Trasporti

Roma, metro: ribassi a cinque stelle, sicurezza a zero

25 Settembre 2019

Il costo della manutenzione delle scale mobili era stimato in 23 milioni, ma la giunta Raggi ha aggiudicato l’appalto per 11,7. Risultato: dimezzati i posti di lavoro, 20 feriti nell’incidente di ottobre e un milione di utenti che ogni giorno rischia le gambe. E’ la contraddizione cinque stelle che ne segna il destino: la critica morale all’establishment liberista e la continuità delle politiche liberiste.

La Procura di Roma una decina di giorni fa ha annunciato misure cautelari per quattro dirigenti e altri 11 dipendenti di ATAC e Metro Roma indagati nell’inchiesta per il cedimento della scala mobile  che lo scorso 23 ottobre fece 20 feriti tra i tifosi del CSKA nella stazione della Metro di Repubblica a Roma e per il sollevamento di una decina di scalini, lo scorso 21 marzo, nella stazione di Barberini. I primi quattro, sospesi per un anno dal servizio, sono tre dirigenti dell’ATAC, Renato D’Amico, Direttore di esercizio delle linee metropolitane A e B, Ettore Bucci, Responsabile Unico del Procedimento (R.U.P.) nell’appalto per la manutenzione degli impianti, Alessandro Galeotti, Responsabile di esercizio degli impianti di traslazione per le stazioni di Repubblica e Barberini e Giuseppe Ottuso, Responsabile amministratore unico di Metroroma Scarl, l’azienda incaricata della manutenzione delle scale mobili e degli ascensori.

Le accuse

L’inchiesta della magistratura ha evidenziato manomissioni e omessa manutenzione degli impianti e l’occultamento delle prove che la manutenzione non veniva effettuata adeguatamente o del tutto. Una prassi che – secondo i giudici – è andata avanti anche dopo l’incidente ai tifosi del CSKA lo scorso ottobre, per responsabilità di Metroroma e con la compiacenza dei vertici di ATAC. ‘L’importante era che i treni andassero, anche a scapito della sicurezza. E per questo sono stati manomessi deliberatamente alcuni strumenti di prevenzione degli infortuni’, ha dichiarato il procuratore aggiunto di Roma, Paolo Ielo, nel corso della conferenza stampa. Il sindacato FAISA Sicel, in una lettera inviata al Prefetto di Roma a marzo, ha denunciato anche indebite pressioni e addirittura minacce nei confronti dei dipendenti per indurli a firmare documenti che certificavano l’esecuzione dei controlli (‘O compili i moduli sulle scale mobili o hai tre opzioni: ti caccio, chiami il sindacato e me ne fotto, oppure ti faccio mettere la tuta da operaio’, Corriere150919).

Il problema, che riguarda circa 700 impianti tra scale mobili, ascensori e altri mezzi, allo stato attuale non può considerarsi superato e continua a costituire ‘un grave allarme sociale in quanto, nonostante i gravi incidenti verificatisi, appare tuttavia evidente, dall’ascolto delle numerose conversazioni, che permane il preoccupante stato di pericolo per l’incolumità pubblica e nello specifico dei fruitori della metropolitana di Roma’. In altre parole i quasi un milione di passeggeri che ogni giorno utilizzano  scale mobili e ascensori nelle stazioni della metropolitana di Roma rischiano la propria incolumità.

La sindaca Virginia Raggi ha commentato ringraziando la Procura e ha rivendicato l’azione del Comune: ‘Abbiamo fatto bene ad interrompere il contratto di manutenzione con la ditta privata. Chi ha sbagliato finalmente pagherà’. Ma se andiamo a scavare in questa vicenda le responsabilità politiche della giunta a cinque stelle sono pesanti.

L’appalto

Fino ad aprile del 2017 la manutenzione degli impianti veniva svolta da altre aziende. A settembre del 2016, in vista della scadenza dell’appalto, sotto la giunta Raggi, insediatasi al Campidoglio ai primi di luglio, ATAC bandisce una gara per il servizio di manutenzione ordinaria programmata e a guasto, con fornitura in opera dei ricambi, assistenza ai collaudi e pronto intervento per 288 ascensori, 387 scale mobili, 10 tappeti mobili, 44 servoscala e 2 piattaforme elevatrici installati nella stazioni, fermate e nei fabbricati delle tre linea di metropolitana della Capitale, nelle ferrovie regionali (ma gestite da ATAC) Roma-Lido e Roma-Viterbo e nei parcheggi, depositi, rimesse industriali e amministrativi. Durata: 36 mesi. La base d’asta è 22.909.000 euro: significa che quello è il costo del servizio stimato, a prezzi di mercato, da chi indice la gara.

Al bando partecipano grandi gruppi internazionali come la ThyssenKrupp Elevator, che in precedenza svolgeva la manutenzione della linea C e la Kone (che aveva subappaltato alla Schindler la manutenzione delle linee A e B), più alcune aziende italiane come Del Bo e il Consorzio Integra (Legacoop) di Bologna, la romana Marrocco Elevators e l’associazione temporanea di impresa formata dalla napoletana Del Vecchio Ascensori e dalla Grivan Group di Fiumicino. Del Vecchio e Grivan si aggiudicano la gara con un’offerta di 11,7 milioni di euro, un ribasso del 49% rispetto alla base d’asta. Del Bo e Kone, rispettivamente seconda e quarta classificata, che avevano messo sul piatto ribassi tra il 38% e il 40%, a quel punto chiedono una verifica di congruità, minacciando un ricorso in caso contrario.

Anche la UILM di Roma, tramite il suo attuale segretario generale Ariel Hassan, interviene, perché l’aggiudicazione definitiva determinerà l’interruzione dei contratti a termine dei dipendenti della ThyssenKrupp e la mobilità per i dipendenti della Kone. Hassan racconta di avere incontrato il presidente della Commissione Trasporti del consiglio comunale, Enrico Stefàno (M5S), ‘a cui abbiamo espresso le nostre forti perplessità sulla nuova ditta appaltante specificando che il costo non poteva essere l’unico criterio per affidare la commessa e chiesto un tavolo con la nuova azienda’. ‘Stefàno’, prosegue, ‘promise di verificare insieme il capitolato e di farsi da tramite per un incontro con la Del Vecchio, ma alle promesse non è stato dato alcun seguito’ (UILMRoma251018). Alla fine però la verifica di congruità viene fatta e dà esito positivo. ThyssenKrupp e Kone fanno buon viso a cattivo gioco e il 19 aprile viene fatta l’aggiudicazione definitiva a Del Vecchio e Grivan, che nel frattempo hanno dato vita a Metroroma, una società consortile a responsabilità limitata.

Ma come è possibile fare un ribasso del 49% rispetto alla base d’asta? La risposta la danno i numeri: Metroroma aveva 37 dipendenti, quindi la metà  dei circa 70 che, secondo la UILM, erano impiegati in precedenza da ThyssenKrupp e Kone/Schindler per la manutenzione. Il che significa  – lo affermano i giudici – che era impossibile effettuare anche soltanto gli interventi programmati previsti nel capitolato d’appalto, in tutto 2.924, e che quindi l’unica alternativa era ometterne una parte e falsificare le certificazioni. Secondo Del Vecchio, invece, il problema non è la manutenzione, ma gli impianti datati, in particolare i maggiori guai riguardano quelli prodotti da Otis, gruppo americano leader nel settore degli ascensori (Sole24Ore260319).

Le responsabilità della politica

La sindaca di Roma Virginia Raggi, insomma, nonostante i toni utilizzati su questa vicenda, non ha molto di cui essere fiera. Certo, a marzo Roma Capitale ha revocato l’incarico a Metroroma, ma era stata proprio l’amministrazione a cinque stelle ad affidarglielo, ad accettare l’offerta col massimo ribasso, sebbene il capitolato non la obbligasse a farlo, a ignorare le osservazioni fatte in merito alla congruità della scelta e, infine, a non vigilare sull’attività di manutenzione, prima e dopo l’incidente dello scorso ottobre. Se, come afferma la magistratura senza essere smentita né da ATAC né da Roma Capitale, i passeggeri che usano la metro sono a rischio della propria incolumità, la responsabilità politica è anche della sindaca e della sua amministrazione.

Anche ma non solo sua. Perché il sistema degli appalti al ribasso non l’hanno inventato né Virginia Raggi né il Movimento Cinque Stelle ed è la logica conseguenza di una politica economica basata sul taglio indiscriminato della spesa pubblica che va avanti ormai da trent’anni e che i cinque stelle non hanno la responsabilità di avere introdotto, ma piuttosto quella di criticare quel modello in termini morali senza proporre (e praticare) un’alternativa concreta. La realtà è che la manutenzione non veniva fatta perché bisognava tutelare i profitti di Metroroma e allo stesso tempo ridurre la spesa del Comune di Roma. E che il M5S rispetto alle giunte precedenti si è differenziato nella forma – il capitolato del 2016, infatti, a differenza di quello prima, prevedeva espressamente che ‘il prezzo non è l’unico criterio di aggiudicazione’ – ma nella sostanza ha finito anch’esso per premiare chi offriva il maggiore ribasso.

Non è un caso che si tratti della stessa logica emersa negli stessi giorni, ancora una volta da un’inchiesta della magistratura, che sovrintendeva all’attività di manutenzione di Ponte Morandi e di altri viadotti autostradali. Scrivono i giudici genovesi che ‘Emerge la correlazione tra i risultati delle indagini tecniche e le finalità di lucro nelle direttive di Michele Donferri Mitelli (ex responsabile delle manutenzioni di Autostrade, NdR) in ordine all’attribuzione dei voti dei difetti delle opere ammalorate (…) La predetta ottica commerciale permea dunque anche i settori che debbono occuparsi sul piano tecnico della sicurezza, facendo sì che l’obiettivo primario degli stessi tecnici non sia quello di fornire una risposta tecnicamente corretta, bensì di far sì che i conti tornino, che sulla carta tutto sia coerente’. disinteressandosi alla realtà fattuale, lavorando alacremente per fornire dati quanto più incompleti al Ministero…

Errore di sistema

Senza assolvere chi mette materialmente in pericolo la vita di milioni di viaggiatori che per spostarsi usano i mezzi pubblici, perlopiù lavoratori e studenti che vanno e vengono dal lavoro o da scuola e università, va detto che è troppo comodo affidarsi alla soluzione giudiziaria, limitandosi a condannare gli esecutori materiali. Che l’obiettivo primario sia far sì che i conti tornino – per usare le parole dei magistrati di Genova – non è un’idea balzana introdottasi di soppiatto nella mente malata di qualche imprenditore spregiudicato o di qualche affarista criminale: è il dogma incontrastato su cui è costruita l’economia di mercato, al punto che esso ha ha ottenuto il suggello ufficiale dello Stato italiano, che lo ha addirittura inserito nella Costituzione.

Che ci troviamo di fronte a un errore di sistema e non semplicemente a comportamenti devianti dei singoli lo dimostra non tanto il fatto che un’impresa possa aggiudicarsi l’appalto di un servizio pubblico con un ribasso del 50%, ma che anche gli altri partecipanti propongano tagli dei costi non inferiori al 35%. D’altra parte le due precedenti gare bandite per lo stesso servizio, conferma il Tempo130919, erano state aggiudicate con un ribasso del 55% e del 45%. Una prassi che è parte di un modello economico consolidato e dai cui il mondo degli affari trae comunque un beneficio e ciò spiega perché, come in questo caso, le imprese escluse abbiano comunque rinunciato a impugnare l’affidamento del servizio. Insomma vale il principio: una volta a te una a me.

Sia chiaro: è legittimo pensare che ridurre i costi sia più importante che garantire i diritti elementari, incluso quello all’incolumità personale dei passeggeri del trasporto pubblico, purché si abbia il coraggio di dirlo e di assumersene le responsabilità. Quello che proprio è inaccettabile, perché suona come una macabra presa in giro, è continuare a promuovere un modello economico che va in quella direzione facendo finta di non sapere quali saranno le conseguenze e stracciarsi in modo ipocrita le vesti ogni volta che i fatti ci costringono a scontrarci con questa contraddizione.

Questo articolo è tratto dalla newsletter di PuntoCritico.info del 17 settembre

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