Trasporti
Ryanair e quei tanto odiati costi del personale
Quello che più risulta evidente delle vicende che hanno fatto balzare agli onori della cronaca la più grande compagnia aerea europea è la sua pessima gestione delle risorse umane, causa principale di tutti i voli cancellati da settembre 2017 a marzo 2018. Non appena l’offerta di posti in altre compagnie è stata superiore alla domanda, i piloti sono tutti scappati via, annullando le previsioni di crescita della Ryanair di ben 25 voli (ma meglio dire aerei) al giorno.
Famosa è la frase che O’Leary, l’istrionico amministratore delegato irlandese, pronunciò verso gli studenti del master in Business Administration, secondo i quali i propri dipendenti sono la risorsa più importante di un’impresa: “Falso, sono solo la più grande voce di costo del bilancio!”.
Per poter essere quindi la società che garantisce, per tutte le rotte su cui opera, i prezzi più bassi in assoluto, bisogna lavorare continuamente per ridurre questo costo così antipatico. Ma questa emorragia di piloti sta dimostrando che si è superato il limite di accettabilità: tantissime ormai sono le testimonianze di dipendenti che raccontano le esagerazioni aziendali per svilire completamente i dipendenti e sfiorarne quasi i livelli di schiavitù. Dalle divise a carico dei lavoratori (è però possibile pagarle a rate con trattenuta in busta paga), alle malattie o ferie non pagate, ai tanti tentativi per escludere come intermediario tra società e dipendenti i sindacati.
Forse un po’ quegli studenti O’Leary avrebbe dovuto ascoltarli: se con un Boeing 737 riesci a raggiungere livelli di produttività e rapporti costi/percorrenze oltre ogni concorrente sul mercato, ti diranno bravo, e diventerai un esempio da seguire, da studiare nei corsi di business administration sulla gestione dei costi di produzione. Se però il primato è quello dello sfruttamento del personale, che è molto diverso dal concetto di riduzione degli sprechi per improduttività, diventerai sempre un esempio, ma da non seguire.
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