Turismo

Italiani popolo di vacanzieri: ma di che tipo?

13 Dicembre 2017

Tempo di Natale, tempo di viaggi per tanti Italiani. Questo infatti è l’unico periodo dell’anno, insieme all’estate, che consente partenze più lunghe di un weekend. E gli Italiani, che in genere sono viaggiatori appassionati, ne approfittano volentieri. Ma come si comportano? Che tipo di vacanzieri sono? Lo abbiamo chiesto a Graziano Capponago del Monte, giornalista, socio Gist (Gruppo italiano stampa turistica) e co-fondatore dei blogmagazine www.SvizzerAmo.it e www.AustriAmo.it dedicati rispettivamente al turismo in Svizzera e Austria.

Gli Italiani preferiscono il turismo di massa e modaiolo, con mete tipo Miami e le Maldive, o sono più avventurosi?

«L’italiano è in genere molto tradizionalista per quanto riguarda le sue vacanze. Mare d’estate, montagna d’inverno e qualche fine settimana in giro con diverse motivazioni (acquisti, cultura, enogastronomia). Partendo da questa “legge” fondamentale, le destinazioni cambiano principalmente secondo la disponibilità economica e le situazioni incombenti geopolitiche (vedi il calo, se non il crollo, di Egitto, Tunisia o Francia)».

Qual è la cartina di tornasole del gusto vacanziero italiano?

«I cataloghi dei tour operator più grandi danno bene il polso della situazione. Ci sono destinazioni sempreverdi che calamitano gli interessi, poi ci sono situazioni particolari che sfruttano un fenomeno di moda che tende ad autoalimentarsi. Il caso del Salento è paradigmatico, in pochi anni ha avuto un’esplosione che l’ha portato a diventare destinazione di moda, salvo trovarsi ora in un punto critico di sostenibilità che rischia, se mal gestito (e i sintomi, purtroppo ci sono tutti) di far crollare tutta l’impresa turistica che, in molti casi è improvvisata e tende a realizzare il massimo profitto con il minimo sforzo».

Quanto è diffuso il turismo consapevole tra gli Italiani?

«C’è molta confusione rispetto al concetto di turismo consapevole. Per prima cosa dovremmo rispondere alla domanda: “Consapevolezza di che cosa?”, che il turismo è un’attività economica e che pertanto è soggetta alle leggi di mercato e che richiede risorse economiche, umane e materiali? Che il turismo ha sempre un fortissimo impatto (non necessariamente negativo) sull’ambiente e sulle popolazioni? Tante sono le domande che ci si pone in materia e non solo da ora. Una risposta anche se datata 1987 l’aveva data una Commissione indipendente sull’Ambiente e lo Sviluppo (CED) secondo la quale: “L’unica possibilità di rendere sostenibile lo sviluppo è quella di far sì che esso soddisfi i bisogni dell’attuale generazione senza compromettere la capacità delle generazioni future di rispondere ai loro”. Detto questo, ci sono sempre più persone che cercano un turismo diverso.».

Cioè?

«Più personalizzato e meno massificato. Se questa ricerca sia frutto di una consapevolezza, di una scelta individuale etico/ambientalista o, piuttosto, il desiderio di “fare qualcosa di diverso” è difficile dirlo. Da una parte si assiste al fenomeno del “fai da te”, una trasformazione da turista a viaggiatore alla ricerca di qualcosa di cui è pienamente consapevole al momento della partenza. Dall’altra, molti tour operator si stanno orientando nei loro cataloghi verso un turismo più “etico”. Ma questo porta con sé due problemi: il primo è che questo tipo di viaggio è generalmente più costoso per una serie di ragioni (minor numero dei partecipanti, luoghi più difficilmente raggiungibili, maggior remunerazione dei servizi locali, ecc.); il secondo è che il turismo consapevole – che qui definirei sinonimo di sostenibile – ha in se stesso dei limiti numerici. È assolutamente antitetico al turismo di massa».

Qual è il più grande pregio degli Italiani come turisti?

«All’estero sono generalmente molto amati perché di solito hanno già stanziato una somma per le loro vacanze e spendono volentieri per la propria soddisfazione, senza stare a lesinare. Poi sono turisti relativamente poco pretenziosi che badano al rapporto qualità-prezzo e se questo corrisponde alle loro aspettative non hanno problemi e non ne creano ai gestori. Inoltre sono italiani, per cui hanno un modo di fare cordiale che piace sempre. Infine (e questo è paradossale se pensiamo a come gli Italiani si comportano in Italia) di solito all’estero si comportano molto bene. Un esempio è Innsbruck, in Tirolo (Austria), che ad agosto diventa una città solamente italiana e le sue strade sono pulitissime e i posteggi ordinati».

E i difetti?

«Sicuramente le difficoltà linguistiche che non rigurdano solo le vecchie generazioni di viaggiatori ma anche le nuove. All’estero esibiamo poi un certo provincialismo, esplicato dalla sofferenza patologica per la mancanza di caffè e spaghetti e, spesso, da un senso di superiorità culturale che va a scapito delle tante ricchezze che ci sono negli altri Paesi. Qualcosa peró sta mutando lentamente».

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