Governo
Turismo: con Enit ancora in stallo, il piano B di Matteo Renzi prende quota
A due anni dalle «Disposizioni urgenti per […] il rilancio del turismo» varate dal governo Renzi e che trasformarono Enit in ente pubblico economico, non si intravede alcuna luce in fondo al tunnel per l’ente che dovrebbe occuparsi di promozione del brand Italia sui mercati internazionali del turismo.
La riorganizzazione è ancora in alto mare, il Cda, nominato dal ministro Franceschini esattamente un anno fa, è completamente scomparso dai radar, non si registrano novità sul fronte delle strategie promo-commerciali, la stesura del piano strategico sul turismo è stata affidata, con tanto di esborso milionario, ad un altro ente . E, stando ad una interrogazione depositata pochi giorni fa alla Camera da Basilio Catanoso, parlamentare di Forza Italia, «la convenzione triennale da stipularsi – entro dicembre 2015 – tra Enit e Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per il finanziamento di attività promozionali specifiche […], non è stata ad oggi finalizzata».
I sintomi del fatto che qualcosa non stia funzionando nella catena di montaggio della nuova Enit sono resi evidenti innanzitutto dalle condizioni di semi-abbandono del sito web. Che dovrebbe essere la porta di accesso dei tour operator del mondo ai nostri tesori turistici; ed invece, ad esempio, riporta nelle home page dedicate all’utenza non italiana un goffo minestrone costruito in parte in lingua estera ed in parte in lingua italiana.
Ma è emblematica dello stato dell’arte anche una recente affermazione di Francesco Palumbo, direttore generale del turismo del Mibact: «L’intenzione di riformare l’Enit veramente c’è, ma ci vuole il tempo necessario. Si sta cambiando il personale e i dirigenti e pensare di farlo in pochi mesi è un errore».
Pare di capire, dalla parole del dirigente, che la fretta non possa proprio guidare il processo di restituzione alla piena operatività dell’ente, che è stato uno dei più fulgidi esempi di spreco e clientelismo nella storia italiana. Ma la lentezza implicitamente invocata da Palumbo e che mal si concilia con un ambito, come quello del turismo, che viaggia a mille chilometri all’ora, cosa ha prodotto in questi mesi? Le tappe di un disastro annunciato sono tante. Alcune delle quali sono toccate dall’atto ispettivo di Catanoso. Che prende correttamente le mosse dal fatto che le deleghe assegnate al direttore esecutivo – figura, questa, uscita dal cilindro del Cda guidato da Evelina Chiristillin e che ha necessitato di una modifica all’originario statuto di Enit predisposto dal commissario Radaelli – coincidono con quelle di direttore generale. E di conseguenza, come è accaduto, ad esempio, per la nomina del direttore dell’Agenzia del Demanio – anch’esso ente pubblico economico al pari di Enit – il relativo contratto dovrebbe essere a tempo determinato. La durata, poi, generalmente, non può mai superare i tre anni. Invece, nel caso di Giovanni Bastianelli, già direttore dell’agenzia del turismo della Regione Lazio e da poco nominato direttore esecutivo/generale di Enit, il rapporto di lavoro risulta a tempo indeterminato. Aspetto, questo, che ha spinto il parlamentare autore dell’interrogazione, a dichiarare che «non risulta corrispondente ai dettami della legge la possibilità che un direttore esecutivo/generale di un ente pubblico economico possa avere un contratto a tempo indeterminato, come quello stipulato dall’Enit con il dottor Bastianelli».
Un altro elemento di riflessione riguarda l’età di Bastianelli stesso. Il bando di selezione per il direttore esecutivo/generale richiamava, tra i requisiti richiesti, un’età non superiore a 50 anni. Ma il nuovo direttore, di cui è impossibile trovare un curriculum vitae nel sito web di Enit, ha almeno 56 anni.
Quella relativa alla nomina di Bastianelli non è però l’unica grana con cui Enit è alle prese. Le designazioni dei consiglieri di amministrazione, come scrive Catanoso nell’atto ispettivo, «non risulterebbe […] essere state registrate alla Corte dei conti, né si conoscono gli estremi dell’invio alla stessa». I nodi riguardano, in particolare, il consigliere Antonio Preiti e il consigliere delegato Fabio Lazzerini, con i rispettivi potenziali conflitti di interesse. Il primo è tutt’ora socio di maggioranza di Sociometrica, una società che opera nello stesso ambito di azione di Enit, quello di «organizzazione, promozione e realizzazione di iniziative nel campo della promozione turistica». «Una situazione paradossale – ci ha raccontato un ex dipendente di Enit – perché è come se Bernardo Caprotti, patron di Esselunga, entrasse nel Cda di Coop».
Un potenziale conflitto di interesse penderebbe pure sulla testa di Fabio Lazzerini, consigliere con deleghe di peso nell’ente di promozione del turismo. Lazzerini, ad oggi, è ancora dipendente di Emirates con la qualifica di country manager per l’Italia. Appare dunque lecito chiedersi come farà Lazzerini a gestire con il necessario equilibrio i rapporti e gli accordi con compagnie aeree concorrenti di Emirates.
Un quadro a dir poco desolante, quello che connota la “nuova” Enit. Di fronte al quale sempre più addetti ai lavori si chiedono cosa aspetti Matteo Renzi a rompere gli indugi e realizzare il piano B sul turismo, più volte fatto trapelare, ma fino ad ora rimasto nei cassetti di Palazzo Chigi: far confluire ciò che resta di Enit nell’Ice, assegnando il compito di far fruttare nel mondo il petrolio italiano a Carlo Calenda, principale autore del piano straordinario sul made in Italy e da poco ministro dello Sviluppo.
@albcrepaldi
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