Trasporti

Taxi salvi, il governo rimanda norme sulle app

29 Gennaio 2019

I tassisti sono salvi. Per il momento. Nel decreto semplificazioni, di cui è in corso in questi giorni al Senato la conversione in legge, è confluito il decreto-legge 29 dicembre 2018, n. 143 “Disposizioni urgenti in materia di autoservizi pubblici non di linea” con una serie di restrizioni ai servizi di noleggio con conducente (Ncc) auspicate e promosse dai rappresentanti dei tassisti. Inoltre, il governo ha deciso di rinviare le norme sulle piattaforme informatiche che fanno da intermediari tra domanda e offerta rimandandone la regolamentazione a un successivo provvedimento del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm). Anche in questo caso, si tratta di un punto a favore dei tassisti tradizionali di fronte alle spinte per l’apertura del mercato del trasporto pubblico non di linea provenienti da più parti.

L’esigenza di rivedere la normativa in materia è sentita da tempo. La legge quadro che regola il settore è la numero 21 del 1992, un’epoca in cui la telefonia mobile era agli albori, mentre la rete Internet era sostanzialmente ristretta ai centri di ricerca e alle università.

L’esplosione della domanda di trasporto nelle grandi città e le nuove tecnologie che hanno consentito lo sviluppo di modelli di business innovativi anche nel settore della mobilità hanno da tempo messo alle strette i tassisti tradizionali. Titolari di licenza e liberi professionisti, nel dibattito pubblico italiano sono stati spesso additati di un eccessivo corporativismo, refrattari a ogni cambiamento e capaci di proteste clamorose e ‘chiassose’ ogni qual volta un potenziale concorrente ne mettesse in discussione le prerogative.

Spesso lo scontro si è spesso spostato dalle strade ai palazzi della politica. Epico quello che tra il 2005 e il 2007 vide contrapposti i sindacati di categoria e l’allora sindaco di Roma, Valter Veltroni. Il sindaco voleva aumentare di duemila il numero di auto pubbliche in circolazione nella capitale. Un anno dopo le sue aspirazioni si erano già dimezzate e alla firma dell’accordo, il 9 dicembre 2007, le nuove licenze concordate furono 500, ma spalmate su due anni. In cambio i tassisti ottennero un aumento delle tariffe del 18 per cento e l’attenzione pubblica sugli Ncc: “I tassisti hanno ragione”, dichiarò allora Veltroni: “troppi comuni rilasciano, per convenienza economica, licenze per gli Ncc che poi vengono a prestare servizio nella capitale con ricadute in termini di servizio e in termini economici”.

Undici anni più tardi è cambiato poco o nulla. Secondo i tassisti, anzi, la situazione è peggiorata. Nel corso dell’audizione del 16 gennaio in Commissione trasporti della Camera, il rappresentante dell’Associazione tutela legale Taxi, Marco Giustiniani, ha ribadito la richiesta che gli Ncc esercitino il loro servizio nell’ambito locale – le licenze sono rilasciate dai comuni – e il mantenimento dell’obbligo di rientro in rimessa al termine di ogni servizio.

Taxi e Ncc svolgono due servizi diversi, sostengono i rappresentanti dei tassisti. Il taxi svolge un servizio pubblico obbligatorio: si rivolge a una utenza indifferenziata; lo stazionamento avviene in luogo pubblico, il cosiddetto servizio “su piazza”; soprattutto, le tariffe sono determinate dai comuni e non sono frutto della contrattazione o delle leggi di mercato; le amministrazioni stabiliscono anche le modalità di servizio, i turni e il numero di auto che deve essere disponibile in ciascuna fascia oraria; il prelevamento dell’utente, ovvero l’inizio del servizio avvengono all’interno dell’area comunale o comprensoriale; in quanto servizio pubblico, la prestazione è obbligatoria e solo in rarissimi casi il tassista può rifiutarsi di far salire a bordo un cliente.

Al contrario, il servizio NCC non ha gli obblighi di servizio pubblico previsti per i taxi:

·                Il servizio di noleggio con conducente si rivolge all’utenza specifica che avanza, presso la sede (il nuovo decreto aggiunge che può avvenire anche presso la rimessa) del vettore, apposita richiesta per una determinata prestazione a tempo e/o viaggio. Lo stazionamento dei mezzi avviene all’interno delle rimesse.

·                Le tariffe sono quindi concordate con i clienti, quindi determinate da un accordo tra le parti, non da una autorità amministrativa.

Altra accusa mossa ai tassisti è che con il contingentamento delle licenze si crea una domanda insoddisfatta: vero, almeno in parte, affermano i tassisti, ma è un effetto fisiologico di un mercato regolamentato. Se i prezzi sono imposti da un’autorità amministrativa, per garantire la fruizione del servizio alla collettività, si può creare un deficit di reddito per il taxista. E se c’è un deficit di reddito deve essere compensato dal contingentamento dell’offerta.

Quello della concorrenza o della mancanza di concorrenza resta un tema spinoso. Nel corso della medesima audizione, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, rappresentata da Gabriella Muscolo ha enfatizzato la necessità di fare fronte a una domanda di servizi in forte crescita con una serie di misure:

·               Superare distinzione tra servizio pubblico, taxi, servizi di mercato, Ncc, servizi terzi;

·                superare l’equiparazione tra servizio di taxi e Ncc;

·                eliminazione discriminazioni territoriali Ncc;

·                modifiche per introduzione di operatori nuovi, piattaforme tecnologiche;

L’Antitrust è consapevole che una riforma di questo tipo produrrebbe effetti negativi sui taxi con obbligo di servizio pubblico. Ritiene quindi che dovrebbero essere previste delle forme di compensazione quali la rimozione di alcuni vincoli regolatori (orari, turni, uso dei veicoli) e un ristoro economico per l’eventuale svalutazione delle licenze.

Dal canto suo, anche Andrea Camanzi dell’Autorità regolatrice dei trasporti, ha chiesto al governo maggiore coraggio perché il decreto non affronta tutte le tematiche rilevanti nel settore. Soprattutto, a suo dire, non coglie la necessità di una visione più ampia della mobilità urbana e extraurbana, pubblica e privata. Il decreto non tiene conto dei benefici per l’utenza che sarebbero attesi, già segnalati dall’Autorità con un atto del 21 maggio 2015.

Il servizio taxi, ha affermato Camanzi, deve essere tutelato ma deve anche essere reso più flessibile per le esigenze del cittadino con una serie di provvedimenti:

·                eliminare i vincoli che gravano sul servizio taxi (divieto sconti, divieto cumuli per licenze, vincoli di esclusiva);

·                revisione del concetto di territorialità comunale, in favore di un duttile ed efficiente concetto di “bacino ottimale di gestione” di taxi e Ncc, che tenga conto degli aspetti non solo di natura economica, ma anche ambientale e turistica dei territori, nonché di una diversa idea di allocazione delle funzioni amministrative. Si dovrebbe rimettere le competenze alle Regioni;

·                togliere l’obbligo di ritorno in rimessa agli Ncc;

·                intervenire in fretta per la regolamentazione delle piattaforme digitali.

Nel corso dell’audizione hanno fatto notizia le scuse pubbliche di Uber, espresse dal responsabile delle relazioni istituzionali in Italia, Gabriele De Giorgi, che ha ammesso alcuni gli errori commessi dall’azienda ribadendo la volontà di continuare a essere presente e a investire in Italia. Rispetto alla discussione sugli Ncc – a cui il servizio Uber è equiparato, però De Giorgi si è detto contrario alla conferma del ritorno in rimessa dopo ciascun servizio: “Serve una legislazione moderna ed efficace, nel decreto legge che risponde alla legittima esigenza di contrastare l’illegalità c’è una sproporzione tra lo strumento adottato e il risultato da ottenere. Per colpire pochi illegali si impatta su tutta la categoria Ncc”. Il rientro in rimessa, ha detto ancora De Giorgi, “rischia di produrre la chiusura di migliaia di aziende, una procedura d’infrazione europea e un incremento dell’illegalità”. Il foglio di servizio elettronico rappresenta invece per Uber un’opportunità e sarebbe molto più efficace per combattere gli abusi.

Qualcuno, come il direttore dell’Agi, Riccardo Luna, ha suggerito ai tassisti di aprirsi all’utilizzo delle nuove tecnologie e fare fronte comune con le piattaforme per ridurre traffico e inquinamento dalle città. Tuttavia, la soluzione è meno semplice di quanto sembri. Oggi infatti si confrontano modelli di business completamente differenti. Da un lato le società di capitali, spesso multinazionali, che cercano di entrare nel mercato attraverso applicazioni digitali. Dall’altro le cooperative dei tassisti, di impronta solidaristica, caratterizzate dal principio di mutualità che il legislatore in passato ha tutelato introducendo clausole di salvaguardia, come l’esclusiva, impedendo quindi che un tassista al lavoro per una cooperativa possa contemporaneamente prendere servizi provenienti dalle applicazioni digitali.

Infine, affermano i rappresentanti dei tassisti, c’è chi sostiene che il settore del taxi rappresenti un freno all’innovazione: IT Taxi è un’app della categoria, non spesata da un aumento delle spese di trasporto e dimostra che è possibile conciliare l’attività di servizio pubblico con l’innovazione senza sovvertire completamente le regole del gioco.

Ma su tutto il versante digitale il governo ha deciso di rimandare la regolazione a un futuro provvedimento.

Foto di Peter Kasprzyk

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