Trasporti

Perché le compagnie aeree allungano di proposito gli orari di volo

14 Maggio 2019

Nei primi anni Settanta, ci volevano 55 minuti per andare da Roma alla maggior parte delle città italiane, Milano, Venezia, Torino e Cagliari tra queste. Oggi, gli stessi voli impiegano dai 10 ai 15 minuti in più. No, gli aeroporti non sono stati spostati un po’ più in là e gli aerei utilizzati hanno la medesima velocità di crociera dei Dc9 di allora, se non leggermente superiore. Inoltre, la maggiore sicurezza dei velivoli consente di disegnare rotte più efficienti, quindi più corte, anche in presenza di turbolenze o altre condizioni meteorologiche avverse.

Tre pagine dell’orario ufficiale di Alitalia del 1971

Cosa è successo?
Semplicemente, le compagnie aeree allungano i tempi di volo degli orari ufficiali, per avere un cuscinetto di tempo – tecnicamente si chiama “padding” – e quindi margini sufficienti per arrivare “in orario” anche quando in realtà il volo è in ritardo. Succede non solo in Italia, ma in tutto il mondo e, a seconda della durata del volo in questione vengono aggiunti pochi minuti fino a 90 o 100 rispetto al tempo ipotetico di viaggio più veloce. Ma i ritardi continuano comunque ad aumentare.

Lo facevano nel Ventennio. Lo fanno ancora
La pratica non è del tutto nuova, le Ferrovie dello Stato la applicarono negli anni Trenta per la prima volta, tanto da far diventare popolare Benito Mussolini, “perché i treni arrivavano in orario”, leggenda da cui trae origine una famosa battuta di Massimo Troisi nel film Le vie del Signore sono finite, “ma non poteva fare il capostazione?”. In tempi recenti, sotto la gestione di Mauro Moretti, le ferrovie hanno riesumato l’allungamento degli orari dei treni regionali con un triplice scopo: limitare le lamentele dei viaggiatori, aumentare i ricavi di Trenitalia, dato che i contratti con le Regioni prevedono anche un costo orario, e alleviare la pressione sui principali nodi, cioè le grandi stazioni. Ancora oggi, nel 2019, i tempi di percorrenza di molti treni regionali sono gli stessi di inizio anni Sessanta.

Le compagnie aeree hanno imparato il trucco
Per il settore dell’aviazione i motivi sono simili, con un’enfasi maggiore sul primo punto, poiché i ritardi generano per le compagnie aeree costi inaspettati e non sempre sotto controllo: a chi perde un volo in coincidenza con lo stesso vettore che ha fatto ritardo, deve essere trovato un nuovo volo a carico della compagnia; inoltre, in molti Paesi, i ritardi possono generare richieste di compensazione e assistenza. In Europa, per esempio, se un volo è in ritardo oltre le tre ore, i viaggiatori hanno diritto a ricevere assistenza prima del volo, cioè pasti, bevande e comunicazioni gratuite, in alcuni casi persino il pernottamento, e compensi in denaro fino a 600 euro, a seconda della distanza. Il che incide all’inverso sulla seconda motivazione, ovvero l’obiettivo principale non è guadagnare, ma evitare o contenere le perdite. Il terzo obiettivo rimane valido anche per il settore aereo il cui traffico è passato in 40 anni solo per rimanere in Italia, da un centinaio a migliaia di voli al giorno, il picco calcolato dall’Enav è di 6.839 voli al giorno per un totale di 1,97 milioni di voli l’anno sullo spazio aereo italiano. Le vie aeree sono oggi talmente affollate da richiedere continue modifiche dei software con cui i controllori di volo (Atc – Air traffic control) garantiscono la sicurezza e periodiche revisioni alle loro dimensioni e alle distanze minime obbligatorie tra velivoli. La congestione dello spazio aereo è una delle principali cause di ritardo. Una qualsiasi mappa europea, asiatica o americana di Flightradar24.com rendono bene l’idea e per quanto gli aerei disegnati siano fuori scala, in realtà sono molto più piccoli, la difficoltà a trovare spazi (in gergo slot) in cui inserirli mantenendo tutte le regole di sicurezza è crescente. Eurocontrol, l’agenzia dell’Unione europea che regola lo spazio aereo, pubblica delle mappe del traffico in tempo reale e riesce a calcolare la percentuale di aerei in ritardo dovuta a “overcapacity”, cioè alla saturazione.

Quando tardi è tardi?
Nonostante il padding, quasi il 30 per cento dei voli arriva con più di quindici minuti rispetto all’orario programmato, quindi in ritardo. Tecnicamente, e legalmente, un volo è in ritardo dopo aver superato questa soglia. Nessun ritardo tra 0 e 14 minuti viene considerato tale in Europa, come negli Stati Uniti. Il che comporta una serie di conseguenze non sempre note. La responsabilità della compagnia rispetto all’orario pubblicizzato e in base al quale i passeggeri acquistano il titolo di viaggio, termina con l’apertura del portellone a destinazione. Nulla conta che si apra sul ponte mobile, permettendo ai passeggeri di entrare immediatamente nel terminal e, nel caso di raggiungere in tempo la coincidenza o l’ufficio o casa oppure sulla scaletta in una piazzola distante un chilometro dagli edifici dell’aeroporto, che saranno raggiunti in autobus. Da quel momento il passeggero è arrivato a destinazione e se perde la coincidenza perché il suo primo volo ha fatto 10 minuti di ritardo e poi ha dovuto aspettare, mettiamo, il secondo autobus di trasferimento al terminal perché in quel momento l’aeroporto non ne aveva due disponibili contemporaneamente, non è affare della compagnia aerea. La quale, anzi, potrà inserire quel volo tra le statistiche dei viaggi in orario. Più controversa la questione quando sono in gioco delle possibili richieste di risarcimento. Che l’aereo arrivi con 180 minuti o con 165 minuti di ritardo fa tutta la differenza. Il disagio per il viaggiatore è molto simile in termini di tempo, ma nel primo caso potrà chiedere le compensazioni previste, nel secondo no.

La seconda conseguenza è sulle operazioni di gestione del traffico da parte delle compagnie aeree. Aggiungendo semplicemente più tempo agli orari ufficiali le compagnie allungano la finestra temporale entro cui far arrivare un aereo in tempo e rinunciano a una gestione continua dei propri voli. Vari soggetti, tra cui Eurocontrol a livello europeo e le principali compagnie aeree, da anni stanno studiando come ridisegnare i percorsi di avvicinamento per ridurre le emissioni, i costi di carburante e per diminuire il tasso di ritardi. Ritardi che tuttavia rimangono stabili intorno a un terzo dei voli. Il punto è che una volta partito l’aereo, la compagnia se ne dimentica fino al suo atterraggio. Il volo passa nella gestione esclusiva degli addetti al traffico tra i cui compiti c’è quello di non far arrivare troppi aerei contemporaneamente nello stesso scalo, pena la congestione dello spazio aereo e dell’aeroporto stesso. Il personale quindi impone di aumentare o rallentare la velocità di un aereo in base alle condizioni di traffico date in quel momento in un certo punto dello spazio aereo e dell’aeroporto. Tuttavia, le compagnie hanno a disposizione le medesime informazioni, grazie ai software di tracciamento e per gli operatori europei vale l’obbligo dell’EASA, l’Agenzia comunitaria che regola il settore aeronautico, di tracciare i propri voli ogni 15 minuti. Inoltre, hanno statistiche consolidate sugli aeroporti e sui giorni della settimana o addirittura sulle ore di maggiore o minore congestione. Potrebbero quindi agire direttamente su velocità e piani di volo, permettendo ai controllori di concentrarsi sugli aspetti strettamente legati alla sicurezza.

L’orario di volo non è il tempo in volo
Molte persone sono spesso confuse da questa terminologia, ma anche dalla falsa supposizione che l’orario di partenza coincida con l’orario di decollo. La partenza e l’arrivo da orario ufficiale si calcolano dalla chiusura delle porte, alla loro riapertura al varco o sul piazzale dell’aeroporto di arrivo. Non è il tempo passato “in aria” e non comprende il tempo per le operazioni di imbarco che avvengono da 45 a 15 minuti prima della partenza, né di sbarco. Il tempo di volo è conteggiato dal primo movimento dell’aereo dal piazzale di sosta di partenza fino al suo arresto in quello di destinazione. Il tempo in volo è invece il periodo tra lo stacco delle ruote al decollo e il tocco delle stesse all’atterraggio. Le compagnie aeree descrivono questi quattro momenti con le parole: Out – quando le porte si chiudono per la partenza e comincia la spinta all’indietro (pushback); Off – quando l’aeroplano prende il volo; On – quando l’aereo tocca la pista di atterraggio; In – quando vengono aperte le porte al varco di arrivo.

La prossima volta che volate ricordate queste semplici informazioni e non esultate troppo in fretta. Anche se sentirete le trombe suonare e l’annuncio che per l’ennesima volta il vostro volo è arrivato in orario, siate consapevoli che la stessa compagnia aerea avrebbe avuto la capacità di portarvi a destinazione ben prima di quanto dichiarato.

@partodomani

Foto di copertina: Erik Odiin

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