Trasporti

Salvare Alitalia. Di nuovo?

22 Novembre 2016

Leggiamo in edicola che Alitalia si appresta a trasformarsi in linea aerea low cost. Gli articoli sono evidenti veline che vogliono servire da lubrificante lenitivo, in preparazione (H) del nuovo piano industriale, che certo non sarà pubblicato prima del referendum, perché Alitalia di nuovo in crisi, con decine di aerei a terra e migliaia di esuberi peserebbe come insuccesso del Presidente del Consiglio.

Prima di conoscere i dettagli, la trasformazione in low cost potrebbe pure essere una mossa nella direzione giusta, va ricordata la massiccia campagna mediatica con cui Alitalia ha martellato per anni il Paese e i politici e i giornalisti acquiescenti: linea aerea a cinque stelle, che punta all’eccellenza del Made in Italy, propagandata infatti dal Montezemolo ex Ferrari, che ora sembra una vecchia gloria da Isola dei Famosi.

James Hogan e la sua squadra di anglosassoni al comando di Etihad sono sbarcati in Italia con arroganza e con molte pretese, tra cui lo stravolgimento della regolamentazione aerea di Milano e si sono concentrati su una serie di interventi di immagine e non di sostanza. Bene la trasformazione della Business Class intercontinentale, ma ridipingere gli aerei con una tonalità di bianco più simile alla sabbia del deserto arabo è stata una spesa inutile, così come il cambio di uniformi, orribili, scomode e troppo calde d’estate, disegnate dallo stilista Bilotta, un cervello della cui fuga negli Emirati non c’eravamo mai accorti né lamentati.

Supponenza e arroganza, questo è il riassunto di due anni di gestione Etihad di Alitalia. Adesso le casse sono di nuovo vuote, centinaia di milioni sono stati bruciati ancora, dopo aver forzato Intesa e UniCredit a gettare soldi nell’aumento di capitale monstre che, come tutti i precedenti, avrebbe dovuto risolvere definitivamente i problemi e che invece, come tutti i precedenti, non ha risolto nulla.

Perché Alitalia è un relitto del tempo che fu, di quando la concorrenza non c’era e i prezzi dei biglietti venivano stabiliti dal Governo in base ai costi, con un supplemento per guadagnare anche qualcosa.

L’Emiro di Abu Dhabi era forse convinto che gli Italiani vivessero vestendo Armani, guidando Ferrari e bevendo Sassicaia, mentre sempre più volano Ryanair per risparmiare o prendono il treno AV o addirittura Flixbus.

Alitalia produce ad alto costo un servizio povero, mass market, i voli point-to-point dall’aeroporto A all’aeroporto B, in cui le low cost hanno un vantaggio incolmabile e, a differenza delle linee aeree tradizionali che si sono meglio adattate, ha una scarsa quota di passeggeri sui voli intercontinentali, dove peraltro ha limiti molto stretti dettati dalla scelta assurda di trascurare il ricco mercato del nord Italia, dalla ridotta dimensione della flotta, dal volare poco o niente tra Africa occidentale e Asia sudorientale per non danneggiare il nuovo padrone Etihad, dal volare in Nordamerica poco e solo d’estate, per non danneggiare il vecchio padrone Air France.

Tecnicamente, la scelta di puntare al low cost sui voli nazionali ed europei sarà probabilmente corretta, ma è tardiva e insufficiente. Il Governo ha la responsabilità di aver curato nel 2014 un piano industriale soltanto badando al far contribuire le banche alla colletta in pratica forzosa, ma senza avere alcuna capacità di giudicare quello che era un piano industriale sbagliato. L’obiettivo era mantenere in sella i gruppi di potere più influenti e i loro rappresentanti (Palenzona, Montezemolo) e garantire il posto di lavoro agli eredi di una forza lavoro un tempo forte, capricciosa e profumatamente pagata, nonostante le perdite.

Nessuno al Governo si è mai preoccupato delle condizioni di lavoro a Ryanair, easyJet, Vueling, Volotea, dove spesso si guadagna veramente poco. Il Governo si occupa soltanto di chi lavora in Alitalia e Meridiana e prende stipendi ormai fuori mercato da linee aeree da anni tenute in vita artificialmente o percepisce trattamenti di Cassa Integrazione scandalosi.

Il Potere si interessa della Casta aerea, delle lobby interessate, tratta con il potere finanziario, ma da decenni un piano industriale dietro l’altro mancano l’obiettivo. Alitalia è una ferita finanziaria sempre sanguinante, che ci si illude di salvare con la furbizia, facendo arrivare capitali non meritati e concedendo privilegi normativi. Intanto flotta e occupati si dirigono sempre verso il basso, inesorabilmente.

Aspettiamoci il solito diluvio propagandistico, l’ennesimo piano che salverà Alitalia, la solita contribuzione di denaro pubblico o para-pubblico e attendiamo. Sarebbe meglio però interrompere l’accanimento terapeutico, lasciar fallire un’azienda che da decenni non ha più ragione di esistere e ricominciare da zero, senza i condizionamenti dei gruppi di interesse che sempre impediranno ad Alitalia di essere un’azienda sana.

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