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Cdp e gli aiutini di Stato agli amici dei cerchi magici
Novantadue milioni di euro. È la cifra messa sul piatto dalla Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) per comprare e ristrutturare cinque strutture ricettive in altrettante località italiane. Si tratta del secondo investimento di Cdp nel settore del turismo, attuato attraverso lo strumento del Fondo italiano per il turismo (FIT), dopo mesi di occasioni mancate, tentati acquisti di hotel non andati a buon fine e il vaglio di decine di proposte giunte sul tavolo dell’istituto controllato dal Ministero del Tesoro. Al fianco di sir Rocco Forte, proprietario della catena alberghiera inglese presente con tre hotel anche in Italia e di cui Cdp ha rilevato due anni fa il 23 per cento spendendo 82 milioni di euro, entrano ora in scena due personaggi di primo piano del mondo economico-finanziario. Nell’affare, annunciato nelle scorse settimane dall’amministratore delegato Fabio Gallia, sono infatti coinvolti, da un lato Andrea Bonomi, imprenditore milanese e indiscusso protagonista del mercato finanziario, che da un anno controlla i villaggi Valtur; dall’altro Graziano Debellini, padovano, uomo molto influente di Comunione e Liberazione, fondatore e presidente della catena TH Resorts ed in passato leader nazionale della Compagnia delle Opere.
Vai detto che dei 92 milioni di euro investiti da Cdp, 65 sono serviti per acquisire gli immobili e 27 verranno impiegati per la loro ristrutturazione. Resa necessaria dal fatto che i cinque complessi, benché immersi in luoghi suggestivi, mostrano il segno degli anni. In particolare le tre strutture provenienti da Valtur, marchio storico nel settore vacanze che, prima di finire nelle mani di Bonomi, ha vissuto anni di vicissitudini societarie, culminate addirittura in un crack finanziario. Certo desta curiosità il fatto che i tre villaggi ceduti a Cdp, a Marina di Ostuni, Marilleva e Pila, siano gli stessi che il finanziere milanese aveva acquistato appena un anno fa da Prelios Sgr, poco dopo l’annuncio dell’avvenuta scalata a Valtur. Il che aveva fatto immaginare l’imminente avvio di una nuova fase espansiva dell’ex colosso delle vacanze. Ma Valtur l’anno scorso ha chiuso un bilancio disastroso: a fronte di un volume d’affari pari a 76,2 milioni (erano 72,6 l’anno precedente), i conti al 31 ottobre 2016 evidenziano infatti un disavanzo di 62,3 milioni, contro un utile di 1,6 milioni realizzato nel 2015. Una perdita definita nella relazione sulla gestione «gravemente negativa». E imputata anche a fattori straordinari, come i «ritardi nella commercializzazione e marketing della stagione estiva 2016», oltre ad «una serie di eventi emersi successivamente al cambio di management», evidentemente sfuggiti ai radar di Bonomi e dei suoi consulenti al momento delle trattative. Come svalutazioni di attività per quasi 12 milioni, perdite su crediti per 2,5 milioni, accordi tansativi per circa 12 milioni: una catena di fatti che ha inciso pesantemente sui risultati di bilancio e che potrebbe dunque spiegare l’inattesa cessione dei tre asset a Cdp, acquistati, come detto, pochi mesi prima.
Le altre due strutture su cui ha puntato Cdp – che si trovano a Marina di Pisticci, in provincia di Matera ed a Marina di Sibari, in provincia di Cosenza – facevano invece capo a TH Resorts, scelta da Cdp – questa volta in partnership con Club Méditerranée – anche per la trasformazione in struttura ricettiva del complesso immobiliare dell’ex Ospedale a mare, al Lido di Venezia, da anni in stato di abbandono. Al fianco di Graziano Debellini, in TH Resorts, spicca il nome dell’amministratore delegato Giorgio Palmucci, ex manager di lungo corso di Club Méd, ma soprattutto attuale presidente nazionale dell’influente associazione di Confindustria che aggrega le principali catene alberghiere presenti in Italia. Tra cui, appunto, anche quella di TH Resorts. Controllata da una società anonima con sede legale in Lussemburgo, che a sua volta rimanda ad un Trust londinese, la società fondata da Debellini ha chiuso gli ultimi bilanci che risultano depositati – relativi al 2014 e al 2015 – accusando quasi 750 mila euro di perdite complessive, a fronte di circa 35 milioni di fatturato.
Anche nel caso dell’operazione con TH Resorts non mancano elementi singolari. I villaggi entrati nel portafoglio di Cdp si trovano infatti in due località dove lo Stato, attraverso Invitalia, già possiede delle strutture ricettive.
Il TH-Ti Blu Village di Debellini e soci è infatti a meno di 4 chilometri dall’ex Club Med di Metaponto, chiuso dal 2010 e per il quale Italia Turismo – braccio operativo di Invitalia sui temi del turismo – ha messo in pista negli scorsi anni un articolato piano di ristrutturazione e rilancio, che stenta però a trovare attuazione. Analogo è il quadro a Sibari. Il TH-Baia degli Achei Village appena comprato da Cdp dista un paio di chilometri in linea d’aria dal Sibari Green Village, sempre di proprietà di Italia Turismo. Una struttura, quella a Sibari, che da anni attende la realizzazione di un campo da golf a 18 buche, inserito nell’originario progetto di sviluppo.
La domanda sorge spontanea: ma perché Cdp ha deciso di comprare da un privato, a Marina di Pisticci ed a Sibari, due strutture che avranno bisogno di cospicui interventi di ammodernamento, invece di mettersi al fianco di Italia Turismo/Invitalia per finalizzare gli investimenti pubblici su aree e complessi già di proprietà pubblica nelle medesime località?
Il link a Italia Turismo/Invitalia permette di offrire una possibile lettura della convergenza tra Cassa Depositi e TH Resorts. Perché uno degli uomini chiave dell’operazione è Gaetano Casertano, uomo ben introdotto nel sottobosco della politica romana e che dal 2008 al 2010 è stato amministratore delegato di Italia Turismo, uno dei più grossi buchi neri del ‘turismo di Stato’. Capace di produrre, solo negli ultimi cinque esercizi, 45 milioni di perdite. E tristemente famosa perché dell’originario progetto di investire, come recitava un comunicato del 2003, «770 milioni di euro – poi ridotti a meno di 200 negli anni successivi – nel turismo, dando lavoro a 11.700 addetti ed attivando flussi turistici per 2.370.000 unità all’anno» c’è ben poca traccia. Al punto che la società ha svalutato le proprie partecipazioni nell’ottica di vendere al miglior offerente gli otto villaggi di proprietà.
Ebbene, Casertano, già ascoltato consigliere di Cdp per la trattativa su Rocco Forte Hotels, addirittura 30 mesi fa profetizzava ciò che è poi accaduto nelle scorse settimane. «Con Rocco Forte e TH Resorts», affermò Casertano a Il Mattino di Padova, «si potrebbe creare un primo nucleo che può diventare polo di attrazione per altre società». Allo stesso quotidiano locale, il consulente diede poi la sua interpretazione autentica dell’accordo tra Cdp e sir Rocco Forte: «si è rotto il sistema, è un primo segnale che qualcosa si muove».
Ed in effetti qualcosa si è mosso. Ma solo sotto il profilo economico-finanziario, visto che del piano di sviluppo con focus su hotel 5 stelle, posto alla base dell’intesa tra Cdp e Rocco Forte Hotels, si sono perse definitivamente le tracce. Dall’ultimo bilancio della Rocco Forte Ltd depositato a Londra, emerge innanzitutto che il fatturato è calato, nel biennio 2014-2016, di circa 20 milioni di sterline: da 193 a 173 milioni. L’esposizione verso le banche, poi, a quota 184 milioni di sterline, rimane cospicua. Ma gli interessi sugli affidamenti bancari sono in diminuzione di ben 7 milioni di sterline. Segno, questo, che l’iniezione di denaro fresco messa in campo da Cdp deve aver favorito almeno la rinegoziazione del debito con Bank of Scotland, BPM e Unicredit.
C’è da sperare che l’accordo tra Cassa Depositi, Valtur e TH Resorts non segua la stessa scia. E che la boccata di ossigeno arrivata da Cdp nel momento giusto per Debellini ma soprattutto per Bonomi dia davvero il là ad un serio piano di investimenti nel turismo.
@albcrepaldi
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