Turismo
C’era una volta il ‘Pienone di Ferragosto’ (Al di là dei numeri)
Alla fine – almeno per i più ottimisti, ché i pessimisti scommettono già sul fiacco andante – sulla Riviera Romagnola, quest’anno, andrà in scena il ‘pienino’ di Ferragosto. Un inedito, da queste parti. Dove da sempre, Ferragosto, fa rima col ‘pienone’. Anzi, ‘Pienone’. Con la P maiuscola. Senza se e senza ma. Invece in questo 2023, raccontano i numeri, in Romagna ci si dovrà accontentare di quel che passa il convento: un ‘pienino’, appunto. Con gli italiani a subire le stilettate dell’inflazione, i rincari delle bollette, il mutuo a tasso variabile che schizza verso l’alto. L’aumento generalizzato dei prezzi – in ogni ambito e in ogni settore merceologico – che spinge, se non a tirare la cinghia, quanto meno a fare i conti con il bilancio. E a rivedere le priorità, a partire dalle vacanze. Così, schizza un ‘report’ stilato Centro studi turistici di Firenze per Assoturismo-Confesercenti, la saturazione delle strutture romagnole presenti sui portali scende al 78%, nonostante il ponte ‘ferragostano’ di quest’anno di grazia duri un giorno in più dell’anno scorso, con cinque notti a disposizione dall’11 al 16 agosto. Numeri che non bastano a raccontare il ‘trauma’ del ‘pienino’. Già perchè il Ferragosto, in Riviera, non è cosa da semplici e freddi dati. Il Ferragosto, da che mondo e mondo, è uno ‘stato mentale’, quasi una ‘categoria dello spirito’. Cresciuto in un albergo – che i miei genitori hanno portato avanti a Riccione per quasi quarant’anni – Il-quindici-d’agosto è sempre stato, per tutti quelli che ci lavoravano, il D-Day. Il Giorno dei Giorni. Guai a sbagliare qualcosa: sul menù del pranzo, tra mia mamma e il cuoco, iniziava, già dalla fine di luglio, una partita a scacchi. Quanti antipasti? E i primi? Meno carne, più pesce. Anzi, no. Oppure sì. Guarda che c’è da accontentare questo, questo e pure quello. ‘Sto piatto l’abbiamo già fatto l’anno scorso, vorrai mica ripeterlo? Alla fine il menu del pranzo, un mirabile incastro – mercanteggiato allo sfinimento – di antipasti-primi-secondi-contorni-dolci, venerato come una reliquia, finiva nascosto chissà dove: roba ‘top secret’. Guai a spifferare anche mezza portata. Sennò addio effetto sorpresa. E non sia mai che quelli dell’hotel vicino mettano in tavola le stesse cose. Giammai. Il-quindici-d’agosto, cascasse il mondo, tutto doveva essere perfetto: il tovagliame, le decorazioni, l’aperitivo in terrazza. Pure la colonna sonora. Tutto. Nella speranza che a qualche burlone, nel giorno dei gavettoni per eccellenza, non venisse in mente di tirare fuori una pistola ad acqua e spruzzare qua e là. A dire il vero, un anno successe: mio babbo aveva giusto parcheggiato la storica ‘A 112’ arancione di mia mamma sul marciapiede per portare in cucina una torta di cinque piani appena ritirata dalla pasticceria quando un ragazzetto, con doppio salto carpiato, rovescia un secchio d’acqua sull’auto centrando in pieno il finestrino aperto e la torta. Ovviamente da buttare. Penso che l’eco degli improperi ‘babbeschi’ aleggi ancora in Via D’Annunzio. Per la cronaca, il ragazzetto, abbastanza dispiaciuto, venne precettato per andare a prendere circa 200 cassate siciliane dal rivenditore dell’Algida. Forse pure lui sente ancora l’eco di quegli improperi. Erano gli anni d’oro del turismo di Romagna, gli scintillanti Ottanta e Novanta – lanciati dalla catapulta del binomio Sessanta-Settanta – quando la costa era una Babele, dall’aria allegra, che mescolava tutto e tutti. Centrifugava e faceva coesistere qualsiasi cosa: i saccopelisti che bivaccavano in Piazzale Roma a Riccione portati via dalla celere e i locali eleganti della collina riccionese e riminese con i rampolli della Bologna-bene e delle casate del Nord; le famigliole sotto l’ombrellone e i tedeschi a tracannare ettolitri di birra; i ‘pattuglioni’ di giovani a lanciarsi secchiate d’acqua del Ferragosto; i night dei ‘Cumenda’ e le discoteche dei ‘fattoni’; le prostitute sulla strada del Gros e i ‘piadaroli’ ad ogni angolo di strada. Gli anni – arrivati più o meno fino ai giorni nostri – del ‘Pienone’. Materiale e dello spirito. Altro che il ‘pienino’ d’oggidì.
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