Turismo
After-Pandemic: la comunicazione turistica in periodo di crisi
Nel mondo del quale, lentamente, con una sorta di effetto elastico indotto dalle notizie dei Covid positivi, ricominciamo a prendere possesso, abbiamo scoperto come molte delle attività abitualmente svolte con disinvoltura fino a pochi mesi fa, adesso richiedano scrupolose misure di protezione personale e vigilanza attiva. In questo scenario osserviamo micro e macro cambiamenti di abitudini anche nel modo di pianificare e fruire la vacanza, la quale diventa – oggi come non mai – un momento, più o meno breve, di rigenerazione psicologica, dopo mesi trascorsi in casa.
Tuttavia, un aspetto sembra non essere cambiato in modo apprezzabile: la modalità di promozione turistica delle regioni effettuata sui mass media, in particolare in televisione. Fatti salvi un paio di casi degni di attenzione, quello del Trentino e dell’Emilia Romagna, a osservare gli spot progettati da alcuni Assessorati regionali al turismo si rimane esterrefatti; sembrano uno la copia dell’altro: abuso di panoramiche effettuate con l’immancabile drone, spesso usato per coprire la totale assenza di approccio strategico-creativo. Sembra che i decisori istituzionali e i professionisti di cui si avvalgono non abbiano colto il radicale cambiamento che ha investito l’industria del turismo nel mondo. Parrebbe essere del tutto fuori fuoco l’ottica con cui si guarda al fenomeno della nuova domanda turistica; una domanda che si muove alla luce di un radicale mutamento del processo delle micro decisioni – assunte sull’incerto equilibrio tra istanze razionali e spinte emozionali – che precedono l’effettiva scelta di acquisto della vacanza.
La Sardegna, per esempio, è andata in onda su alcune emittenti della tivù generalista a partire dall’ultima decade di luglio, con uno spot la cui efficacia comunicativa avrebbe avuto un senso, forse, cinque, dieci anni fa. Oggi non più. Ricordiamo che l’attuale approccio alla vacanza è di tipo after-pandemic, pur trovandoci ancora in piena pandemia. Tuttavia, osservando il target aggregato, possiamo affermare che coloro i quali possono permettersi una vacanza, la programmano con alla base una dinamica psicologica positiva, cioè non sono preda della paura, ma cercano nella destinazione alcuni elementi minimi di sicurezza igienico-sanitaria. Cosa voglio dire con questo? In primis, che il focus della comunicazione non deve riguardare il concetto di sicurezza, se non marginalmente e declinato in positivo, evitando quindi slogan evocanti la malattia da SARS-CoV-2. Secondariamente, che condensare in trenta secondi di un spot le immagini che si ritengono più attrattive, riconoscibili della destinazione, sperando che qualcuna tra esse riesca a catturare delle prede turistiche tra le più diverse, è una modalità di marketing che possiamo definire obsoleta. Soprattutto per una destinazione matura e desiderata come la Sardegna. È arrivato il momento, grazie all’accelerazione apportata dalla pandemia, di segmentare il miglior target in relazione alla qualità dell’offerta che saremo in grado di allestire e promuovere, con strategie di comunicazione efficaci e innovative, nei mercati obiettivo. Occorre immaginare nuovi approcci creativi già in fase di studio strategico, che portino alla creazione di un prodotto comunicativo autenticamente innovativo e univocamente distintivo, nello scaffale dell’offerta turistica mondiale. Non sarebbe poi male per la Sardegna rivedere il sistema dell’accoglienza con il sociologo Rodolphe Christin: ne guadagnerebbero i residenti e gli ospiti.
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