Trasporti

Lettera aperta di un assistente di volo Ryanair al copilota dell’Airbus 320

28 Marzo 2015

Riceviamo e pubblichiamo questa lettera aperta scritta da Adriano Fidanza, assistente di volo della Ryanair, a Andreas Lubitz, il copilota che ha provocato lo schianto dell’Airbus 320 Germanwings. 

* * *

Vorrei poter spegnere la mente, allontanarla dalla tranquilla ed affollata cabina del volo 4U 9525 trasformata in una fossa comune. Vorrei cercare di non pensare ai colleghi dietro quella porta del flight deck consapevoli di essere stati condannati a morte.. Vorrei non pensare al cuore che batte, alle lacrime, al panico, ai passeggeri che ti chiedono aiuto, all’impotenza, all’impossibilità di non poter mandare l’ultimo messaggio, all’impossibilità di chiedere aiuto, di scendere. Vorrei poter non pensare al peso enorme dell’uniforme sui corpi dei miei colleghi quando tutti si aspettavano qualcosa da loro in quei momenti ma non c’era più nulla da fare. Vorrei poter non pensare alla vista delle montagne più alte dell’aereo sul quale stai volando. Ma non ci riesco.

Vorrei capire cosa abbia spinto te, un mio coetaneo che svolge il lavoro dei suoi sogni nel fiore della giovinezza, ad impostare sull’autopilota una discesa verso la morte certa. Con che coraggio ignori i colpi sulla porta, le urla del Comandante, le lacrime di passeggeri e colleghe? Con quale diritto tu vuoi portarti dietro 149 innocenti? Colleghi coi quali magari hai riso e scherzato poco prima durante il turn around, neonati che dormono sul petto delle mamme, studenti di liceo… Tu chi sei per arrogarti il diritto di negare la vita a qualche altro essere umano? Quale miserabile persona dovrai essere stata nella tua inutile vita per fare un gesto così ignobile, schifoso, spaventoso? Il suicidio non è un gesto che mi sento di condannare perché ognuno ha i propri mostri interiori ed ognuno dev’essere libero di decidere come e se farla finita… Ma dev’essere una cosa intima, personale, ai limiti del segreto.

Non ho parole di perdono per te, non ne avrò MAI, perché sugli aerei ci lavoro anche io e so perfettamente che tra colleghi ci sono sempre reciproco rispetto e reciproca protezione dato che il nostro ambiente di lavoro è pericoloso più di altri: siamo tutti formati – anche e soprattutto moralmente, o almeno dovremmo esserlo – per lavorare in team supervisionando il lavoro altrui per evitare situazioni di pericolo, dovute da disattenzioni o stanchezza, che poi possono portare a situazioni catastrofiche. È una regola scritta e non scritta che tutti indistintamente accettiamo e facciamo nostra anche nella vita quotidiana fuori dal lavoro. Tra colleghi c’è fiducia. Nelle tue mani e nei tuoi gesti c’era la fiducia di colleghi e passeggeri.

Questo non è un lavoro ma uno stile di vita e gesti come questo fanno capire che alcuni non sono pronti, non lo capiscono, non lo abbracciano. Tu forse non lo eri. E la cosa più meschina che tu persona ignobile possa aver mai lasciato in eredità a chiunque ti conosceva è il senso di colpa: immagina i tuoi genitori che peso avranno per sempre. Immagina la tua ragazza, i tuoi compagni di scuola, il tuo migliore amico. Hai condannato ad una morte spirituale ed emotiva anche loro.

Sono davvero senza parole. Ho il nodo in gola, gli occhi spenti, sono pieno di rabbia e di rancore grazie a te ma il tuo gesto non mi farà smettere di amare il mio lavoro.

Senza alcun tipo di stima e rispetto

Adriano
assistente di volo Ryanair

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