Trasporti
Trasporti, ‘Più diritti ai lavoratori vuol dire più servizio agli utenti’
Intervista a Michele Schifone (Unione Sindacale di Base)
‘Trasportiamo diritti. Quelli dei cittadini, quello dei lavoratori’. Già dal titolo la piattaforma di USB per il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri, scaduto da oltre un anno, chiarisce l’intento di disinnescare la contrapposizione tra lavoratori e utenti del trasporto pubblico. E’ di ieri la notizia che la Procura di Milano, esaminati i tabulati telefonici dell’autista che a dicembre, al volante di un filobus ATM, si era scontrato con un mezzo dell’AMSA, non gliene ha contestato l’uso mentre era alla guida, smentendo le dichiarazioni di una donna che invece aveva affermato di averlo visto al telefono prima dello schianto (Fanpage050220). Episodio che di per sé non scagiona il dipendente ATM, ma riflette un clima teso, di cui il fenomeno delle aggressioni ad autisti e controllori, in crescita inquietante, è, almeno in parte, un riflesso. Spesso è politica stessi a utilizzare i lavoratori come capro espiatorio per mascherare una gestione non proprio brillante delle aziende pubbliche (come a Napoli, dove la tensione tra il sindaco De Magistris e i dipendenti dell’ANM è di nuovo alta).
La piattaforma contrattuale, presentata a ottobre da questo piccolo sindacato di base con una presenza significativa nel settore dei trasporti, in queste settimane viene presentata nelle città italiane e lunedì è stata oggetto di un incontro tra i rappresentanti di USB e quelli di ASSTRA, ANAV e AGENS, organizzazioni di categoria delle aziende di trasporto pubblico locale. Il TPL sta attraversando un momento di trasformazione e di crisi. Se nel 2013 Erasmo De Angelis, sottosegretario ai trasporti del governo Letta, dichiarava che il 43%-44% delle circa 1150 aziende del settore (120.000 dipendenti) era tecnicamente fallito e il Fondo Nazionale Trasporti sottofinanziato (4,9 miliardi su un fabbisogno di 6,4), da allora qualcosa sembra essersi mosso. Il rinnovo del parco mezzi (con un’età media di 12 anni contro una media europea di 7) è lentamente iniziato e le grandi aziende hanno ripreso ad assumere. Ma la dotazione del Fondo è rimasta esattamente la stessa, il che significa che investimenti e assunzioni sono stati pagati dai lavoratori (sia in termini economici che normativi) e dagli utenti (con l’aumento delle tariffe), ma rimangono comunque ben lontani dal coprire il fabbisogno e arrivano tardi e stentati, in un contesto compromesso da troppi anni di tagli. Insomma un’aspirina al posto della cura da cavallo necessaria a mettere in sicurezza il sistema.
I risultati purtroppo si vedono: gli incidenti e i roghi di autobus, spesso frutto di scarsa manutenzione, sono ormai all’ordine del giorno lungo tutto lo stivale; i pendolari sono sulle barricate da Torino a Napoli, passando per la Lombardia e, ancora una volta per la Capitale (GliStatiGenerali261119); i problemi e talora lo scontro politico dalle grandi aree urbane dilagano investendo anche la provincia. In Umbria, Molise, Abruzzo, Basilicata e Sicilia i tagli al servizio, le aziende in liquidazione e gli stipendi pagati mesi in ritardo sono il sintomo di un sistema sull’orlo del collasso. La Toscana esce da una interminabile battaglia di carte bollate tra il gruppo francese RATP, vincitore della gara per il trasporto regionale, e le aziende pubbliche locali, che hanno impugnato il risultato.
Nel frattempo i pasdaràn delle liberalizzazioni a ogni costo, in testa radicali e think tank neoliberali come l’Istituto Bruno Leoni di Milano, rilanciano la battaglia per l’affidamento ai privati, in nome di una maggiore efficienza, presunta ma smentita dai fatti, come mostra un recente rapporto di Mediobanca (GliStatiGenerali051219). E’ di pochi giorni fa la notizia che Roma TPL, società che gestisce per conto di ATAC alcune linee della Capitale, ha licenziato un autista diventato inabile alla guida di mezzi pensanti dopo essere stato vittima di un’aggressione in servizio. L’assessore competente del Comune di Roma ha ammesso di non poter intervenire sulle decisioni di un’azienda privata (ma ‘non staremo zitti’ ha aggiunto). Così come capita per quanto riguarda i cronici ritardi nel pagamento degli stipendi in quell’azienda.
Come si inserisce l’iniziativa di USB in un quadro così complesso lo abbiamo chiesto a Michele Schifone, autista della GTT di Torino e tra gli autori della piattaforma contrattuale di USB. Lunedì Schifone era a Roma nella delegazione di USB che ha incontrato i rappresentanti delle aziende e si è vista negare il riconoscimento di un tavolo e, dunque la possibilità di aprire un confronto. Una mossa abbastanza prevedibile in un sistema di relazioni sindacale come quello italiano, non regolato per legge e fondato sul monopolio di fatto da parte delle organizzazioni sindacali ‘maggiormente rappresentative’, ma segnato sempre più dal proliferare dei contratti-pirata tra aziende e sindacati di comodo. Nel mezzo i sindacati piccoli ma ‘veri’, di base e autonomi, vedono la conquista di un consenso più ampio tra i lavoratori come sola alternativa a rimanere schiacciati in questa tenaglia. ‘Vengo ora da un incontro con un’azienda davanti al Prefetto di Torino, in cui ci è stato contestato di non essere firmatari del contratto nazionale – osserva Schifone –, poi però se chiediamo alle associazioni di categoria di aprire una trattativa nazionale per il rinnovo contrattuale ci dicono di no’.
Partiamo proprio dall’incontro del 3 febbraio. Aldilà dell’esito, che era abbastanza scontato, che indicazioni ne avete tratto?
Ci ha colpito l’atteggiamento di chiusura totale e quasi di sfida nei nostri confronti. E’ evidente che non vogliono allacciare alcun dialogo con noi e d’altra parte è chiaro che c’è già in atto una condivisione con CGIL, CISL, UIL, UGL e FAISA, firmatarie del vecchio contratto. A novembre, dopo l’uscita della nostra piattaforma, quelle organizzazioni si sono affrettate a inviare ad ASSTRA, ANAV e AGENS alcune ‘linee guida’, che contengono alcune affermazioni di principio ed elencano alcuni temi, senza entrare nel merito, ma soprattutto lasciando intuire che il prossimo contratto si limiterà ad alcune precisazioni su come gestire il vecchio contratto e piccoli aumenti retributivi, affidati ancora una volta soprattutto al welfare, cioè non soldi versati in busta paga ai lavoratori, ma contributi al fondo pensioni di categoria, che alle aziende convengono perché sono detassati. Su questo credo che ci siano già stati un paio di incontri.
Qual è il prossimo passaggio per voi?
Il prossimo passaggio è il tentativo di conciliazione al Ministero dei Trasporti e poi cominceremo a ragionare su uno sciopero per cercare di ottenere il tavolo che ci negano e misurarci sulle questioni concrete che interessano la categoria e che gli altri sindacati non pongono. Nel frattempo c’è l’impegno di parlare coi lavoratori e presentare le nostre proposte, facendo capire loro che lì ci sono alcuni strumenti per risolvere i nostri problemi di tutti i giorni e che vale la pena di scioperare perché si apra una trattativa vera. Abbiamo già fatto assemblee a Torino, Milano, Trieste e Napoli e nelle prossime settimane dovremo andare a Genova, in Trentino e nelle Marche.
Perché un lavoratore dovrebbe appoggiare la vostra piattaforma? Puoi citarmi 2 o 3 punti?
Intanto credo che con questa piattaforma abbiamo introdotto un elemento di novità. Si tratta di un testo che è imperniato su proposte molto concrete. Visto che di solito veniamo accusati di saper dire solo di no, abbiamo voluto dimostrare che in realtà abbiamo una visione molto concreta di come deve funzionare il trasporto pubblico e di come dev’essere gestito il nostro lavoro. Il punto ora è riuscire a tradurre questa visione in una battaglia che dia dei risultati. Questo è il nostro impegno.
Facci qualche esempio…
Intanto il salario. Siamo intervenuti sulla scala parametrale, quelli che negli altri contratti sono i ‘livelli di inquadramento’, ridefinendo i parametri per tutta la categoria, in modo da aumentare strutturalmente il salario. Un operatore di esercizio, attualmente a parametro 193, che oggi guadagna sui 1.220 euro, avrebbe un aumento di 100 euro al mese. Poi chiediamo il ripristino dell’indennità di vacanza contrattuale e anche che l’importo aumenti man mano che il periodo in cui i lavoratori rimangono col contratto scaduto si allunga.
E per quanto riguarda le regole?
Ci sono due punti che credo siano abbastanza sentiti dai colleghi. Uno è più attenzione per le malattie professionali, un problema che nel nostro settore è molto diffuso. Nella piattaforma chiediamo che il posto di guida sia riconosciuto come ‘luogo’ invece che come semplice ‘strumento’ di lavoro. Può sembrare un dettaglio, ma è il punto su cui molti colleghi si giocano il riconoscimento della malattia professionale. Un altro aspetto è il riconoscimento delle 35 ore di corso per il rinnovo del CQC, la patente per guidare i nostri mezzi, come orario di lavoro retribuito. E per i neoassunti che all’ingresso in azienda il CQC l’hanno già chiediamo il riconoscimento della professionalità, che significa impedire alle aziende di assumerli con contratto di apprendistato o di apprendistato professionalizzante per risparmiare.
Trasportate i diritti dei cittadini insieme ai vostri di lavoratori: è questo il messaggio che lanciate. Puoi farci un esempio di come le due cose vanno a braccetto?
Ti cito un caso che è venuto fuori in un’assemblea a Milano, tra i colleghi di un’azienda privata. Due nostri iscritti hanno ricevuto un provvedimento disciplinare perché, mentre facevano servizio su tratte extraurbane o autostradali, si sono rifiutati di far salire dei passeggeri una volta finiti i posti a sedere. Lo hanno fatto, ovviamente, per tutelare se stessi in caso di incidenti, ma così facendo hanno tutelato anche la sicurezza dei passeggeri. Come capita spesso in Italia non è chiaro che cosa dicano leggi e regolamenti su questo tema e per questo abbiamo impugnato i provvedimenti chiedendo ai giudici di pronunciarsi. Vedremo cosa diranno. Quel che è certo è che se dovessero darci ragione in pratica tutti gli operatori del trasporto pubblico si ritroverebbero fuori regola. Del resto poche ore fa è arrivata la notizia del deragliamento di un treno nel lodigiano, in cui hanno perso la vita i due macchinisti e quasi tutti passeggeri sono rimasti feriti. Lo dico perché anche le aziende del nostro settore gestiscono delle tratte ferroviarie e pochi giorni fa a Napoli c’è stato uno scontro tra due convogli della metro. E’ possibile che in Italia, invece di mettere in strada più mezzi, si facciano viaggiare le persone in piedi su un autobus che viaggia in autostrada?
L’intervista è tratta dalla newsletter di PuntoCritico.info del 7 febbraio
Devi fare login per commentare
Login