Ambiente
Le vie di Cristina
Milanese, classe 1976, laurea in scienze motorie, Cristina Menghini ha fatto della sua passione un lavoro. E la sua passione è camminare, a piedi naturalmente, lungo i sentieri che i pellegrini medievali percorrevano dall’Inghilterra o dalla Francia per raggiungere Roma (la via Francigena) o per arrivare a santuari famosi, come la Via Lattea che porta a Santiago di Compostela in Spagna.
“Sono presidente dell’Associazione no-profit Camminando sulla Via Francigena e la mia professione principale è quella di Guida ambientale escursionistica, socia Lagap”, dice Cristina. “Sono co-responsabile di alcuni progetti sociali come i Cammini della solidarietà, a sostegno delle comunità colpite dai recenti terremoti, Donne in cammino, destinato alle ragazze che desiderano mettersi in cammino da sole, Camminiamo coi bambini, dedicato alle scuole. Collaboro anche con Radio Francigena, la più conosciuta radio web in Europa, dedicata alla promozione degli itinerari culturali. Blogger e influencer, mi definiscono la più esperta collaudatrice di Cammini in Italia. Non so se sia vero. Certo è che sono appassionatissima di cammini: ho 30 mila chilometri di strada sotto i piedi. E mi dedico a tempo pieno alla promozione degli itinerari culturali italiani”.
Ma, Cristina, come è nata questa passione?
È stato un percorso complesso. Dopo la laurea, ero insoddisfatta della mia situazione in Italia, non avevo stimoli. Conoscevo delle persone in Brasile e, nel 2006, mi sono trasferita a Natal, nel nord-est brasiliano. È stata una scelta radicale, un cambio netto. Sono stata in Brasile due anni. Al rientro in Italia, non volevo assolutamente tornare al mio lavoro di personal-trainer, all’insegnamento sportivo ai bambini. Ma non avevo idea di che cosa fare nella vita. Avevo sentito palare del Cammino francese per Santiago di Compostela e l’ho percorso nel settembre del 2008. Lì ho capito che camminare era, ed è ancora, per me un bisogno vitale. Così, ho girato l’Europa facendo molti altri percorsi. Nelle città cercavo lavori temporanei che mi dessero i mezzi per vivere e poi viaggiavo, viaggiavo…Nel 2010 sono tornata a Milano, perché mio padre stava male. In punto di morte mi ha detto: “Tu sei una ragazza dalle mille potenzialità, potresti fare di tutto nella vita, ma non hai un obiettivo. Cammini, ma senza una meta”. Questa frase mi ha segnata per sempre…
In che senso?
Beh, non mi usciva dalla testa, continuavo pensare a quel ‘senza una meta’. Sentivo che dovevo replicare a mio padre ovunque fosse, dovevo trovare uno scopo alla mia vita. Per trovare la risposta, ho deciso di compiere il mio cammino più lungo e importante: la via Francigena, da Canterbury fino a Roma (2100 chilometri in 80 giorni). Lungo questo percorso, adagio adagio, ho fatto chiarezza dentro di me. E alla fine del viaggio, arrivata in cima a Monte Mario a Roma con davanti ai miei occhi l’imponente cupola di San Pietro, ho capito qual era e qual è ancora adesso la mia mission: fornire a quanta più gente possibile informazioni sui cammini che si possono effettuare in Italia, facilitare a livello pratico questo tipo di viaggi. Da qui è nata l’idea dell’associazione Camminando sulla via Francigena, nata nel 2012.
Perché tra tutti i trekking possibili e immaginabili, ha scelto proprio quelli legati alla religione?
San Francesco è per me una figura fondamentale. Ma quello che mi spinge a mettermi in cammino è un’esigenza spirituale…
Una specie di meditazione, la camminata lenta aiuta a riflettere…
Probabilmente sì…L’importate per me non è la meta, raggiungere quella chiesa, quel santuario, l’importante è il viaggio in sé. E quello che mi ripaga dalla fatica è la bellezza dei paesaggi, l’autenticità delle persone che si incontrano lungo la via. Insomma, non ho scelto i cammini legati al Medioevo per particolati motivi. È stato sicuramente un modo per riscoprire il Belpaese sotto altra ottica.
Che cosa è cambiato in questi anni di cammino? È cresciuto il numero delle persone che affrontano la Francigena?
Oggi, c’è molta più informazione, vanno molto più di moda i diversi cammini ed è una modalità slow ed economica di turismo. Lungo la via Francigena si registrano circa 20.000 ‘pellegrini’ l’anno, sicuramente più di prima, ma potrebbero essere molti di più. Le persone che decidono di mettersi in cammino hanno una certa preparazione culturale, in questo senso si può parlare di una élite. Ma la possibilità di percorsi in solitaria, oggi, è concreta e alla portata di tutti. In questo senso la tecnologia e tutte le informative presenti in loco non hanno snaturato il vero senso del cammino del pellegrino. Sono cammini solitari, ma attrezzati.
Qual è il suo cammino ideale? E quale non farebbe mai?
Non ho una via preferita, anche perché vorrei farle tutte. Ogni cammino, ogni percorso, vale la pena di essere battuto.
Viaggiare in solitaria è molto disagevole? Ad esempio, dove dorme?
Non direi disagevole, piuttosto è un modo semplice e sobrio di scoprire la natura. Non mi fermerei mai in tenda a pernottare. Preferisco qualsiasi altra soluzione possibile: un ospizio, un albergo, un ostello, l’accoglienza diffusa dei privati, le famiglie che fanno parte della rete delle parrocchie (anche se non tutte le parrocchie offrono accoglienza ai pellegrini).
E si sente sicura?
Sì. Non mi è mai capitato qualcosa di spiacevole. Le uniche “armi” che porto con me sono uno spray al peperoncino e un coltellino. Camminando ho scoperto la bontà delle persone, la bellezza della natura e dell’Italia, e la sua autentica e squisita gastronomia.
© Foto: Paolo Mansolillo
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