Trasporti
No Tav, i pm si aggrappano al caso Moro e alla jihad
Al fine di dimostrare che l’azione contro il cantiere di Chiomonte fu eseguita con la finalità di terrorismo da parte dei NoTav (tesi smentita dalla corte d’assise di Torino e per ben due volte dalla Cassazione) i pm Andrea Padalino e Antonio Rinaudo si aggrappano al caso Moro e agli attentati della jihad ”rimproverando” i giudici che avevano assolto gli imputati dall’accusa specifica.
I giudici di primo grado avevano assolto i militanti NoTav dall’aggravante relativa al terrorismo spiegando che l’azione contro il cantiere è cosa profondamente diversa dal comportamento delle Br che, in cambio della liberazione di Moro, chiesero la scarcerazione di persone legittimamente detenute e da richieste analoghe avanzate da esponenti del fondamentalismo islamico.
Per la corte d’assise “anche l’armamentario usato non era indice di una volontà diretta a nuocere alle persone”. I giudici ricordavano inoltre che nell’azione di Chiomonte non c’erano armi da fuoco.
I pm torinesi ribaltano la frittata, accusando i giudici di pretendere di circoscrivere la natura terroristica di un’azione a eventi di rilevanza mondiale, nel ricorso in corte d’appello dove il processo è fissato per il 15 ottobre ma potrebbe essere rinviato in attesa che la Cassazione depositi le motivazioni della sua decisione proprio sull’accusa relativa all’aggravante.
I pm scrivono che al processo di primo grado emerse che la società Ltf ”fu costretta all’adozione di un’area di sicurezza per garantire la respirabilità all’aria degli operai in caso di attacco. “Sarebbe sufficiente solo questo dato per evidenziare l’inconsistenza delle affermazioni sopra riportate” aggiungono i magistrati dell’accusa secondo i quali la finalità di terrorismo può qualificare qualsiasi condotta illecita. Quindi anche la rottura di un compressore come avvenne nel cantiere di Chiomonte quando vennero lanciate alcune molotov. Insomma i pm non hanno ancora digerito la sconfessione del teorema Caselli da parte della Cassazione e si aggrappano persino ai fantasmi del passato nel tentativo di spuntarla. Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere, davanti a una determinazione e a una pervicacia degna di cause migliori. Per esempio andare a verificare gli appalti dell’alta velocità che appaiono come gli unici onesti e trasparenti in un paese dove si indaga per corruzione ovunque. Evidentemente con l’alta velocità sono in gioco i destini della patria. Insieme a quello delle banche finanziatrici dell’opera e che direttamente o meno hanno il controllo dei mezzi di informazione. Anche per questa ragione i magistrati dell’accusa si sono “scapricciati” sul terrorismo. (frank cimini)
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