Ambiente
Norsepower: la vela del futuro
Se incontrate una grande nave, da carico o da crociera, con lunghi cilindri che svettano sul ponte, magari pensate che si tratti di qualche tipo di fumaioli. Nulla di più errato: sono delle vele, enormi, capaci di spostare anche i più grandi battelli. Sono allo stesso tempo il passato che ritorna, inatteso, ed una grande speranza per il futuro dei mari.
Certo, sono molto diverse dalle vele che conosciamo, quelle nate nel 6000 a.C., che hanno permesso ad intere civiltà di sfidare le onde: greci, fenici, arabi, fino ai giorni nostri. Quei singolari cilindri, chiamati rotori Flettner, appartengono ad un progetto che risale ai primi anni del ‘900 e prendono il nome dal loro ideatore, lo scienziato tedesco Anton Flettner: già allora, con i suoi esperimenti, aveva dimostrato che si trattasse di un’invenzione ben 10 volte superiore alla vela tradizionale – sia in solidità, sia in capacità di generare spinta.
Oggi queste vele, sviluppate con tecnologie all’avanguardia, sono una realtà importante poiché, complementari alla spinta dei motori tradizionali, sono in grado di ridurne i consumi di energia e le emissioni di gas nocivi nell’ambiente. L’aumento dei costi delle materie prime e la nuova sensibilità nei confronti degli aspetti ambientali hanno portato ad un serio rilancio di questa tecnologia, aprendo un mercato a diversi produttori, tra cui Norsepower Oy[1], Magnuss[2], Anemoi[3], Airseas, Ecoflettner[4], Econowind[5], Bound4Blue[6], e altri potrebbero ben presto aggiungersi alla lista.
Tra questi, Airseas non solo punta all’eolico ma, servendosi di vele di tipo Kite (aquilone), che trainano l’imbarcazione, sta introducendo un’ulteriore rivoluzione tecnologica[7]. Per gli stessi motivi, molte attività legate al commercio marittimo si stanno orientando verso l’utilizzo di questi sistemi, fino a coinvolgere l’interesse del colosso dei cieli Airbus: fino ad ora il trasporto in giro per il mondo delle sue voluminose merci, come le parti di aeroplani, veniva affidato ai suoi giganti volanti BelugaXL, oppure al trasporto via terra, mentre nell’immediato futuro è previsto il trasporto su nave.
Airbus, con un accordo storico, ha incaricato l’armatore Luis Dreyfus a produrre, possedere e gestire nuove navi cargo roll-on/roll-off altamente efficienti che entreranno in servizio a partire dal 2026, e la particolarità della flotta è che sarà alimentata da una combinazione di sei rotori Flettner alti 35 metri prodotti e installati dalla Norsepower Oy e da due motori a doppia alimentazione[8], che si muovono grazie al gasolio marittimo e l’e-metanolo, un combustibile prodotto combinando idrogeno verde e anidride carbonica catturata. Si prevede che la percentuale di questi ultimi, sul mercato globale, porterà ad un’ulteriore riduzione delle emissioni[9]. Bene per i costi, meglio ancora per l’ambiente.
Il rotore Flettner e l’effetto Magnus
Davvero si tratta di vele, anche se sono cilindriche? Davvero sono in grado di sprigionare l’energia necessaria per muovere uno di quei mostri, carico di containers, che solca gli oceani? Quando pensiamo ad una imbarcazione, la prima cosa che ci viene in mente è che a spingerla sia un’elica messa in rotazione da un motore o al vento che soffia sulle sue vele. I più smaliziati potrebbero pensare alla spinta fornita da un getto d’acqua (idrogetto). Pochi sanno che esiste un altro tipo di propulsore che sfrutta il vento come la vela e che lo fa in modo molto singolare, attraverso il rotore Flettner.
Tutto nasce dagli studi del fisico tedesco Heinrich Gustav Magnus che, nel 1853, indagando su un curioso effetto dell’aerodinamica, comprende che un oggetto cilindrico o sferico, messo in rotazione e che si muove attraverso un fluido, riceve una spinta laterale alla direzione dei flussi del fluido. Magnus spiega il fenomeno grazie alla differenza di pressione che si sviluppa sui diversi lati del corpo in rotazione, maggiore dalla parte della superfice del solido che va in direzione opposta dei flussi e minore dall’altro. Questa differenza genera una spinta laterale che parte dalla regione con maggiore pressione verso quella di minor pressione.
Il fenomeno spiega i comportamenti che osserviamo anche in alcune discipline sportive, come l’effetto dato ad un pallone da calcio, ad una pallina da golf o ad una palla (da biliardo, da tennis o da baseball), se colpiti angolarmente: questi acquisiscono una particolare velocità di rotazione – una caratteristica traiettoria a parabola. Anton Flettner è un ingegnere aeronautico ed è l’inventore di molte migliorie tecnologiche nello sviluppo degli aerei e degli elicotteri, e pensa di realizzare un sistema di propulsione nautica sfruttando l’effetto Magnus. La sua intuizione è, tutto sommato, molto semplice: se si posiziona un cilindro verticale libero di ruotare su una imbarcazione, se questo viene investito da un flusso di vento laterale, per via dell’effetto Magnus imprime una forza nella direzione posteriore, tale da spingere in avanti l’imbarcazione.
Grazie all’assistenza dei fisici Albert Betz, Jakob Ackeret, Ludwig Prandtl e Albert Einstein[11], nel 1924 Flettner installa per la prima volta due rotori sulla nave Buckau, originariamente una goletta a vela ausiliaria, di 600 tonnellate di stazza, costruita nel 1920 dalla Friedrich Krupp Germaniawerft[12]: i due rotori, alti 15 metri e di 3 metri di diametro ciascuno, sono azionati da un motore elettrico di 5 CV (37 kW). Dopo alcune prove, nel febbraio del 1925 la goletta parte per un viaggio da Danzica alla Scozia, attraverso il Mare del Nord: è un successo, i rotori si comportano egregiamente anche in condizioni atmosferiche tempestose.
La Buckau, ribattezzata Baden-Baden in onore della città termale tedesca, salpa il 31 marzo del 1926 da New York per un nuovo viaggio in direzione del Sudamerica. per poi tornare indietro: l’operazione conferma i numerosi vantaggi nell’uso dei rotori e la notizia ha una grande eco[13]. Il professore di ingegneria meccanica alla Columbia University F.O. Willhofft, in un articolo per l’American Institute, scrive entusiasta: “Il fatto eccezionale è che i cilindri rotanti producono circa dieci volte la forza propulsiva delle vele di tela, e che i risultati effettivi ottenuti nei viaggi di prova del Buckau hanno confermato i risultati di laboratorio con notevole esattezza. Tutto quello che si può prevedere con certezza, basando la stima con i risultati reali ottenuti sul Buckau e sulle statistiche meteorologiche, è che una motonave dotata di rotori risparmierà non meno del 25% di carburante”. Per lui, il rotore Flettner è un passo avanti decisivo nello sfruttamento dell’energia eolica[14].
La Baden-Baden è un’imbarcazione piuttosto piccola e l’esperimento viene ripetuto su una nave più grande, la “Barbara”, di 3000 tonnellate, costruita nel 1926 dal cantiere navale tedesco AG Weser[16]. Malgrado i numerosi successi, Flettner dovrà fare i conti con il crollo delle tariffe negli anni ’20, decisamente un freno per lo sviluppo di nuove navi. Solo negli anni ’70, a causa dell’aumento del costo dei combustibili fossili e di una nascente coscienza ambientale, alcune università riprendono i vecchi studi e solo alla fine del XX secolo qualcuno inizierà a pensare seriamente ad utilizzare il rotore Flettner sulle navi moderne.
Nel 1983, una turbo-vela Flettener viene installata sulla nave del comandante Jacques-Yves Cousteau. Il test viene eseguito in occasione di una traversata atlantica da Algeri a New York, ed è un successo. Diciotto mesi dopo è la volta di una nuova nave di Cousteau, l’Alcyone: equipaggiata con due turbo-vele ed un particolare scafo in alluminio, l’imbarcazione viene dotata stavolta di un sistema computerizzato che gestisce l’interazione tra i rotori ed i suoi motori diesel con lo scopo di risparmiare più carburante possibile. La nave viaggia lungo le Americhe fino a Capo Horn, poi lungo la costa del Pacifico fino al Mare di Cortez, poi in Hawaii ed in Alaska, ma anche in Papua Nuova Guinea e Madagascar ed altri luoghi sparsi nel pianeta. Il sistema, dalla denominazione commerciale Turbosail, rivela un risparmio sul combustibile fino al 35%[17].
Studi e sperimentazioni vanno avanti ovunque: nel 2008 fa scuola un rotore Flettner installato su un piccolo catamarano di poco più di 6 metri, l’Uni-Kat, sviluppato e costruito presso l’Istituto di fisica dell’Università di Flensburg, con lo scopo di studiarne i comportamenti nell’ambito del progetto PROA[18], che mira ad applicare modelli di velatura antichi, sviluppati grazie alle più moderne tecnologie, per aumentare la velocità e la stabilità di piccole e grandi imbarcazioni[19].
La E-Ship 1 e la Viking Grace
Uno dei maggiori ed entusiasmanti esempi di sviluppo recente della tecnologia delle vele rotoriche è una nave cargo roll-on/lift-off (specializzata nel trasporto di carichi su ruote), di poco meno di 13 mila tonnellate di stazza e 130 metri di lunghezza, costruita dai cantieri tedeschi Lindenau GmbH Kiel, e di proprietà della tedesca Enercon GmbH, il terzo produttore di turbine eoliche al mondo. La nave E-Ship 1 equipaggiata con rotori Flettner, varata nel 2010, in origine viene dotata di nove motori diesel Mitsubishi con una potenza totale di 3,5 MW; i loro gas di scarico vengono incanalati per azionare una turbina a vapore Siemens che, a sua volta, viene utilizzata per azionare ben quattro rotori Flettner alti 27 metri e del diametro di 4 metri, fabbricati dalla Enercon[21].
Dopo tre anni di utilizzo Nicole Fritsch-Nehring, amministratore delegato di Enercon, definisce l’utilizzo delle vele rotoriche un successo impressionante: il 19 luglio del 2013 vengono rese pubbliche le analisi dei dati, frutto delle misurazioni fatte durante numerosi viaggi attraverso varie acque in tutto il mondo – analisi eseguite in collaborazione con un progetto sostenuto dalla Deutsche Bundesstiftung Umwelt (DBU)[22]. Dopo aver percorso più di 170’000 miglia nautiche, principalmente nel Mar Baltico e settentrionale, nell’Oceano Atlantico e nel Mar Mediterraneo, la Eship-1 ottiene un risparmio medio del 25% che si traduce in un recupero annuo di carburante fino a 1700 tonnellate ed una mancata emissione annua di CO² fino a 5100 tonnellate[23].
Da tali risultati si ipotizza che, diffondendo tale tecnologia, le compagnie di navigazione potrebbero risparmiare fino a 1,3 milioni di dollari all’anno sui costi del carburante e, se una superpetroliera fosse dotata della tecnologia E-Ship 1, potrebbe risparmiare fino a 9000 tonnellate di carburante e circa 27’000 tonnellate di CO², il che corrisponde ad un recupero di circa 5 milioni di dollari l’anno: numeri davvero impressionanti[24].
L’imbarcazione Viking Grace è invece il primo traghetto passeggeri di grandi dimensioni alimentato a gas naturale liquefatto (GNL) ad utilizzare una vela a rotore. Varato dalla compagnia finlandese “Viking Line” nel 2013, sul traghetto da crociera nel 2018 viene installato un rotore Flettner alto 24 metri e del diametro di 4 metri: è una versione molto moderna dotata di un sistema di controllo digitale, in grado di gestire le attivazioni e la progressione di funzionamento in base all’intensità e alla direzione del vento.
La nuova tecnologia, che prevede l’utilizzo ibrido di GNL ed energia eolica, si chiama Rotor Sail Solution ed è sviluppata dall’azienda finlandese Norsepower. È un grande successo di efficienza economica: dopo un periodo di test terminato nell’aprile 2023, i dati elaborati in modo indipendente da ABB, Chalmers University e NAPA, oltre che da Norsepower stessa, rivelano una riduzione notevole di consumo energetico tra 207 e 315 kW, pari a 231/315 tonnellate di carburante all’anno[25].
Ormai i rotori Flettner sono una certezza ed il mercato si apre con repentina velocità. Per la Norsepower è un successo ed arrivano i primi ordini commerciali: installa il propulsore eolico sulla petroliera Maersk Pelican[27] e per la prima volta sulla nave Sea Zhoushan, di proprietà di Pan Ocean Ship Management noleggiata dalla società mineraria brasiliana Vale[28]. Poi sul traghetto Scandlines Copenhagen che opera tra Germania e Danimarca[29], sulla nave carboniera Corona Citrus della K Line[30] e su un’altra carboniera, la Yodohime, della giapponese Iino Kaiun Kaisha[31].
Nel 2022 firma un contratto di fornitura con la Dalian Shipbuilding Industry (DSIC), la più grande compagnia di costruzioni navali cinese, per la fornitura di vele da installare su due portaerei[32]. Nell’agosto dello stesso anno Norsepower stringe una partnership con BHP, la più grande compagnia mineraria del mondo, e con Pan Pacific Copper (PPC) del gruppo JX Nippon Mining & Metals, per dotare la loro flotta dei Rotor Sails. Il sistema di propulsione a vela verrà installato sulla Koryu, una cargo portarinfuse di 189,95 metri di lunghezza che viaggia tra Cile e Giappone trasportando concentrati di rame e acido solforico[33]. L’onda è inarrestabile.
L’impatto ambientale delle flotte nautiche
Grazie alla crescente sensibilità ambientale, la navigazione è pesantemente sotto accusa, poiché responsabile in modo importante dell’inquinamento. Negli ultimi quarant’anni il trasporto marittimo subisce un incremento esponenziale, passando da una flotta mondiale nel 1980 pari a 672’142 tonnellate fino a quella nel 2023, di 2’265’564 tonnellate, prevedendo una crescita di oltre il 2% soltanto nel 2024[35].
Di pari passo cresce la sua capacità di influire negativamente sull’ambiente: le emissioni di gas serra frutto della navigazione sono aumentate del 20% nell’ultimo decennio. Quasi l’intera flotta – il 98,8% – usa esclusivamente combustibili fossili ed è composta in gran parte da natanti obsoleti, con una età media di 22,2 anni – più della metà delle navi ha oltre 15 anni. Secondo le stime ufficiali, il settore incide sul totale delle emissioni di gas serra per ben il 3%, un valore cresciuto negli ultimi 10 anni del 20%. Entro il 2050 le emissioni potrebbero raggiungere il 130% dei livelli del 2008[36].
C’è poi l’inquinamento idrico generato da sistemi di depurazione dei gas di scarico di cui sono equipaggiate le imbarcazioni. Il numero di navi che utilizzano tali sistemi, meglio noti come “scrubber”, è cresciuto: da sole tre navi nel 2008 a oltre 4300 nel 2020. Sebbene gli scrubber siano efficaci nel ridurre le emissioni atmosferiche di anidride solforosa e di altri contaminanti rimossi dai gas di scarico, tali agenti vengono scaricati in mare sotto forma di acque di lavaggio, chiamate anche acque di scarico. In sostanza, ciò che non finisce nell’atmosfera viene versato in mare. In alcuni tratti marittimi ad alto traffico od in canali di navigazione dove il ricambio idrico è ridotto, si arriva a concentrazioni tossiche elevatissime[37].
Tali acque di scarico sono più acide e più torbide dell’acqua marina e il loro sversamento contribuisce all’acidificazione degli oceani e al peggioramento generale della qualità dell’acqua[38]. Le stesse acque contengono nitrati, IPA (idrocarburi policiclici aromatici) e metalli pesanti, sostanze notoriamente tossiche e cancerogene che finiscono inevitabilmente nella catena alimentare: oltre a minacciare le specie marine rappresentano una concreta minaccia per l’uomo[39].
C’è poi un altro tipo di inquinamento, troppo spesso sottovalutato, ma non meno insidioso, ed è l’inquinamento acustico. Generato da diverse attività, tra cui manovre militari, piattaforme petrolifere o indagini sismiche, una parte significativa deriva dalle imbarcazioni commerciali: il rumore della trazione è il maggiore responsabile di una catena di effetti devastanti. Gli oceani sono un ecosistema complesso che ospita almeno 230’000 specie marine diverse.
Molte di queste specie, soprattutto quelle mammifere (come balene, capodogli e delfini) devono la loro esistenza grazie alla comunicazione fatta di suoni e le imbarcazioni, principalmente a causa dei propulsori, sono in grado di generare talmente tanto “rumore” da provocare ingenti danni al loro comportamento, alle loro attività riproduttive, al loro sistema di difesa dai predatori. Tutto ciò si traduce in una significativa riduzione della loro popolazione[41].
Ma non è solo il comportamento marino a subire danni: uno studio pubblicato nel 2018 rivela che le attività ittiche subiscono pesanti ridimensionamenti, addirittura in alcuni casi fino all’80%, per via del rumore generato dalle flotte, che allontana diverse specie marine dal loro naturale habitat[42].
Invertire la rotta è un imperativo
In alcune fasi storiche, le economie mondiali hanno visto innalzare i costi dei carburanti in modo preoccupante e, se non fosse la sensibilità ambientale a spingere verso la ricerca di propulsioni alternative, lo sarebbero senz’altro le esigenze economiche e quelle normative. Ci sono moltissimi progetti innovativi che puntano all’efficienza nella navigazione ma, come spesso accade, se l’innovazione non coincide con un fattivo guadagno economico, poche aziende sono disposte ad applicarla.
Se si pensa che su 2’265’564 tonnellate di flotta mondiale circolante, quasi la metà – ovvero 1’042’612 – è iscritta ai registri di sole tre giurisdizioni (Liberia, Panama e Isole Marshall), luoghi con agevolazioni fiscali imponenti. Per costoro è inutile sperare alla partecipazione ad uno sforzo per una “transizione giusta ed equa” verso un’industria marittima decarbonizzata – come il Piano della Revisione dei trasporti marittimi 2023 dell’UNCTAD richiede[44].
L’onere di investire in combustibili alternativi, impianti di rifornimento e navi più ecologiche ricade sugli armatori, sui porti e sull’industria di produzione di energia – entità che non considerano un obiettivo primario la protezione dell’ambiente. Ma la decarbonizzazione marittima è un passaggio obbligato, non importa quanto costi. È tecnicamente molto complesso per via dell’ampio spettro di tipologie e dimensioni delle navi, delle innumerevoli strutture ad esse collegate, delle grandi quantità di energia che utilizzano e della natura globale del trasporto marittimo.
La ricerca tecnologica sta percorrendo diverse strade: una di queste è l’adozione di carburanti più ecologici come i combustibili liquidi e gassosi a basso contenuto di carbonio. Questi carburanti, definiti anche carburanti marini sostenibili, sono in grado di ridurre almeno in parte le emissioni di gas serra rispetto all’olio combustibile pesante e ad altri combustibili marini a base di petrolio[45]. Una seconda strada, ancora ai primordi ma molto promettente, è l’utilizzo di propulsori elettrici o una loro integrazione con i classici motori marini (ibridazione).
Questa soluzione è in grado di abbattere significativamente le emissioni di gas serra e anche di altri pericolosi agenti inquinanti come l’ossido di zolfo (SOx) e l’ossido di azoto (NOx), che accompagnano l’utilizzo dei combustibili fossili, ma ci vorranno ancora anni di studio e di sperimentazioni perché questa diventi una reale soluzione nella grande navigazione[46], anche se è già una realtà nel settore da diporto[47]. Inoltre, finalmente si sta facendo strada la consapevolezza dell’applicazione dell’ibridazione dei motori a combustione interna con le celle a combustibile ad ossidi solidi (SOFC)[48].
La terza strada è l’uso dell’energia eolica: l’idea di integrare la propulsione tradizionale con l’utilizzo di vele anche su navi da trasporto ha sempre destato grande fascino[50] (ci sono associazioni promotrici come la International Windship Association[51]), ma l’ingombro delle strutture veliche classiche ne rende difficile, se non impossibile, l’impiego su imbarcazioni in cui gli spazi di carico devono essere sgombri da ostacoli per agevolare le attività logistiche. In questo i rotori Flettner rappresentano una valida alternativa, sia per via della loro particolare struttura (sviluppano la propria superficie in altezza e quindi con ridotti ingombri), sia per la semplicità del loro utilizzo. Nei modelli più avanzati, come nella soluzione adottata da Anemoi, l’installazione su binari[52] ne rende possibile il loro spostamento in pochi minuti in aeree remote della nave in modo da agevolare le operazioni di carico e scarico senza alcuna interferenza.
Una quarta strada riguarda l’efficientamento e l’ottimizzazione energetica, ovvero l’ottenimento del massimo di energia minimizzando le perdite durante la sua conversione ed il suo utilizzo. Questo lo si fa attraverso il recupero del calore dissipato, l’ottimizzazione della progettazione delle attrezzature, dei macchinari ausiliari della nave e dei sistemi di gestione dell’energia di bordo. A questo si aggiunge un settore che si occupa del trattamento dei gas di scarico, che studia tecniche di recupero di energia, di abbattimento delle emissioni di sostanze nocive e della cattura e recupero del carbonio.
È evidente che la tecnologia può fare moltissimo per migliorare una situazione apparentemente ormai compromessa. A fine luglio del 2023, su proposta degli Stati Membri della IMO, l’Organizzazione Marittima Internazionale, che ha lanciato una proposta chiamata IMO 2023[53], il Consiglio dell’Unione Europea ha varato un nuovo regolamento per la decarbonizzazione del settore marittimo: l’iniziativa, che prende il nome di FuelEU Maritime, fa parte del pacchetto “Fit For 55%”, il piano che mira a consentire all’Unione Europea di ridurre le sue emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 e di conseguire la neutralità climatica entro il 2050.
Il nuovo regolamento marittimo entra in vigore il 1° gennaio 2025 e contiene numerose disposizioni che vanno dall’incentivazione all’utilizzo di combustibili rinnovabili di origine non biologica (RFNBO) all’eliminazione dei combustibili fossili dal processo di certificazione; dall’obbligo di adottare comportamenti volti all’ottimizzazione dell’utilizzo di energia rinnovabile, alla messa in atto di procedure organizzative che puntano all’ottimizzazione dei processi in vari ambiti. I proventi delle sanzioni economiche derivanti dalla mancata attuazione del regolamento, verranno utilizzate per progetti a sostegno della decarbonizzazione del settore marittimo[54].
C’è grande fermento attorno alla richiesta di norme che spingano il settore verso la sostenibilità, ma la risoluzione dell’Unione Europea preoccupa. C’è il rischio che gli alti costi e la complessità di attuazione delle normative creino gravi squilibri nella concorrenza internazionale. Nel settembre del 2023 l’United Nations Conference on Trade and Development (UNCTAD), pubblica la “Review of Maritime Transport 2023”[56] con la quale chiede “una transizione giusta ed equa verso un’industria marittima decarbonizzata” ed evidenzia “l’urgente necessità di carburanti più puliti, soluzioni digitali e una transizione equa per combattere le continue emissioni di carbonio e l’incertezza normativa nel settore del trasporto marittimo”.
È una voce autorevole che cerca di scuotere un settore in totale stallo. UNCTAD avverte che i costi di decarbonizzazione aumentano e la transizione comporta costi notevoli: “Saranno necessari ulteriori 8-28 miliardi di dollari all’anno per decarbonizzare le navi entro il 2050, e saranno necessari investimenti ancora più sostanziali, che vanno da 28 a 90 miliardi di dollari all’anno, per sviluppare infrastrutture per carburanti al 100% a zero emissioni di carbonio entro il 2050. La completa decarbonizzazione potrebbe far aumentare le spese annuali del carburante dal 70% al 100%, colpendo potenzialmente i piccoli Stati insulari in via di sviluppo e i Paesi meno sviluppati che dipendono fortemente dal trasporto marittimo”[57]. Quindi, per garantire una transizione equa, l’UNCTAD chiede “un quadro normativo universale applicabile a tutte le navi, indipendentemente dalla bandiera di registrazione, dalla proprietà o dalle aree operative, evitando così un processo di decarbonizzazione a due velocità e mantenendo condizioni di parità”[58].
Il rotore Flettner va a “gonfie vele”
Con queste premesse, il rotore Flettner non è forse la panacea per tutti i mali, ma presenta dei vantaggi oramai noti anche ai grandi armatori. Il dispositivo è semplice, funzionale, affidabile, con bassa manutenzione, relativamente economico, di facile implementazione su ogni tipo di imbarcazione d’altura ed adattabile su imbarcazioni esistenti. Poiché ha una grande capacità di generare valore, ha tutte le carte in regola per divenire ben presto uno standard, soprattutto nel settore cargo. Secondo Research And Markets si prevede che il mercato della propulsione eolica navale, soltanto in Europa, raggiungerà gli 8294,1 milioni di dollari entro il 2032 (attualmente sono 35,6 milioni di dollari all’anno), crescendo dell’83,22% tra il 2023 ed il 2032[60]. Sono numeri da capogiro.
Spinto anche dalle nuove direttive sulla decarbonizzazione, il mercato vola e a spartirselo primeggiano Norsepower e Anemoi, anche se è la prima a bruciare le tappe. Fondata nel 2012, la startup finlandese raccoglie da subito numerosi finanziamenti per il suo progetto sui rotori eolici: nel 2016 ottiene 2,6 milioni di euro di fondi dalla Comunità Europea e della Tekes (l’agenzia governativa finlandese per l’innovazione)[61]. Nel 2017 arrivano 1,6 milioni dal Consiglio Europeo per l’Innovazione. Nel 2018 raccoglie 3,6 milioni da Korkia, noto investitore finlandese nel settore delle energie rinnovabili[62]; nel 2019 giungono 8,8 milioni di dollari da Climate Investment. Nel 2023, dopo aver ricevuto 10 milioni di euro dal Climate Found Finlandese[63], raccoglie altri 28 milioni di euro attraverso il fondo di private equity Mirova Environment Acceleration Capital del gestore di investimenti francese Mirova[64]. Oltre a ciò, dal 2016 ad oggi Norsepower ha incassato oltre 52 milioni di dollari dagli investitori[65].
Gli investimenti fruttano in modo egregio visto l’apprezzamento da parte delle numerose compagnie che si affidano alla società. Tuomas Riski, il 45enne CEO e fondatore di Norsepower, un giovane laureato in fisica all’Università di Aalto, racconta di avere avuto sempre a cuore la salvaguardia del pianeta, ponendosi come missione la riduzione dell’impatto ambientale nella navigazione. In una intervista spiega che se ogni nave esistente fosse dotata di vele a rotore, ciò equivarrebbe a togliere 30 milioni di automobili dalle strade, risparmiando circa 82 milioni di tonnellate di carbonio ogni anno.
Il suo riferimento è Bill Gates, un imprenditore che spende miliardi di tasca propria per apportare cambiamenti ineludibili[66]. Riski racconta di non aver immaginato che il mondo del trasporto marittimo fosse così conservatore – ma lo sta conquistando, aggiudicandosi contratti sino a poco prima impensabili, puntando a raggiungere nel 2025 un fatturato di almeno 100 milioni di euro[67]. Riconosce comunque che la strada non sarà semplice: la metà delle navi mercantili vengono prodotte in Cina, un mercato non certo facile, ma è esattamente quella la direzione che la Norsepower ha già intrapreso, costruendo filiali a Hong Kong e a Yancheng.
Come in una fiaba: la tecnologia sembra aver trovato una strada sicura per contribuire al miglioramento ambientale – una strada con cui tutti sembrano guadagnarci: i produttori, gli investitori, i clienti, il pianeta. Nessun limite, nessuna controindicazione, nessun effetto collaterale. Ed è evidente che non siamo i soli a pensarlo, visto l’enorme successo planetario di queste vele rotoriche. Per una volta non ci rimane che osservare compiaciuti ciò che sta accadendo: in una fase difficile come quella attuale, abbiamo il dovere di stendere il tappeto rosso alle buone notizie.
[1] https://www.norsepower.com/
[2] https://www.magnuss.com/
[3] https://anemoimarine.com/
[4] https://www.ecoflettner.de/
[5] https://www.econowind.nl/
[6] https://bound4blue.com/
[7] https://airseas.com/en/
[8] https://www.offshore-energy.biz/norsepower-to-fit-rotor-sails-on-low-emission-roro-fleet-chartered-by-airbus/
[9] https://www.airbus.com/en/newsroom/stories/2023-10-building-a-lower-emission-maritime-transport-fleet
[10] https://www.hrmm.org/history-blog/sail-freighter-friday-rotor-ship-buckau-1925
[11] http://www.thiiink.com/history-of-flettner-rotor/
[12] https://www.hrmm.org/history-blog/sail-freighter-friday-rotor-ship-buckau-1925
[13] https://books.google.it/books?id=W99NAAAAMAAJ&redir_esc=y “The Story of the Rotor” – Anton Flettener – F.O. Willhofft, 1926
[14] https://www.nytimes.com/1925/05/03/archives/sees-in-rotor-idea-vast-fuel-saving-prof-willhofft-predicts-the.html?scp=2&sq=Buckau%2520rotor%2520ship&st=cse
[15] https://www.youtube.com/watch?app=desktop&v=O6JdMSpiIqU
[16] https://www.bluebird-electric.net/ship_boat_design_building/monorotor_wind_assisted_ship_propulsion.htm
[17] https://web.archive.org/web/20170201130115/http://www.cousteau.org/who/more-vessels/
[18] https://www.slideserve.com/bailey/proa
[19] https://www.uni-flensburg.de/physik/forschung/energie/der-unikat-boot-mit-flettner-rotor
[20] https://boats.drivemag.com/features/the-return-of-rotor-sail-ships-e-ship-1-harnessing-the-power-of-wind/
[21] https://www.stg-online.org/onTEAM/shipefficiency/programm/06-STG_Ship_Efficiency_2013_100913_Paper.pdf
[22] https://w3.windfair.net/wind-energy/news/13639-product-pick-of-the-week-enercon-s-rotor-sail-ship-e-ship-1-saves-up-to-25-fuel
[23] https://translate.google.com/?sl=auto&tl=it&text=4%20%20th%20Conference%20on%20Ship%20Efficiency%20%20Hamburg%2C%2023-24.%20September%202013&op=translate 4th Conference on Ship Efficiency Hamburg, 23-24. September 2013
[24] https://w3.windfair.net/wind-energy/news/13639-product-pick-of-the-week-enercon-s-rotor-sail-ship-e-ship-1-saves-up-to-25-fuel
[25] https://gcaptain.com/ms-viking-grace-completes-rotor-sail-testing/
[26] https://www.stg-online.org/onTEAM/shipefficiency/programm/06-STG_Ship_Efficiency_2013_100913_Paper.pdf
[27] https://www.marinelink.com/news/maersk-sells-tanker-equipped-rotor-sails-484789
[28] https://www.farodiroma.it/cina-newbuild-vale-vloc-nuovo-portarinfuse-con-cinque-nuove-vele-a-rotore-inclinabile-di-a-martinengo/
[29] https://stateofgreen.com/en/news/scandlines-installs-norsepowers-rotor-sail-solution-on-board-hybrid-ferry/
[30] https://splash247.com/k-line-swoops-for-seawings-kite-system/
[31] https://splash247.com/iino-lines-to-install-norsepower-rotor-sails-on-coal-carrier/
[32] https://www.ship-technology.com/news/norsepower-rotor-sails-dalian-shipbuilding/
[33] https://www.marinelink.com/news/combi-carrier-koryu-set-rotor-sail-498648
[34] https://unctad.org/publication/review-maritime-transport-2023
[35] https://unctad.org/publication/review-maritime-transport-2023
[36] https://unctad.org/publication/review-maritime-transport-2023
[37] https://theicct.org/publication/air-emissions-and-water-pollution-discharges-from-ships-with-scrubbers/
[38] https://theicct.org/publication/air-emissions-and-water-pollution-discharges-from-ships-with-scrubbers/
[39] https://theicct.org/publication/air-emissions-and-water-pollution-discharges-from-ships-with-scrubbers/
[40] https://gcaptain.com/ms-viking-grace-completes-rotor-sail-testing/
[41] https://escholarship.org/uc/item/11m5g19h
[42] https://www.oceancare.org/wp-content/uploads/2022/05/Underwater-Noise-Pollution_Impact-on-fish-and-invertebrates_Report_OceanCare_EN_36p_2018.pdf
[43] https://unctad.org/publication/review-maritime-transport-2023
[44] https://unctad.org/publication/review-maritime-transport-2023
[45] https://www.energy.gov/eere/bioenergy/sustainable-marine-fuels#:~:text=Sustainable%20marine%20fuels%20are%20a%20reliable%20solution%20for%20improving%20air,Sulfur%20oxide
[46] https://www.marinelink.com/news/propulsion-tech-hybridization-468308
[47] https://www.phase.eu/applications/hybrid-electric-motor-systems-for-marine-propulsion/
[48] https://www.polito.it/ateneo/comunicazione-e-ufficio-stampa/poliflash/navigando-verso-la-decarbonizzazione-del-settore-marittimo
[49] https://www.shipspotting.com/photos/3397570
[50] https://blog.naver.com/dsjang650628/220679243153
[51] https://www.wind-ship.org/en/grid-homepage/
[52] https://youtu.be/X8xysiW4S9Y
[53] https://www.themeditelegraph.com/it/markets/2023/07/07/news/mobilita_dallorganizzazione_marittima_internazionale_la_nuova_strategia_per_ridurre_le_emissioni_marittime-12929091/
[54] https://www.consilium.europa.eu/en/press/press-releases/2023/07/25/fueleu-maritime-initiative-council-adopts-new-law-to-decarbonise-the-maritime-sector/
[55] https://esgnews.it/environmental/trasporto-marittimo-adottata-una-nuova-strategia-di-riduzione-delle-emissioni-ghg/
[56] https://unctad.org/publication/review-maritime-transport-2023
[57] https://greenreport.it/news/inquinamenti/unazione-globale-coraggiosa-per-decarbonizzare-il-trasporto-marittimo-e-garantire-una-transizione-giusta/
[58] https://greenreport.it/news/inquinamenti/unazione-globale-coraggiosa-per-decarbonizzare-il-trasporto-marittimo-e-garantire-una-transizione-giusta/
[59] https://www.researchandmarkets.com/reports/5923477/europe-wind-assisted-propulsion-market-analysis?utm_source=BW&utm_medium=PressRelease&utm_code=bfbn9s&utm_campaign=1932697+-+Europe+Wind-assisted+Propulsion+Market+Analysis+and+Forecast+Report+2023%3a+Market+to+Grow+at+a+Staggering+CAGR+of+83.22%25+to+2032+with+Econowind%2c+Airseas%2c+Norsepower%2c+and+bound4blue+Dominating&utm_exec=chdomspi
[60] https://www.researchandmarkets.com/reports/5923477/europe-wind-assisted-propulsion-market-analysis?utm_source=BW&utm_medium=PressRelease&utm_code=bfbn9s&utm_campaign=1932697+-+Europe+Wind-assisted+Propulsion+Market+Analysis+and+Forecast+Report+2023%3a+Market+to+Grow+at+a+Staggering+CAGR+of+83.22%25+to+2032+with+Econowind%2c+Airseas%2c+Norsepower%2c+and+bound4blue+Dominating&utm_exec=chdomspi
[61] https://www.norsepower.com/post/norsepower-receives-eur2-6m-funding-to-develop-the-worlds-largest-rotor-sail/
[62] https://www.eu-startups.com/2018/11/norsepower-raises-funding/
[63] https://www.norsepower.com/post/climate-fund-invests-e10-million-in-norsepower-for-accelerating-emissions-reductions-in-shipping/
[64] https://www.offshore-energy.biz/norsepower-nets-e28m-in-funding-to-boost-production-of-rotor-sails/
[65] https://app.dealroom.co/companies/norsepower_oy_ltd
[66] https://medium.com/authority-magazine/green-tech-tuomas-riski-on-how-norsepowers-technology-will-make-an-important-positive-impact-on-906633f6c30f
[67] https://navigatormagazine.fi/uutiset/meriteollisuus/norsepowerin-tuomas-riski-kymmenen-vuoden-ponnistelut-toivat-johtavan-globaalin-markkina-aseman/
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