Turismo
La cultura della destra ossia il museo degli orrori
A Firenze, città simbolica, si sta svolgendo il G7 del Turismo, dove gli addetti a questa grande industria internazionale si scambiano idee e proposte. Non poteva mancare Flavio Briatore, uno dei tanti incontinenti che non sa mai star zitto al momento opportuno, e che spara le sue colossali corbellerie come se dicesse delle grandi saggezze.Cos’ha dichiarato il nostro eroe twigato? “L’Italia ha scoperto il turismo da quando Daniela Santanchè è ministro. Non sapevo neppure che ci fosse un ministero prima che lei arrivasse, finalmente si sono accorti che è l’azienda più importante che abbiamo in Italia”.
Capito? Che l’Italia facesse parte da secoli del famoso Grand Tour per Briatore non è importante. Forse non sa nemmeno che cosa sia il Grand Tour, né che dell’Italia come terra da vistare ne abbiano scritto Goethe, Stendhal, Brydone, e centinaia di altri viaggiatori illustri nel corso del tempo. Camera con vista, per restare a Firenze, da dove pontifica il nostro supercafonal che parla solo perché ha i soldi e crede, come Musk, di poter dire ciò che vuole, è un libro di E.M.Forster, 1908, (poi film di James Ivory, 1986) che probabilmente non gli dice niente. Camera con vista può tutt’al più essere una richiesta sul sito del twiga o dei suoi resort sparpagliati pel mondo: mi raccomando, che ci sia una camera con vista e magari pure la colazione in camera e, se c’è mi mandi pure una massaggiatrice o un massaggiatore, che fa sempre bene, pago a parte, certo.
D’altro canto, per la sua amica del cuore Daniela Santanchè, orgogliosamente fascista, oggi ministra del turismo, Il Gattopardo era un film di Lucchini (non di Luchino Visconti). Giusto per inquadrare i due ignoranti abissali, una coppia da Oscar.
Ma state a sentire qual è la proposta sensazionale di Briatore, che non si spiega come le cose in Italia non funzionino, o meglio, si dà una spiegazione:
“Giro non so quanti milioni di chilometri all’anno, in tutti gli altri posti la gente paga, qui non paga mai nessuno, vai ai musei e non paghi, le fiere non le fai, non ci sono cose preferenziali. Se uno sente il passaparola della gente dell’Italia nel mondo non è positivo. Tutti incensano l’Italia come se fosse il paese numero uno al mondo, per me sono tutte cazzate. Il problema vero è che non siamo capaci a vendere bene il nostro Paese, lo vendiamo male”.
Si potrebbe obiettargli che, pur avendo macinato milioni di chilometri (sarà arrivato su Marte prima di Elon Musk?), non deve aver capito nulla di ciò che ha visitato, forse perché o distratto dalla bella di turno accanto a lui o proprio perché non si rendeva conto di dove si trovava e di cosa vedeva. Ma voi ve lo immaginate Briatore in un museo, una biblioteca, una galleria d’arte? Cose incompatibili. Gli unici luoghi dove forse potrebbe essere un elemento decorativo sono i bar, i ristoranti e le spiagge, ah, sì, certo, anche le discoteche (intese non come archivi di dischi ma come balere).
E, dall’alto delle sue considerazioni ecco che arriva la soluzione per tutti i mali dell’Italia che non sa vendere i suoi gioielli:
“Abbiamo il settanta per cento delle opere nelle cantine perché non abbiamo spazio. Perché non si fa un museo come il Prado in cui entri dentro, hai tutto e non devi andare un po’ qua, un po’ là, un po’ qui e un po’ lì? Avere un museo unico dove racchiudere tutto quanto. A Parigi non vai in dieci musei diversi, vai in uno, il Louvre, e c’è tutto”.
Capito? A Madrid e a Parigi non ci sono altri musei se non il Prado e il Louvre. E, sicuramente, Briatore c’è stato per poterne parlare così approfonditamente e dare le sue ricette.
Non deve aver visto né avuto notizia degli altri musei come Reina Sofia o Thyssen Bornemisza a Madrid, così come di sicuro a Parigi chi gli ha letto la guida (perché suppongo che lui non legga qualcosa dai tempi delle elementari) deve aver omesso il Museo d’Orsay o il Nissim de Camondo, o il Carnevalet, o il Rodin, o il Picasso, o l’Orangerie, o il Centre Pompidou, di musei a Parigi ce n’è 150 e oltre. Ah, certo, poi ci sono i musei archeologici, forse da colui nemmeno presi in considerazione perché, probabilmente, non saprà cos’è l’archeologia, magari li ha presi per un mercato delle pulci. Forse ha creduto a chi gli ha detto che a Parigi c’è solo il Louvre e non gli è parso opportuno approfondire, il Louvre è più che sufficiente.
I milioni di chilometri che Briatore ha percorso sicuramente non li ha spesi nei musei, perché non li conosce, ma in bighellonaggio.
Senza sapere, peraltro, che molti musei sono gratuiti (pochi musei italiani, inoltre, lo sono, e i musei italiani sono pure cari) anche all’estero, come a Londra, dove non paghi per entrare al British Museum, la National Gallery, il Museo di Storia Naturale, il Tate e il Victoria and Albert Museum. Tutti gratuiti, che ignoranti in Inghilterra, non sanno vendere ciò che hanno.
La soluzione è quindi la seguente:
“Chi viene va al museo Roma, o come lo vuoi chiamare, e dentro c’è tutto. Ci mettiamo tutte le robe che abbiamo in cantina, le facciamo vedere e le facciamo pagare. Per me sarebbe una cosa logica”.
Aspettiamo di vedere la caricatura che ne farà Crozza. Ma secondo me è in difficoltà perché la realtà supera la parodia.
Questi sono i ricchi che parlano a vanvera, senza sapere di cosa stiano parlando, esattamente come Elon Musk: possono dire quello che vogliono? Forse possono, ma poi non possono evitare l’indignazione mia e di milioni di altre persone che, stimolate da tanta ignoranza profusa con generosità, non possono tacere.
Io proporrei un museo unico per le minchiate dette da Briatore, Santanchè, Salvini, Berlusconi, Meloni, Sangiuliano, Trump, Musk e personaggi vari, anche di aree politiche diverse, perché se Atene piange Sparta non ride. Sarebbe enorme, non basterebbero i Musei Vaticani.
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