cliente straniero o italiano che sia, quando se ne va in vacanza vuole una sistemazione che ‘sia più bella di casa mia’, O quasi. Quindi una struttura ben tenuta, fresca, piena di servizi. Dotata di quegli oggetti d’uso quotidiano nella propria abitazione. La linea Adsl, il condizionatore d’aria, spazi come la sala relax e di lettura. Se possibile una palestra – anche piccola – e una piscina.
Cose che la pur smisurata offerta alberghiera romagnola non sempre riesce a garantire. Parte delle strutture della zona è vetusta, l’arredamento non si discosta troppo da quello dei gloriosi anni passati, le stanze e i bagni – che potevano andare bene quando era normale non trovare ‘un buco libero’ – spesso sono sottodimensionati. Non facile risalire la china: le ristrutturazioni hanno costi non indifferenti e, stante la crisi che non molla, avere finanziamenti è ancora complicato. Anzicheno.
E forse, pure la buona cucina e la proverbiale accoglienza romagnola – ancora punti di forza inequivocabili – possono non essere sufficienti. Spesso, infatti, quelli che dovrebbero essere un ‘plus’ per la struttura rischiano di essere i soli elementi qualificanti e di successo. Gli unici motivi per cui vale la pena tornare.
E I LOCALI?
La Riviera, la Rimini e la Riccione, che avevano stregato Tondelli, con la loro capacità di coinvolgere tutti facendo convivere serenamente le famiglie con i passeggini e il gelato serale e i ragazzini a giocare sulla spiaggia al mattino o al luna park la sera; i ‘tiratardi’ eleganti con il macchinone e gli ‘hippie’; gli appassionati della techno e quelli del night; sembra avere cambiato pelle. I locali, quelli per cui migliaia di persone si sobbarcavano chilometri e chilometri di auto e treno, a parte alcune eccezioni, sono un ricordo del passato. Una cosa che non tocca solo queste lande, anzi, ma vere e proprie icone della vita notturna come il ‘Paradiso’ o la ‘Mecca’, l”Echoes’ o il ‘Bandiera Gialla’ e tante altre realtà più piccole sono sparite. Certo i tempi sono mutati, la discoteca non è più il cuore del divertimento, ma, anche qui, tocca ripartire. Magari da un approccio più soft, più ‘green’: sfruttando, chissà, la spiaggia o gli spazi aperti.
IL BENESSERE E L’ENTROTERRA
Se c’è un tesoro ben riposto nello scrigno, per il turismo del Riminese, beh quello è il suo entroterra. Lo si dice da tempo. E, forse, è giunta l’ora di investire, con forza, su questa parte del territorio e ricalibrare il quadro dell’offerta, sbilanciato sulla costa e ancorato alla vacanza tradizionale pensione completa-lettino-mare-sole.
Una parte di territorio incantevole spalmato su due valli, la Valconca e la Valmarecchia, dense di storia, borghi, castelli. Che avrebbero davvero poco da invidiare a zone, come quelle toscane, più note e blasonate. Perle come San Leo, Montebello, Verucchio, Montefiore, Mondaino, Pennabilli, solo per dirne alcune, da valorizzare dal punto di vista ambientale, paesaggistico e culturale.
Mettendo in rete le loro esperienze, che sono tante: saltabeccando tra pievi e fortilizi militari, musei d’eccellenza ma poco conosciuti,(come quello villanoviano di Verucchio o quello minerario di Perticara) e cittadelle che ospitano sagre e festival, medievali e non di grande valore e richiamo.
Rafforzando percorsi ciclo-turistici, che già esistono, così da raccordare – magari – le vie e i sentieri ai ‘cammini’, come quello di San Francesco e di San Vicinio. Che lambiscono l’Altavalmarecchia e potrebbero ampliare l’offerta di un segmento turistico, quello dei ‘cammini’ appunto, che da Santiago di Compostela in giù è in continua crescita in tutto il Continente.
Senza dimenticare il versante eno-gastronomico, ‘sfruttando’ le realtà agrituristiche nate nel corso degli anni – diverse molto attive, e con successo, anche nella didattica – e quello sportivo e del benessere. Intercettando gli stimoli sulla ‘Wellness Valley’, lanciati da Technogym e rimettendo mano al turismo dei bikers, fetta di mercato crescente, affascinata dalla bellezza del territorio e dei tragitti ma che si rischia di perdere, a causa di una manutenzione delle strade non all’altezza delle aspettative dei pedalatori.
GLI EVENTI, FELLINI E LA CULTURA
Altro grande tema, aspramente dibattuto, sui social network: i grandi eventi servono o no? Portano una bella clientela oppure solo quella dedita allo spritz? Probabilmente entrambe. Difficile rinunciare, d’un botto, a appuntamenti che trascinano in Riviera migliaia di persone – seppure per un weekend e con grossi sforzi sul fronte dell’ordine pubblico – come la ‘Notte Rosa’ o la ‘Molo Street Parade’. Un tempo, negli Anni Ottanta e Novanta, il problema della scelta non si sarebbe posto: tutto conviveva, tutto si teneva uno accanto all’altro, dalle famigliole ai saccopelisti di Piazzale Roma a Riccione. Ora non è più così e, forse, una riflessione per inserire mega-eventi in maniera armoniosa e meno traumatica si potrebbe pure fare.
Ma gli appuntamenti sono una ricchezza da non disperdere. Dal Festival del Mondo Antico, a Mare di Libri fino a Cartoon Club: tesori che danno lustro al territorio, da coccolare e preservare.
E da tutelare, ci sarebbe anche il lascito, emozionale, di Federico Fellini. Nei miei tre anni americani, ogni qualvolta pronunciassi la parola Rimini, l’interlocutore replicava con un ‘ah, Rimini, Fellini’. Così, di getto: forse un luogo comune (ma se fossero i luoghi comuni a salvarci?), una miniera d’oro da sfruttare. A esserne capaci.
E SE SI FOSSE UN HUB?
Se il mondo si è ristretto, l’Italia è già incantevolmente ristretta di suo: tutto è abbastanza vicino e raggiungibile. E il turista moderno, una volta individato un ‘campo base’ tanti problemi a muoversi di qua e di là, non sembra farsene. Se la settimana di vacanza stanziale può essere demodè, soprattutto per uno straniero che vuol girare l’Italia, perché non provare a essere noi quel campo base? Punto di partenza e ritorno, anche quotidiano – vista la posizione geografica – per le sortite verso le vicine città d’arte del Centro e del Centro Nord. Magari funziona.
AH, GIÀ, IL SALENTO…
Il signore del treno ha ragione: il Salento è bellissimo, splendido. Lo è sempre stato, incastonato, com’è, in una regione deliziosa. Immerso tra città d’arte dalla bellezza sfolgorante – a partire da Lecce e dal suo barocco – in un quadro ambientale prezioso e in una natura dai contorni quasi irreali. Così da sempre. Ma di cui sembra che il mondo si sia accorto solo ora. Trasformandolo, sulle note fiammeggianti della Taranta, in un ‘must’ vacanziero irrinunciabile, assolutamente irrinunciabile.
Come irrinunciabile era fare un salto, ogni anno, sulla Riviera Romagnola. Va così, le mode cambiano. E c’è posto per tutti. Basta saperlo, prepararsi, guardarsi attorno e provare a cambiare. Si può fare.
Anche se c’era una volta il ‘du vot chi vaga’.
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