Benessere

Volare al tempo del Covid

10 Giugno 2021

Vivi in Calabria e viaggi per lavorare.
Scegli (?) di volare con la compagnia di bandiera (a mezz’asta) perché l’aeroporto della tua città viene impiegato cinque giorni su sette per la coltivazione degli infestanti di stagione ed è conseguentemente aperto solo il venerdì pomeriggio.

Hai imparato a tue spese quale tribolazioni comporta la procedura d’imbarco Covid-oriented.
Passeggeri suddivisi in gruppi.
Imbarchi con inizio dalle file posteriori.
Sbarchi da quelle anteriori.
Se hai la sfiga di beccare una fila 26 al check-in elettronico, entri per primo e rimani in aereo mezz’ora più degli altri prima del decollo.
Ma dopo l’atterraggio è un’altra storia.  Si scende solo dalla porta anteriore.
E non devi muoverti di un centimetro prima che siano scesi i passeggeri della fila davanti alla tua.
Se ci provi, magari perché dopo quasi tre ore (mezz’ora prima, un’ora e mezza di volo e mezz’ora dopo) in un sedile della Chicco con attacco iso-fix da sei mesi a tre anni ti formicola una natica, accade che (nell’ordine)…
A) lo Stewart ti redarguisce con voce tonante e declinazione impersonale;
B) il passeggero più settentrionale (che dunque si ritiene più civile della maggioranza dei terroni beoti che riempiono immeritatamente il suo aeromobile) esclama a voce alta “figa…l’ha appena detto di stare seduti, eppure parla in italiano !”

Ma hai esperienza e commetti l’errore.
Segui una logica e compri un posto “confort” nelle prime quattro file, al prezzo di un volo Ryanair per la Cina con soggiorno, involtino primavera e hotel.
Entrerai con calma e uscirai tra i primi. Il prezzo è alto, ma vale la pena.

Arrivi dunque alla fine del “finger” non climatizzato che il sole ha trasformato in uno scaldavivande professionale e vieni fermato dallo zelante assistente di volo. Ti chiede di consegnare a lui il tuo trolley “cabin”, che hai comprato rigorosamente con misure a norma per non avere problemi e quindi lavi e stiri camicie e mutande almeno tre volte in una settimana di viaggio.
Lo deve affidare a chi lo imbarcherà nella stiva (si spera del tuo stesso aereo) perché le cappelliere sono piene.
Del resto lo dice la parola stessa: sono fatte per accogliere cappelli, mica trolley su misura.

Ti affidi agli Dei ed intoni una preghiera mentre ti aspetti di ricevere il ticket dell’apposita-fascetta, ma vieni informato che le apposite-fascette sono finite. Niente paura. Il tuo cognome viene scritto accanto al tuo numero di posto su un tovagliolo di carta con fregio alato e tricolore. Lo stesso viene apposto con cura sotto alla maniglia del predetto bagaglio per lillipuziani.

Hai ancora l’opzione del turpiloquio ma l’assistente di volo ti guarda con occhi che suscitano in te una certa tenerezza e rinunci.
Ti siedi mesto sul tuo sedile da privilegiato e scrivi di quello che ti sta accadendo, giusto per non dimenticare.
Che ci sarà un motivo se Alitalia è un’azienda fallita almeno cinque anni e qualche miliardo di euro fa e continua ad esistere, perché siamo italiani e c’è il Covid.
Che ha portato con se ogni sfiga e tutte le brutte cose che prima non c’erano, come la mascherina che intanto ti ha reso semi-incosciente e la voce diffusa che ti rassicura dicendoti che in quest’aereo l’aria è rigenerata e purificata al “novantanovepercento”. L’ “unopercento” che rimane è indispensabile, casomai ti venisse un enfisema e meditassi di fare causa a qualcuno.

È ora di mettere il telefono in modalità aereo e decollare, fiducioso che il fazzolettino con il tuo nome non sia volato via anche lui e con il dubbio atroce su cosa fare se non dovessi trovare il tuo trolley-giocattolo sul nastro all’arrivo.
Avresti dovuto pensarci prima e fare un bel video della procedura. Adesso non ti crederà nessuno, ma non importa, facciamo di tutto per salvarci dal contagio e un bagaglio alla settimana non è poi un prezzo così caro per stare sicuri.

Ma ecco che avviene quello che non ti aspetti. L’assistente arriva trionfante e ti sventola sotto al naso un ticket. Lo prendi e ti senti subito meglio.
Sopra ci sono un nome ed un numero di posto che non sono tuoi, ma non fa niente.
Vedrai a terra sul nastro; se ci troverai un trolley di Louis Vuitton non ancora saccheggiato dovrai essere lesto, ma ci potresti anche guadagnare.

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